Fuga dalla realtà
Un grande romanzo in una nuova riduzione teatrale. La vita e la morte ancora si affiancano in una delle storie più surreali prodotte dal genio infaticabile di Luigi Pirandello. ”Il fu Mattia Pascal” calca le scene nell’adattamento frizzante e dinamico di Irene Tetto per l’associazione “Buio in sala”. La singolare vicenda, esemplare incarnazione del disagio esistenziale del ‘900, si snoda con disinvoltura sul filo di una sottile ironia, in un veste sobria, tesa a svelare il drammatico equilibrio tra il dolore e la noia di una vita irrisolta.
Chi non ha mai detto almeno una volta “Vorrei sparire…”?
In quest’opera il desiderio si fa carne, mostrando l’assurdità dolorosa di un impulso vitale. Come sfuggire alle maglie inesorabili del sistema sociale, con i suoi miti e i suoi riti? Come lasciar fluire il proprio inafferrabile essere dentro le palizzate delle regole, dei principi, delle strutture che finiscono per destrutturare?
Pirandello ci mostra una strada impossibile, chiudendo la porta inesorabilmente alle vie di fuga, presentandoci la più paradossale e impraticabile delle fughe: fingersi morto.
Voce narrante, Mattia Pascal, bibliotecario insoddisfatto, malmaritato, schiavo delle leggi, dei ruoli parentali, inquieta progenie della famiglia Pascal, approfittando di un incredibile scambio di persona con uomo travolto nella gora di un mulino, riconosciuto nel morto, fugge dal suo asfittico paese, dalla sua realtà per inventarsi una nuova identità a Roma: Adriano Meis. Nella nuova versione Adriano-Mattia vive nella finzione. Si innamora, ma stanco della sua vita di inganni e bugie, fingerà il suicidio e ritornerà al paese dove però troverà la moglie accasata e in attesa di un figlio. E’ di troppo ormai. Non potendo più riprendersi l’identità perduta, d’ora in poi sarà un escluso: il fu Mattia Pascal.
Il dramma umano qui lascia per la prima volta gli accenti veristi, innestandosi nel tronco rigoglioso della finzione estrema. Metafore di sconnessioni interiori, da Mattia Pascal in poi i personaggi avranno vite indipendenti dalla realtà. Muovendosi tra maschere-prigioni, fantasmi di vite mai vissute, giocano partite sconnesse che lacerano ancora di più, nel tentativo disperato di spezzare le catene di un’esistenza grigia e insensata.
Dedicato ai giovani, l’adattamento si offre vivace e fruibile. L’abile regia e l’incisiva interpretazione, a tratti giocosa, coesa nei toni e nelle figurazioni, talora sconfinanti nel grottesco, ha reso malleabile l’astruso e contorto arzigogolare di una straordinaria e complessa opera dai toni amari, velati dalla feroce ironia dell’autore , operando coraggiosi tagli, atti a dare forza drammaturgica al celebre testo letterario, spigoloso e scomodo, nel suo vago umorismo. La doppia identità, il vivo-morto, suscita ilarità e raccapriccio al tempo stesso. Nel suo macabro tentativo di sopravvivenza, sospeso tra i due estremi, il personaggio rimane fra i più inquietanti della ricchissima produzione pirandelliana, malgrado l’apparente leggerezza dei toni.
La rivisitazione del gruppo in chiave drammaturgica di celebri opere, stilisticamente caratterizzata da coerenza al testo e fruibilità del grande pubblico, ancora una volta ha fatto centro.
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MATTIA PASCAL
Dal romanzo di Luigi Pirandello
Adattamento di Irene Tetto
Regia di Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi
Assistente alla regia Donatella Marù
Visual Show di Andrea Ardizzone
Elementi di scena di Laura Lazzaro
Con Marcello Montalto, Antonio Caruso, Massimo Giustolisi, Nadia Trovato, Irene Tetto, Silvana D’Anca, Giovanna Sesto
Produzione BUIO IN SALA
Al Teatro Ambasciatori di Catania