‘Magari’, una favola moderna

‘Magari’, una favola moderna

@ Raffaella De Biasi (02-06-2020)

Le famiglie con genitori separati non sono tutte uguali, anche se spesso tendiamo a uniformarle e a standardizzarle. Spesso le immaginiamo con problematiche comuni, con l’immancabile presenza al loro interno di un genitore bravo e uno colpevole. Le storie complicate della vita prendono strade diverse e chi sembra farne le spese sono i figli. Così in una Parigi degli anni ‘80 si apre la storia di Luc, Jean e Alba, due fratelli e una sorella che vivono la loro infanzia e pubertà con una maturità diversa, quella maturità particolare che appartiene ai figli di tutti i separati. Charlotte, la mamma, è sposata in seconde nozze con Pavel, un ortodosso molto attento alla preghiera,  fino quasi a farla diventare una vera e propria ossessione per l’intera famiglia. La vita, che si riflette sui ragazzi, prospetta sentieri ben definiti e sicuri ma il calore, quello che ci si aspetta dalla famiglia, è estremamente difficile da percepire. Charlotte è in attesa di un bambino e la notizia della gravidanza, oltretutto complicata, non aiuta sicuramente a rassicurare la piccola Alma che sogna il ricongiungimento di mamma e papà. Carlo invece  è uno sceneggiatore mediocre, che riversa speranze e passione in un progetto di vita professionale che tarda ad arrivare. La sua  vacanza con i figli, dopo una lontananza forzata voluta da Charlotte, riempie la scena di silenzi impacciati e imbarazzanti. Non è così che può ricucirsi un affetto, non è così che un padre costruisce il lato immaginoso della vacanza.

Carlo e Benedetta – sua compagna, amica e assistente speciale – partono per Sabaudia con i ragazzi. La casetta un po’ delabrée offerta gratuitamente da un amico, situata sulla spiaggia fra nuvole in viaggio e vento salino forse non rispecchia la villeggiatura ideale dei tre fratelli, almeno all’inizio. Le aspettative e i sogni sembrano dissolversi dopo l’impatto con parecchie amare delusioni, fino a culminare con una serie di brutti episodi. Il cane di Carlo viene accidentalmente investito da Luc e Jean cade da un tetto. Le crepe sembrano irreparabili e invece Carlo all’improvviso riesce ad agire seguendo i sentimenti, abbraccia i ragazzi con gesti naturali, in maniera assolutamente inaspettata. Si trasforma nel padre. Il sangue pulsa di un calore intenso, che avvolge i ragazzi, Benedetta e infine anche Charlotte. La famiglia è fatta. Forse non la famiglia delle favole ma un nucleo allargato, arricchito di elementi solo apparentemente incongrui. Non è il rigore che unisce ma la fragranza incantata e rammemorante del profumo di caffè appena uscito da una moka. Scamarcio disegna una figura paterna fragile e complessa, non certo desunta dai luoghi comuni ma – “magari” – finalmente vicina alla realtà dei nostri giorni.