Apologie sessantottine in scena con una fiammeggiante Elisabetta Pozzi

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Apologie sessantottine in scena con una fiammeggiante Elisabetta Pozzi

di Anna Di Mauro 17-05-2019

CATANIA – Il rosso fuoco dei suoi capelli spicca nella scena domestica, fiamma inestinguibile di una passione civile. Elisabetta Pozzi, l’ineccepibile protagonista di “Apologia” dell’anglo-greco Alexi Kaye Campbell, incarna, in un sorprendente mix esplosivo di humour ed emozionante family life, Kristin, sessantenne critico d’arte, resa con asciutto rigore e nitore drammaturgico. Durante la cena di compleanno, fredda…(anche il forno è in tilt), la donna inalbera contro figli e nuore la sua intransigente visione della vita fuori da ogni fede omologata e dai turpi interessi economici di un mondo corrotto. Si dichiara dalla parte di quelli che “danno”, nemica di coloro che “prendono”, nell’intimità della cucina, violata improvvisamente da inadempienze tecnologiche ed esistenziali, da conflitti e contraddizioni, rancori inestinguibili, sensi di colpa e quant’altro il ricco alveo familiare riesce a riprodurre da tempi immemorabili.

Le famigerate “riunioni di famiglia”, si sa, in letteratura, teatro, cinema e…vita sfociano talvolta in furibonde liti dai bordi taglienti. Pensiamo all’America degli anni ’50 di E. O’Neill e Tennessee Williams, alla drammatica resa dei conti di un duello dei figli con le figure patriarcali, qui riprodotto e rinnovato con due varianti. La prima è che ora sono le madri ad essere attaccate, colte nel cammino dell’emancipazione femminile. Le loro scelte di impegno politico hanno provocato a volte l’aspra mutilazione dei figli (mai contenti vivaddio), per non aver avuto “madri” come declina la tradizione. La seconda è l’humour sottile della pièce che ci riporta alla cifra ironica della drammaturgia contemporanea. Come difendersi da tali accuse? Senza schierarsi né per l’uno, né per l’altra, ma semplicemente mettendo a nudo il groviglio post sessantottino, Campbell solleva abilmente il velo di ipocrisia dalla carne viva delle relazioni parentali, mostrandone sorridendo i dettagli, senza giudizi e condanne. Già apprezzato autore di “The Pride”, per il quale è stato insignito del Laurence Olivier Award, astro nascente della scena britannica, in questo “Apologia”, dove si affaccia la memoria di Socrate a rinnovare la rinuncia all’autodifesa per onorare le leggi e dunque perseguire un ideale, il Nostro si conferma fine drammaturgo, esibendo una disamina accattivante delle contrapposte posizioni generazionali, qui assecondate e irrorate dalla feconda interpretazione di un bel cast, capitanato dallo spessore di una inconfondibile recitazione sul filo del rasoio della Pozzi, mai ridondante, sempre essenziale e incisiva tout court.

Il conflitto generazionale ed epocale qui si allarga anche alle compagne dei figli che si sono riuniti dopo tanto tempo a festeggiare il compleanno della madre nella sua casa di campagna. In una cena ai confini della realtà si intrecciano le presunte verità di una famiglia che dietro la superficie cova intrecci dolorosi. Tra rimbrotti e rimproveri, da una lectio magistralis sul rivoluzionario Giotto e sul come essere artisti oggi alle spallate al consumismo dei figli della colta madre, si delinea la difficile relazione tra Kristin e i figli Peter e Simon, portati via dal padre, si può dire rapiti, da piccoli alla donna in una separazione aspra e insana. In un giorno che dovrebbe essere di festa si rinnovano antiche ferite, mai veramente sanate, acuite da conflitti interiori, insieme alla percezione di una tensione costante e irresolubile, mediata dall’ironica presenza di Hug, amico di vecchia data della padrona di casa. Laddove l’affetto naturale non riesce a oltrepassare i limiti delle elucubrazioni intellettuali e del dolore, a mala pena si schiude la porta della speranza, affidata a un saluto di commiato ai figli in una cercata tenerezza dissepolta, per poi avvolgersi nella solitaria, muta e sofferta riflessione di Kristin su chi e su cosa far scendere il balsamo del perdono. La questione è lanciata, aperta e irrisolta se non nelle intime pieghe della nostra esistenza.

La regia di Andrea Chiodi accompagna con naturalezza il testo e le performance attoriali verso un unicum inscindibile di profonda semplicità. La staticità dell’azione contro la dinamicità della parola si avvale di una scenografia essenziale che propone un pannello scorrevole di un esterno dalle cui finestre e porta trapela l’interno domestico, sollecitando il voyerismo di chi sbircia dal buco della serratura segreti e bugie, anche quando il pannello si solleverà per rivelare l’intimità domestica, come metafora di uno svelamento che ci coinvolge e non solo come spettatori. Al centro della diatriba una autentica maschera africana, donata a Kristin dalla nuora Claire si rivelerà un simbolo dell’impegno nel sociale, mettendo in luce uno dei cardini della vicenda: si può essere madri diverse, madri del mondo, ma rinunciando alla tradizionale maternità privata. E’il prezzo da pagare per seguire i talenti e la libera autodeterminazione per gli artisti che vogliono fare la rivoluzione?

Su questa difficile linea di confine ci piace ricordare il volto delle donne combattenti per la libertà e i diritti civili che spesso trascorrevano il loro tempo in carcere lontane dai figli. Una scelta dolorosa che lacera le coscienze e gli affetti privati, lasciando trapelare dubbi e incomprensioni.

Apologia” punta lo sguardo sulla complessità delle relazioni umane per sorriderne e rifletterci insieme. Pertanto si configura come un tradizionale spettacolo di parola, dove l’azione intima apre tuttavia spazi e tempi di grande attualità, destinata a condensarsi in uno scarto dove humour e incomunicabilità si sfiorano senza soluzione di continuità.

APOLOGIA

di Alexi Kaye Campbell
traduzione di Monica Capuani
regia di Andrea Chiodi
scene Matteo Patrucco
luci Cesare Agoni
costumi Ilaria Ariemme
musiche Daniele D’Angelo
con Elisabetta Pozzi
e con Giovanni Franzoni, Christian La Rosa, Emiliano Masala, Francesca Porrini, Laura Palmeri
produzione Teatro Stabile di Catania – CTB Centro Teatrale Bresciano

Al Teatro Verga di Catania fino al 26 Maggio

Author: Anna Di Mauro

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