Polvere sei e polvere ritornerai. Un’Antigone tra le macerie del conflitto allo Stabile di Catania
@ Anna Di Mauro (18-10-2019)
CATANIA – Eroina senza tempo “Antigone” di Sofocle, in questa nuova edizione che apre la stagione del Teatro Stabile di Catania, firmata dal direttore nonché regista dello spettacolo, Laura Sicignano, vuole fortemente designare un percorso di fertile riflessione a partire dalla tragedia. Illuminista (leggi femminista in questo format) ante litteram, la giovane e pulsante Antigone incarna la forza di una mente e di un cuore sgombri da acquiescenza al potere di un Creonte qui rappresentato capriccioso, tracotante e ingessato nel suo trono. Della sua ragion di Stato poco trapela. Sembra più affetto da ottusa crudeltà mentale. Ma così non c’è partita. La grandezza dei due che si fronteggiano qui non emerge. Al centro della tragedia di Sofocle si pone invece il conflitto, lacerante, insanabile, tra le leggi dello Stato e le leggi del cuore, in pari dignità. Ma veniamo ai fatti. All’indomani della guerra civile e fratricida che ha scatenato Polinice contro Tebe e contro il fratello Eteocle, usurpatore insediato sul trono oltre il tempo assegnatogli, Creonte, un Sebastiano Lo Monaco in ruolo senza voli pindarici, zio superstite della famiglia di Edipo, vieta la sepoltura del corpo di Polinice nemico della patria, pena la morte. Antigone, la ieratica Barbara Moselli, lo vuole seppellire. E’sola in questa decisione, poiché la sorella Ismene, l’intensa Lucia Cammalleri, non può ribellarsi per sua natura e per paura di perdere l’ultimo brandello di famiglia rimasto. La determinazione di Antigone la porterà davanti alle ire di Creonte, irremovibile nelle sue truci decisioni, nonostante l’intercessione del figlio Emone, un tremante Luca Iacono, che amando Antigone ne condividerà la sorte. In un drammatico contrappasso, Antigone, dopo essere stata dileggiata dalle guardie, sarà sepolta viva in una grotta. Ma la rovina si abbatterà su tutta la famiglia, come profetizzato dal Tiresia sui generis di Franco Mirabella. La moglie di Creonte, la silente Euridice, a cui ha dato corpo e in un congedo straziante la voce struggente Egle Doria, orbata del figlio, si ucciderà, dopo aver offerto inutilmente il seno al cadavere di Emone, mentre Creonte, inviso da tutti, persino dalle sue guardie ora improvvisamente rinsavite, tra cui spiccano il materico Silvio Laviano e Simone Luglio pregevolmente fantozziano, si accascerà sui corpi dei giovani senza vita e sul tragico destino della stirpe dei Labdacidi. Figlia dell’incestuoso padre Edipo, Antigone dunque perirà per mano di un parente, per aver seppellito un parente. Perirà perché è più facile ubbidire che ribellarsi, ma anche inebriante. Perirà perché è sola come Creonte che la contrasta. La giustizia umana e la giustizia divina a confronto, in un duello senza vincitori né vinti, ci mostrano la solitudine del potere con le sue piaghe purulente. La scelta registica di un notevole scenario postbellico con effetti epifanici purtroppo solo nel finale, di una recitazione asciutta di attori scelti siciliani o di origine siciliana, di una coralità sfrangiata e variegata, dunque divergente negli effetti, di una coreografia condita da tanti movimenti reiterati stereotipati, da simboli vieppiù mostrati, dalla polvere che invade la scena e i corpi, alle brutte teste di statue rotolanti, agli eclettici costumi, insieme alla ricerca di un registro preciso per ogni personaggio, scanditi dal suggestivo tappeto sonoro della musica impeccabilmente eseguita dal vivo da Edmondo Romano, sono il segno di un’attenzione e di un’intenzione sincera che tuttavia oltrepassa il testo originario, esuberante di qualche forzatura. Qualunque espediente creativo nulla toglie e nulla aggiunge a un mito che si salva da sé e non prescinde dalla invocata catarsi. Lo scenario di un’Apocalisse annunciata e veicolata dalle guardie armate in tenuta contemporanea (niente di nuovo sotto il sole) cita un presente fitto di conflittualità apparentemente insanabili. L’Antigone che è in noi insegua il suo sogno di giustizia, di amore, di riscatto. Il resto è una scelta dell’Altro.
ANTIGONE
Di Sofocle
Traduzione e adattamento di Laura Sicignano e Alessandra Vannucci
Regia. Laura Sicignano
Con Sebastiano Lo Monaco, Lucia Cammalleri, Egle Doria, Luca Iacono, Silvio Laviano, Simone Luglio, Franco Mirabella, Barbara Moselli, Pietro Pace
Scene e costumi Guido Fiorato
Musiche originali eseguite dal vivo di Edmondo Romano
Luci Gaetano Mela
Audio Giuseppe Alì
Produzione Teatro Stabile di Catania
Al Teatro Verga di Catania fino al 27 Ottobre