Passioni incestuose in un Seneca rivisitato. Ed è subito sangue
di Anna Di Mauro (20-09-2019)
CATANIA – Secondo appuntamento della rassegna “Mitoff”, dedicata al teatro classico, “Fedra” di Seneca, ripropone il tragico destino del giovane Ippolito, figlio di Teseo e della sua lussuriosa matrigna, una Lupa verghiana ante litteram. La misogina tragedia, adattata e diretta da Salvatore Guglielmino che, senza voli pindarici, ma con perseverante coraggio affronta la tragedia classica, si presenta forte di contenuti, debole di forma, salvo l’impegno profuso dagli interpreti.
Da un incipit melodico che farebbe presagire una ricerca (ma l’apertura divergente si conclude lì…) si dirama con tradizionale impianto scenico e tradizionali costumi la storia cupa e scandalosa di un amore sbagliato. Al centro della tragica vicenda, perno di tutta l’opera, la passione amorosa, divorante, per il figliastro Ippolito, che infiamma il cuore e i sensi di Fedra, moglie di Teseo, matrigna incestuosa. Il conflitto esacerbato segna la linea di confine e la distanza tra il mondo-maschio e il mondo-femmina, una distanza che solo la morte può colmare, in questa vicenda senza veli, senza misura, senza speranza dove è tutto estremizzato, come dev’essere in un mito tragico. Un mito che scopre il fianco di un dolore esasperato che si fa carne smembrata, nell’impossibilità di una possessione amorosa che fa vivere e morire i due sessi fianco a fianco, vittime e carnefici, in un continuo, incessante scambio di ruoli, greve di sanguinosi destini. Qui le donne, terribili, come gli uomini, sono in preda alle passioni, mostrano impudicamente il lato oscuro del rapporto tra i due sessi, gemono, tramano, si vendicano, muoiono.
La figlia di Minosse e Pasifae, qui incarnata dal pathos di Alice Ferlito, languidamente sdraiata sul letto, unica, allusiva presenza scenografica, patisce una folle ossessione amorosa per l’algido, misogino, giovane figlio di Teseo, l’energico Paolo Toti Guagenti, dedito solamente alle cacce e alle selve.
Unica confidente del male che attanaglia la regina, divenuta schiava del suo furore amoroso, la nutrice, la materna e ambigua Ketty Governali. Più attenta all’onore della sua padrona che all’etica dei rapporti, prima cerca di dissuadere Fedra, ma poi, davanti alla sua implacabile sofferenza, divenuta complice, condivide il suo dolore e la sprona a rivelare al giovane figliastro il sentimento che cova nel cuore. La rivelazione in un colloquio frontale (una delle diversità della tragedia di Seneca rispetto alla versione di Euripide, dove avviene per lettera) sconvolge il giovane che sdegnato abbandona Fedra e la scena.
La vendetta della concupiscente matrigna, coadiuvata dalla nutrice, sarà terribile.
Rovesciando turpemente i ruoli, Fedra denuncerà al marito-padre Teseo, uno spiritato Alessandro Ferrari, ritornato dalla discesa all’Ade, il figlio Ippolito che, dirà la sventurata in preda alla passione dei sensi, l’ha stuprata ed è fuggito. La reazione di Teseo che invoca per lui una morte orribile, porterà la tragedia a compimento. Ippolito sarà ucciso e dilaniato. Vano e sconsolato sarà il pianto del padre disperato davanti al suo corpo smembrato, pezzi di stoffa macchiati di rosso che simboleggerebbero il corpo straziato, dopo la tardiva e vana confessione di Fedra del suo misfatto davanti a quei poveri resti. Il suicidio con la spada del figliastro malamente amato, inevitabile bagno di sangue, suggella così la sconvolgente storia di Fedra. Dramma forte e impietoso che lascia turbati, ma non soltanto per il contenuto.
FEDRA
di Seneca
Adattamento, liriche, musiche, regia Salvatore Guglielmino
Con Alice Ferlito, Ketty Governali, Paolo Toti Guagenti, Alessandro Ferrari
Produzione MediaManagerEvents
Al Castello Ursino di Catania