Nel pollaio brancatiano il canto del cigno del “Gallo” disonorato e disperato

Nel pollaio brancatiano il canto del cigno del “Gallo” disonorato e disperato

Echeggia tra arcate fasciste multicolori, in atmosfere oniriche, inondando la scena dei suoi parossismi e della sua miseria umana, “Il bell’Antonio” nella versione teatrale di Tullio Kezich, “Il Gallo” dal titolo evocativo e irrisorio di note ruspanterie.

L’adattamento arguto e in angolazione inedita punta sulla figura di Alfio Magnano, padre di Antonio, vieppiù ridicolizzandola e mostrando il volto disumano di una condizione che ricopre ogni sentimento e moto dell’animo a favore di una favoleggiata mascolinità, mito e baluardo di certa Sicilia, inalberato con tronfia baldanza e sicumera, reiteratamente e sardonicamente echeggiante nelle opere di Vitaliano Brancati.

A fronte di un momento politico altrettanto tronfio e smaccatamente virile, in una Catania fascista dai contorni surreali, si dipana la storia della famiglia Magnano, di cui Antonio, prestante rampollo è orgoglio e vanto. Il presunto seduttore impenitente, ritornato a Catania dopo una parentesi romana, convolerà a nozze con Barbara Puglisi, figlia del notaio Puglisi, esponente della ricca e potente borghesia locale…ma. I due innamorati volano sulle ali di una fittizia felicità. Il matrimonio cederà sotto i colpi della stupefacente, paradossale impotenza virile del giovane e dell’ambizione smodata dei Puglisi, gettando nel fango l’onore dei Magnano.

La crisi terribile che il padre di Antonio, sconvolto e incredulo “gallo” senza eredi, dovrà attraversare, accanto alla moglie-ombra, lo condurrà alla morte, rivendicata tra le braccia di una prostituta per tenere alto l’onore virile davanti alla città. L’infelice Antonio, cresciuto tra le soffocanti spire del padre fallocrate e gli edipici sussulti della madre, perderà ogni cosa. Figura pietosa e triste ecatombe di una gioia effimera.

Una marionetta, un pupo, egoisticamente indifferente al dolore del figlio e alla sua vita distrutta, abbarbicato al suo onore infranto, rigidamente chiuso in una allucinata realtà di cui vanamente e illusoriamente si fregia.

Questo è il profilo scelto da Miko Magistro per Alfio Magnano, figura meschina resa volutamente istrionica dall’accentuazione degli aspetti convenzionali, sul filo di un’ironia tagliente, spiraglio di verità, tesa a smontare le trame di una ottusa mentalità. In questa feroce satira che non risparmia nessuno, intorno al “gallo” ruotano sinergicamente gli altri personaggi, sagome di una giostra inarrestabile, colti sul pendio della piccante vicenda: il dolente e umiliato Antonio di Massimo Giustolisi, la sbiadita, succube moglie-madre condotta con la sobrietà esperita di Olivia Spigarelli, la macchiettistica zitellagine di Elena, la sempre spumeggiante Irene Tetto, la spocchia del notaio Puglisi untuosamente reso da Riccardo Maria Tarci, la sua decorativa e seduttiva moglie della brillante Raffaella Bella, la leggiadramente ambigua Barbara di Eleonora Sicurella, il goffo prete bigotto di Carlo Ferreri, la maschera imbelle del gerarca fascista al balcone di Camillo Muscolino.

Chiesa, famiglia, Stato, Virilità e dintorni, tutti alla berlina in un dramma dai toni irridenti che elude i sentimenti a favore di vieti luoghi comuni, scopre le piaghe purulente di un sistema arcaico e disumano ancora vitale, in un’Italia dai contorni incerti, dando alla pièce il sapore di una allarmante attualità.

Sulle ultime scene di distruzione il gallo Magnano crollerà, trascinando con sé nel suo patetico riscatto tutta la genia, auspichiamo in estinzione, ma purtroppo ancora in marcia, di “galli, galletti, pollastri e derivati” cui secoli di fallocratismo degenerato hanno dato vita.

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IL GALLO

Di Tullio Kezich

Da “Il Bell’Antonio” di Vitaliano Brancati

Con

Miko Magistro, Olivia Spigarelli, Massimo Giustolisi, Riccardo Maria Tarci, Raffaella Bella, Eleonora Sicurella, Camillo Mascolino, Irene Tetto, Carlo Ferreri, Giada Caponetti.

Regia Federico Magnano San Lio

Scene e costumi Riccardo Perricone

Musiche Germano Mazzocchetti

Luci Sergio Noè

Produzione Teatro della Città

Al Teatro Brancati di Catania fino a Domenica 6 Maggio