Un’estate d’amore. “Chiamami col tuo nome” di Luca Guadagnino
Luca Guadagnino, quarantasei anni, origini intrecciate tra ambienti borghesi e luoghi cosmopoliti, accreditato di due lungometraggi – Io sono l’amore, A bigger splash –, una lunga consuetudine con il cinema e gli attori anglosassoni (Tilda Swinton, Ralph Fiennes), è balzato imprevedutamente alla prorompente notorietà con una messe di nominations prestigiose tanto ai recenti Globi d’oro, quanto agli imminenti Oscar col suo nuovo film Chiamami col tuo nome.
Si tratta, in effetti, di una spuria realizzazione italo-americana con una sceneggiatura di James Ivory (desunto dall’omonimo libro di Andre Aciman) che, mobilitando variamente una compagine tecnico-artistica di sofisticato spessore – dagli interpreti maggiori, Timothée Chalamet, Armie Hammer rispettivamente l’adolescente Elio e il prestante giovanotto americano Olivier ai collaboratori italiani Piersanti e Visconti – che innerva un racconto denso di suggestioni visive e musicali di raffinata intensità.
L’avvio del film ha un andamento intriso dei colori e del calore di un’estate dipanata con gesti, piccoli eventi calati con sapiente discrezione in un décor tutto culturale e acquietato. Il giorno, la notte trascorrono in una dimensione gradevole di buona vita, di conversazioni e scambi di idee intieramente improntati a momenti, situazioni fatti di cultura, di intelligenza (le digressioni sull’arte, l’archeologia, la politica).
Ciò che peraltro sorprende subito di Chiamami col tuo nome risulta il ritmo decontratto eppure sempre incalzante delle vicende, dei personaggi mossi, si direbbe, da una passione prima sommessa, quindi trascinante di un amore mai detto, ma fiammeggiante, smodato tra il fervido Elio e il più vissuto Olivier. E tutto ciò immerso costantemente nei ritmi giocosi di una stagione estiva provvida, fatta di giorni radiosi, di esperienze gratificanti nel contesto di una ebraicità vissuta con discrezione.
Il plot su cui si regge il passo progressivo di un racconto svolto con calibrata misura imprime poi intrecciati rapporti tra i personaggi. Si inseguono così sottili dialoghi, una convivenza cordiale, una coralità calorosa. Tanto da contagiare le figurine, le presenze di una intera comunità agreste: famigli, contadini, ragazze, chiunque abiti la sontuosa villa, i campi, le acque della dimora padronale nei dintorni della verde città di Crema, ritagliando un “buen ritiro” davvero da sogno. Qui, dunque, si svolge l’azione che prospetta al contempo un idillio e un dramma senza epilogo appagante. Il deus ex machina sostanziale è incarnato da un attempato archeologo che, ogni estate, anche per coltivare i suoi interessi culturali invita un giovane scienziato anglosassone a trascorrere nel suo personale “paradiso privato” una prolungata vacanza.
Olivier, l’aitante ragazzo americano, approda, infatti, nella casa dell’archeologo e presto si rende conto che il giovane Elio, all’apparenza scontroso e ruvido, sta covando nei suoi confronti un sentimento di attrazione irresistibile. Tra andirivieni e scampagnate esaltanti (non senza ragazze vogliose), Olivier e Elio tessono anche con qualche sconcerto la trama di quella che di lì a poco sfocerà in una torrida storia d’amore. La questione come è prevedibile conoscerà momenti felici e altri desolanti, ma in definitiva l’approdo ultimo sarà deficitario. Olivier torna in America e si sposerà, Elio disperato tenterà fino all’ultimo di ripristinare il suo rapporto con Olivier vanamente compensato dal comprensivo padre.
Chiamami col tuo nome è un film di un’eleganza formale d’eccezione, senza la minima sbavatura né tantomeno alcuna caduta di gusto nel raccontare una vicenda per tanti versi morbosa. A mantenere l’intiera narrazione su un piano di appassionata esperienza contribuiscono senz’altro i bravi interpreti e, ancor più, la rilassata raffigurazione dei fatti, degli scorci evocativi apparentabili al prezioso film Io ballo da sola (1996) di Bernardo Bertolucci cui Guadagnino dedica non a caso un devoto omaggio.