Pensiamoci con Pirandello. Leo Gullotta all’Ambra Jovinelli
Tratta da una novella omonima scritta nel 1910, trasposta drammaturgicamente per Angelo Musco in vernacolo nel 1916, “Pensaci Giacomino!” di Luigi Pirandello debuttava al Teatro Nazionale di Roma per poi approdare nel ’17 alla versione italiana, ricevendo l’imprimatur dalla critica, dopo avere suscitato le ire dei cosiddetti benpensanti. Infine nel 1936 Angelo Musco interpretava il professor Toti nella trascrizione cinematografica di Palermi.
La celebre commedia definita “tragedia civile” dal regista di questa nuova edizione, rivive nell’adattamento di Fabio Grossi, divenuto atto unico di 90 minuti, posposto negli anni ’50, come gli eleganti costumi sottolineano, corredato da una scenografia cromaticamente accesa, ispirata all’espressionismo tedesco caro a Pirandello, tra giganteschi ritratti semoventi sempre in scena (la calunnia incombente), agito su due piani, come la realtà di questa storia, accompagnata da musiche incisive e da un evocativo canto di donna. Protagonista un inedito Leo Gullotta.
L’argomento, alquanto audace e scandaloso per l’epoca in cui fu scritto, propone un matrimonio salvifico tra un anziano professore di liceo solo al mondo, egocentrico e anticonformista, Agatino Toti (un Leo Gullotta pregnante nella sua sobrietà combattiva), e una giovanissima figlia di Cinquemani, bidello della sua scuola e della di lui moglie Marianna, Lillina, innamorata e rimasta incinta di Giacomino, ex alunno squattrinato e senza lavoro. Rifiutata dal padre e dalla madre che la scacciano di casa, vessillo di ignoranza e falso perbenismo, la ragazza madre viene accolta e maritata dal professore. Nelle intenzioni del Toti, pietra dello scandalo, l’unione, di facciata, avrebbe garantito una posizione economica e sociale alla ragazza e al bambino, e alla giovane coppia la possibilità di continuare a frequentarsi nella casa maritale, fino alla morte del professore che avrebbe assicurato alla vedova la pensione, estorta allo Stato ob torto collo per vendicarsi della sua avarizia nei confronti del pubblico impiego. La sfida non si limita all’ambito politico, ma il professore, “il meschino calunniato avvilito calpestato sotto il pubblico flagello…” di rossiniana memoria, eroicamente affronterà la condanna sociale, riverberata negli occhi scandalizzati di tutto il paese ipocritamente benpensante, di cui si farà portavoce la Chiesa stessa, nei panni di padre Landolina.
Persino la famiglia beneficiata di Cinquemani, travolta dallo scandalo, non frequenta la casa e si schiererà con il resto del paese. Solo contro tutti, Toti continua ad occuparsi della felicità della coppia, riuscendo a trovare un lavoro a Giacomino e persino un’inattesa eredità, devoluta ai due giovani. Colpo di scena: Giacomino diserta la casa del professore gettando la “famiglia” nella disperazione. Pressato dai familiari si è fidanzato. La cruda verità il professore l’apprende dal ragazzo stesso, recandosi a casa di Giacomino con il bambino. Al giovane, senza arrendersi, parla, richiamandolo ai suoi doveri di padre, rivolgendogli il monito “Pensaci Giacomino..” che suggella il trionfo dei sentimenti sulla ragione sociale.
In realtà le storie di Pirandello sono un pretesto per affrontare problematiche esistenziali di grande spessore affiorate nell’inquietudine del primo novecento, ma ancora attuali: La solitudine degli anziani, la condizione di inferiorità della donna, l’insegnamento bistrattato e mal pagato, la morale bigotta, i conflitti sociali, la miseria dei sentimenti, l’arroganza della Chiesa e del mondo.
Eroe contro il pregiudizio e al tempo stesso patetica vittima di una condanna sociale, Toti qui agisce e pensa scardinando le porte di una morale stantia, inutile se non dannosa, divenendo il simbolo del tentativo disperato di liberarsi dalla maschera dell’uomo solo e prigioniero nei ruoli di un sistema sociale, statuale ed esistenziale oppressivo, scarnificante, stritolante. Liberarsi dalla maschera è possibile?
PENSACI GIACOMINO!
di Luigi Pirandello
Lettura drammaturgica e regia: Fabio Grossi
Con Leo Gullotta
Liborio Natali, Rita Abela, Federica Bern, Valentina Gristina, Gaia Lo Vecchio
Marco Guglielmi, Valerio Santi e Sergio Mascherpa
Scene e Costumi Angela Gallaro Goracci
Musiche Germano Mazzocchetti
Luci Umile Vaineri
Voce dei brani cantati Claudia Portale
Produzione Teatro Stabile Catania – Compagnia Enfi Teatro