La non immedesimazione nel fu-mondo respingente di Ovejero

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La non immedesimazione nel fu-mondo respingente di Ovejero

@ Lisa Tropea, 5 agosto 2023

Mi chiedo se ci sia un motivo per cui consigliare di leggere Fumo e mi accorgo che probabilmente la risposta è no, perché non si tratta di un libro “necessario” né di un libro che insegna qualcosa, non è nemmeno un libro particolarmente originale, nel suo impianto post-apocalittico. Ma chi abbia voglia di scoprire che cosa possa restare di sé quando tutto sarà andato in fumo, troverà pane per i suoi i denti.

Da Ballard a McCarthy, gli esempi di letteratura che affonda le pagine in un tempo in cui non vi è più traccia del mondo come lo conosciamo sono davvero tanti. Anche nel romanzo di José Ovejero tutto è andato perduto: il mondo civile, ogni traccia di tecnologia, le città, ma soprattutto la societas intesa come intento di vivere una vita sociale, in una comunità che presuppone l’esistenza di relazioni di vario genere, non solo di sangue ma anche per affinità o per convenienza o convenzione. Fumo ci presenta una convivenza strana, senza spiegarne mai i presupposti. Sotto il tetto precario di una baracca spesso assediata da sciami incontrollati di api, infatti, si fanno compagnia una donna e un bambino che non è suo figlio, un bambino cui sono rimaste pochissime parole da utilizzare, e in maniera primitiva. In questo nucleo si inseriscono diverse interferenze umane, diverse ma tutte al grado zero di empatia, oltre a una presenza felina e consolante, l’unico vivente nel romanzo dotato di un nome proprio.

José Ovejero

Mi chiedo se la voce narrante femminile sia convincente, pur essendo l’autore un uomo, e mi pare che l’unica risposta possibile sia che la trasposizione funziona solo per via della spoliazione totale di caratteristiche identitarie e di carica emotiva in tutti i personaggi, ma che nelle donne fa più impressione. Difficile accennare la trama senza rivelare troppo ma su tutto prevale la crudezza, quando non proprio il voltastomaco, che accompagnano ogni passaggio del libro nella scabra desolazione di questo futuro distopico. Il finale, durissimo e a un tempo inatteso, vale la lettura. Insieme a tutto quello che di vibrante e vitale questo libro ci fa rimpiangere e di cui ci fa avvertire la mancanza, come l’acqua agli assetati nel deserto.

Mi chiedo infine se la forma di “famiglia” senza consanguineità, contenuta nella baracca da cui si leva il fumo del focolare, non sia in fondo la chiave di lettura di questo libro e mi rispondo che è in assoluto una delle cose sulle quali mi sono trovata a riflettere maggiormente, da madre e da figlia, durante la lettura smaccatamente distaccata che Ovejero riesce a produrre: un rapporto schietto e significativo tra una donna adulta e un bambino sugli otto anni, forse proprio perché scevro dai doveri reciproci. Interessante, spietato, forse volutamente senza alcuna possibilità di immedesimazione.

Author: Lisa Tropea

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