Sauro BORELLI- La scoperta della poesia (“Tutto quello che vuoi”, un film di Federico Bruni)

 

Il mestiere del critico

 

 

LA SCOPERTA DELLA POESIA

Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni

“Tutto quello che vuoi”, un film  di Francesco Bruni

-Se i vecchi potessero e i giovani sapessero….(detto popolare, in tanti dialetti)

°°°°

Francesco Bruni ha una prestigiosa carriera come sceneggiatore, mentre risale al 2011 il suo esordio quale regista col pluripremiato Scialla! Ora, è venuto di nuovo allo scoperto col suo Tutto quello che vuoi, tratto, con qualche licenza, dal romanzo di Cosimo Calamini Poco più di niente. Contrariamente a ciò che spesso accade, questa seconda prova registica non costituisce, come spesso capita, un ripetitivo passo rispetto al felice Scialla!, ma si dimostra, a tutti gli effetti, un ulteriore momento di progressione creativa, tanto per la sua impostazione drammatica, quanto per la sua suggestione poetica.

Benché improntato da un senso tutto immediato dei personaggi, delle vicende cui dà corpo, Tutto quello che vuoi si basa su una complessa stratificazione di sensazioni, sentimenti di volta in volta evocati come spunti incalzanti di una storia indicativa di quanto e quale possa essere la casuale frequentazione di un giovane abulico, renitente a qualsiasi slancio, Alessandro (tipico trasteverino senz’arte né parte) e dell’attempato Giorgio (ottantacinquenne poeta in disuso per l’ormai labile memoria). Il primo, spinto dal padre, ad accompagnarsi all’anziano personaggio; il secondo, tutto ripiegato quietamente su sé stesso, sulle sue fruttuose esperienze, sugli incontri memorabili della sua lunga esistenza, sulle astrazioni, i sogni di una pratica poetica prodiga, intensamente vissuta.

Alessandro, congenitamente alieno da ogni entusiasmo, manifestamente disertato da qualsiasi passione, si accompagna al cordiale Giorgio che, pur svagato dalla intermittente corrente dei ricordi, di giorni in giorno contagia il giovane amico con la rappresentazione del proprio ambiente borghese. La casa colma di libri, di graffiti, di oggetti eleganti, di stile, base di partenza per un girovagare in una Roma sempre alla scoperta dei motivi, delle occasioni di una fervida invenzione del reale. Così, per successivi gradi, Alessandro, pur ancora refrattario ad ogni interesse, si accosta con crescente attenzione all’universo privatissimo del sapiente Giorgio che, pur immutabile nel suo gusto vitalistico, sembra riscoprire nel suo volenteroso dialogo a senso unico una bastante ragione esistenziale.

Alessandro, d’altra parte, non si discosta dal suo mondo elementare fatto di rapporti mediocri di compagnie volgari (come i quattro coetanei un po’ malavitosi e corrotti) e, ad un certo punto, pur toccato dal disinteressato legame con l’anziano Giorgio, costantemente estasiato di ogni novità, è tentato da un fatto all’apparenza redditizio come la scoperta di un piccolo tesoro custodito dall’ingenuo poeta in un paese di montagna in cui, ragazzo, aveva vissuto. Furbescamente, imbrancati insieme – i quattro coetanei, Alessandro stesso e il vecchio Giorgio – partono alla volta del presunto tesoro. Ma, prevedibilmente, non c’è alcun tesoro tangibile; l’unico compenso per tutti quanti sarà un florilegio di accenti, di parole, di immagini di una sola immaginaria scoperta: la poesia.

Detta così, la storia di Tutto quello che vuoi si prospetta, forse, come una edificante parabola sui reversibili rapporti tra un giovane d’oggi, originariamente anaffettivo e indifferente verso tutto e tutti, e un anziano poeta perso nel vagheggiamento di antiche vicende personali (come il ricordo della moglie scomparsa e ancor più della “donna della sua vita”) e nelle risonanze ancora vive dei suoi componimenti poetici. In realtà, in questo Tutto quello che vuoi c’è di più, c’è di meglio di un semplice, patetico episodio sentimentale.

Come nel suo precedente Scialla!, Francesco Bruni questa volta mette in campo il vetusto tema dei vecchi e dei giovani in un dialettico incontro-scontro sorretto da un estro drammatico assolutamente inedito, intriso come è di sapidi accenti ironici e di una toccante verità poetica. Tutto ciò grazie, in parte ad una solida sceneggiatura, e ancor più alla prestazione superlativa del cineasta Giuliano Montaldo nel ruolo centrale dell’anziano poeta Giorgio (a suo tempo amico personale del volitivo, energico presidente Pertini). In definitiva un film da vedere, da non perdere.

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