Suggestioni titaniche fra le pietre del Teatro Antico di Catania. “A fior d’acqua dissetiamo il mito”

Suggestioni titaniche fra le pietre del Teatro Antico di Catania. “A fior d’acqua dissetiamo il mito”

CATANIA – Al “Prometheus” di Eschilo il compito di inaugurare l’Amenanos Festival, nato grazie alla passione culturale di Michele Di Dio e della sua Associazione DIDE, promotore e organizzatore di questa interessante iniziativa culturale, che ha voluto portare il tragos (quattro appuntamenti fino al 19 Maggio) nella città etnea e nel suo luogo naturale, il piccolo, affascinante teatro greco-romano, sotto il quale scorre il fiume Amenano (da cui il nome del Festival), trapelante nella scena, con suggestivi effetti cromatici e ammalianti tremolii.

Tra i freschi soffi di un Maggio esitante a vestirsi di Zefiri primaverili avanza tra i resti del teatro il Destino, aprendo la scena. Giunge Efesto rivelando la sorte del gigante Prometeo. Con queste mitiche figure, tra suggestioni sonore e visive ha inizio questa edizione del Prometheus, attribuito ad Eschilo, rappresentato forse per la prima volta nel 460 a. C., appartenente a una trilogia dedicata al Titano. Prometeo, amico del genere umano, ha sfidato l’ira di Zeus, appena eletto capo degli dei e perciò più duro e crudele, donando ai mortali, che Zeus avrebbe voluto sterminare, il fuoco, rapito agli dei. Per punizione viene incatenato a una rupe ai confini della terra (una sorta di gabbia metallica da cui emerge il titano e su cui si arrampicano i vari personaggi), senza tuttavia essere piegato al pentimento. La sorte di Prometeo, impersonato con potenza da Alessandro Albertin, suscita la compassione di Oceano, l’accorato Martino Duane, e delle sue leggiadre figlie Oceanine che accompagneranno la sofferenza del gigante con la loro pietà gentile e la grazia del loro incedere in veli azzurri e bionde chiome, creando effetti coreografici di grande efficacia estetica e sostanziale. Nessuno però può intercedere per lui, per non incorrere nell’ira di Zeus. Giunge correndo al luogo della tragica pena una fanciulla raminga, tra grida e lamenti, la misera Io, l’intensa e vibrante Melania Giglio, vittima dell’ira di Era perché concupita dal lascivo consorte, trasformata in giovenca e pungolata senza tregua da un terribile tafano che la tortura crudelmente. Le sue pene non finiranno e continuerà a vagare, secondo la profezia di Prometeo, ma ella è destinata ad avere un figlio di Zeus che paradossalmente lo salverà dalla crudele sorte a cui il padre lo aveva condannato (si allude a Eracle). Giunge Ermes, reso con spirito sarcastico da Simone Ciampi, per carpire al prigioniero il nome del salvatore, ma Prometeo rifiuta. Ancora una volta il Titano erge il capo manifestando la sua indomita volontà di non piegarsi al potere del suo re. La sua sorte è segnata. Lo annuncia con compiaciuta e inesorabile ironia Ermes, aprendo nel futuro del generoso ribelle tremendi scenari di efferata crudeltà. Sprofondato in un abisso riemergerà per essere incatenato a una rupe/colonna e diventare il pasto quotidiano del rapace di Zeus, l’aquila a lui consacrata.

Su tanta sciagura si chiude la tragedia, condotta con mano sicura dal regista Daniele Salvo che ha incrociato la spada della classicità con stilemi moderni, lasciando intatta la suggestione dei suoni e del gioco di luci, acuita dal livello di tensione raggiunta dallo scarto delle voci e dei toni variegati e possenti. Grandi applausi per uno spettacolo che si avvale di un ottimo cast, di una straordinaria scenografia naturale potenziata ad arte con strutture in plexiglass dagli architetti Luca Fauzia e Salvatore Clantia, di una pregnante regia, di una delicata coreografia, di una storia struggente. Prometeo incarna la ribellione al Potere, ma anche la Techne che aiuta il genere umano contro la crudezza del vivere secondo natura, che salva e consola. Che poi se ne sia abusato e si viva dominati da ciò che dovremmo dominare è un’altra storia. Le intenzioni del generoso Prometeo erano buone, commoventi per il prezzo che ha dovuto pagare per tanto dono. L’uso che l’umanità ne ha fatto rende ancora più toccante il sacrificio di chi per aiutare i mortali patisce una mala sorte. Il titanismo di Prometeo ci riporta inevitabilmente al titanismo leopardiano, alla dignità di chi affronta il proprio destino a testa alta senza compiacimenti al potere o a religioni consolatorie. Una grande lezione di vita.

PROMETHEUS

Di Eschilo

Traduzione di Daniele Salvo e Melania Giglio

Regia Daniele Salvo

Con Alessandro Albertin, Melania Giglio, Martino Duane, Simone Ciampi, Salvo Lupo

e Marcella Favilla, Francesca Maria,Giulia Galiani, Marta Nuti, Giulia Diomede, Giuditta Pasquinelli, Ester Pantano.

Costumi Daniele Gelsi

Impianto scenico Fabiana Di Marco

Assistente alla Regia Alessandro Guerra

Produzione Michele Di Dio Associazione culturale DIDE-Fahreneit 45

Al Teatro Antico di Catania