Mattoni e sogni muliebri per i “Muraturi” di Edoardo Erba in Sicilia
I muri, si sa, separano, delimitano, difendono, chiudono. Chi costruisce muri è complice di questa claustrale architettura. Soprattutto quando il muro viene eretto in notturna, clandestinamente, come il Muro di Berlino, o più banalmente, ma non tanto, per sottrarre spazio a un teatro e ampliare un supermercato.
La metafora del nostro tempo, sottrattore di cultura si evidenzia, senza diventarne l’anima, nell’opera “ Muratori” di Edoardo Erba, autore di punta della drammaturgia contemporanea. I suoi testi di respiro internazionale rivelano una incisività innovativa nel tessuto culturale del nostro tempo. Un delizioso, brillante cult claustrofobico, ma senza confini, esteticamente ricco di suggestioni ed evocazioni, che si avvale di un originale accostamento tra il mondo del lavoro e il mondo del teatro, fatta salva la matericità dei protagonisti, solida come i loro mattoni in scena, ma non troppo.
Tra i testi più amati e rappresentati, attualmente in scena al Teatro Ghione di Roma nella versione storica, con la regia di Massimo Venturiello, a conclusione di un lungo e fortunato ciclo di sedici anni di rappresentazioni. In “Muraturi”, versione in vernacolo catanese, l’azione si svolge a Catania. I complici cos-dis-truttori, sono due manovali, arcinota, aspra genìa dai labili contorni geografici. Eseguono ciò che viene richiesto, un muro fuorilegge, meccanicamente, per raggranellare qualche soldo e fronteggiare la miseria che li accompagna. Il più giovane, ammogliato con prole, coltiva sogni di imprenditoria. Il più anziano, scapolo impenitente e solitario, ha deposto le armi. Trascina stancamente i suoi giorni senza futuro. Dei due è il più riottoso a portare avanti l’impresa di erigere un muro in una notte. Per indolenza, per sfiducia, per paura.
Mentre si apprestano all’opera si scambiano, nell’idioma popolare, farcito di battute polemiche, confessioni intime, sogni e prosaiche annotazioni, tra reiterate minacce di abbandonare l’impresa dell’anziano, spronato a continuare dal più giovane. L’azione vagamente pasoliniana di un proletariato in action, espropriato della cultura ufficiale, qui in linea con le istanze popolari di elevazione economica e sociale, improvvisamente e inaspettatamente incrocia i fantasmi che la cultura ha prodotto, in un sapido colpo di scena di sapore pirandelliano. Evocando i “suoi” fantasmi culturali e tradendo l’apparente quotidiano dell’incipit, Erba lancia in uno spazio sconosciuto la storia che assume contorni surreali e inediti. Prima all’uno e poi all’altro “muraturi”, in un raffinato gioco metateatrale, si manifesta in tutto il suo splendore femminino di classe padrona la signorina Giulia di Strindberg, li seduce irresistibilmente, proponendo una romantica fuga sul Lago di Como, trascinandoli in un vortice erotico e onirico inarrestabile, dando un respiro diverso alle due grame esistenze. I due manovali Inseguiranno un sogno. Il muro è lontano.
Il mondo del lavoro apparentemente protagonista, visto attraverso una lente deformante che ci restituisce tutta la fragile umanità dei suoi abitatori, sovrastato e contaminato da suggestioni drammaturgiche, scopre i fianchi di un disagio esistenziale, sfiorando le corde di una complice comprensione e condivisione della povera vita di una classe sociale “perdente”, che qui assume le fattezze dei catanesi DOC ben interpretati ed efficacemente diretti da artisti catanesi DOC.
Un input poetico che possa dare nuova linfa a un proletariato succube, impantanato in sogni non suoi, presi in prestito dalla borghesia marcescente? Certamente un delizioso omaggio al teatro e alla sua potenza evocativa. Non ci sono soluzioni nell’universo drammaturgico dell’autore che mescola, con gradevoli effetti dissonanti, realtà e sogno senza indicare strade, ma aprendo varchi e porte. Lo fa con uno stile che accarezza, ma lascia una traccia ben visibile.
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MURATURI
di Edoardo Erba
Traduzione e Regia di Emanuela Pistone
Con Domenico Gennaro, Giampaolo Romania, Pamela Toscano
Realizzazione impianto scenico Angelo Gullotta
Tecnico Luci e fonica Francesco Maria Attardi
Assistente alla regia Alpha Jallow
Assistenti di palcoscenico Mithat Mounir, Abdul Saidu, Ibrahim Sidibe
Costumi Piccola sartoria Isola Quassud
Produzione Isola Quassud
Già al Centro Zo di Catania
Al Teatro Ghione di Roma dal 3 al 13 Maggio nella versione originale