Bentornato “Novecento”. La riproposta del film di Bertolucci
L’hanno definito “melodramma politico”. L’hanno accolto come un capolavoro. L’hanno salutato come il film più intensamente bertolucciano: e, dopo quarantadue anni dalla sua realizzazione, Novecento ricompare sui nostri schermi come un “fatto dovuto” un risarcimento necessario. Impostosi a suo tempo con tutta dignità quale momento significativo di cinema civile, questa prova a mezza strada della filmografia preziosa di Bertolucci si può considerare ancora un progetto largamente compiuto di fare, oltreché spettacolo, vibrante storia di una stagione cruciale per il nostro Paese.
Nel 1994, per celebrare adeguatamente particolarità, segni distintivi della carriera dell’autore di Parma la Marsilio Editore varò, con la cura di Roberto Campari e Maurizio Schiaretti, il volume collettaneo In viaggio con Bernardo cui diedero il loro contributo critici, studiosi variamente chiamati ad approfondire film per film, appunto, l’alacre percorso creativo di Bertolucci. Tra tanti testimoni prestigiosi, noi pure fummo precettati per esprimere il nostro personale vaglio di Novecento e di quello stesso testo ci è parso utile riportare – oggi – all’attenzione brani, scorci in qualche misura rivelatori. Qui di seguito, ecco dunque gli scritti in questione come verifica probante di un’opera certo memorabile quale esempio di cinema maggiore da tenere in conto con appassionata dedizione ideale.
“… Novecento fu per il trentacinquenne Bertolucci, reduce dal successo planetario di Ultimo tango a Parigi … una specie di sogno vissuto a occhi aperti durante quelle quarantadue settimane di riprese nella Bassa padana. Attori hollywoodiani come Burt Lancaster e Sterling Hayden accanto a contadini veri e ‘maggianti’ pescati qua e là sull’Appennino, una Babele linguistica, infinte riscritture, e, soprattutto, tante bandiere rosse, quante mai un film coprodotto dagli americani aveva mostrato.
“Di fatto, rivedendolo oggi… Novecento palesa, forse, qualche grinza, certe avvertibili forzature nell’empito del racconto di impronta popolare che lo percorre da cima a fondo. Ma nella sostanza – anche oltre l’artificioso, un po’ meccanico discrimine che ‘stacca’ la prima dalla seconda parte – il film si impone, ancora e sempre, come una saga dai toni melodrammatici, spesso cruenti, dilatata poi in scorcio sociale-politico di imponente, poetica visionarietà.
“… In effetti, Novecento si dispone sullo schermo come un affresco di vaste proporzioni nel quale – dopo un ampio prologo che vede a confronto i due patriarchi delle famiglie Berlinghieri e Dalcò, rispettivamente l’agrario Alfredo (Burt Lancaster) e il contadino Leo (Sterling Hayden), attorniati dai familiari e da personaggi vari – prendono gradualmente risalto e significato le vicende dei protagonisti più giovani, nati entrambi nell’anno ‘900: Alfredo jr. (impersonato da Robert De Niro) figlio di Giovanni (Romolo Valli) e nipote del vecchio Alfredo, e Olmo (Gérard Depardieu) nipote di Leo.
“Il quadro d’assieme diventa via via più articolato col progredire del racconto, arricchendosi ulteriormente di figure, di fatti, di momenti storici non solo e non tanto per le vicende individuali dei protagonisti, ma anche soprattutto per l’addensarsi sempre più corale, collettivo del racconto. Il film si affolla addirittura di presenze, di volti, di nomi che caricano ogni avvenimento di una pregnanza drammatica, sociale e politica ai limiti del parossismo: Attila il fascista (Donald Sutherland) e la sua amante Regina (Laura Betti), Suor Desolata (Francesca Bertini), sorella del vecchio Alfredo, Rosina (Maria Monti), madre di Olmo, la vedova Pioppi (Alida Valli), Ada (Dominique Sanda), moglie di Alfredo jr. ecc.
E proprio attraverso la griglia di questi personaggi e delle loro vite la resa espressiva di Novecento lievita seguendo le scansioni ‘naturali’ del mondo contadino: le vicende di Alfredo jr. e di Olmo trascorrono quasi in organica concomitanza con il succedersi delle stagioni. Cioè, l’infanzia-primavera, l’adolescenza-estate, la maturità-autunno, l’incipiente vecchiaia-inverno si incalzano serrate per riesplodere e ricomporsi poi dialetticamente nella nuova, catartica, primavera della Liberazione nel ’45, punto focale di Novecento cui ogni evento si rifà con significativa allegoria.
“Manifestamente, la materia di fondo di Novecento è oltremodo stratificata e del tutto ostica da maneggiare, così densa come è di implicazioni esistenziali, sociali, politiche (le prime lotte contadine, la grande guerra, il sorgere e il dilagare del fascismo, la seconda guerra mondiale, la Resistenza, la Liberazione) e tante sono state le suggestioni evocative, le esigenze di una prodiga dedizione che l’esistenza stessa di Bertolucci e di tutti i suoi fece corpo, solidalmente, per oltre un anno, con i luoghi, le vicende, i personaggi del film e di quanti in esso, attorno ad esso, lavorarono”.