Anna DI MAURO- Edipo- Uomo… (G. Mauri e R. Sturno di scena allo Stabile di Catania)

 

Il mestiere del critico

 

 

EDIPO-UOMO: CONOSCI TE STESSO

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Glauco Mauri e Roberto Sturno al Teatro Stabile di Catania

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Davanti ad un video-palazzo fatiscente, tra acque piovane e lacustri in cui i colpevoli  entrano sperando di lavarsi (inutilmente) dalle loro immonde colpe, ha inizio la  pietosa  vicenda di questo   “Edipo (Edipo re-Edipo a Colono)” della Compagnia toscana Mauri-Sturno, approdata  al Teatro stabile di Catania in una  nuova edizione, a distanza di vent’anni dalla prima.

Due registi, due generazioni a confronto.  Una  macchina teatrale  perfetta quella di Sofocle, per un’inquietante  indagine  ante litteram.  Il colpevole inconsapevole cerca se stesso. E’ un cercatore di verità, verità che  svelata sarà atroce.  La storia è nota.  Come tutti i capolavori tuttavia  cattura e commuove  ogni volta.

In Edipo Re, affidato alla regia di Andrea Baracco, multimediale, multitemporale, lui, felice re, sposo e padre, si fa promotore di un’indagine, poiché  a  Tebe  una terribile e misteriosa pestilenza  ha decimato la popolazione. La colpa, dicono gli oracoli, è dell’empio che vive nella città. Bisognava trovarlo e scacciarlo.  Lo stesso oracolo aveva predetto per  Edipo un  orribile  destino di parrricidio e incesto, per sfuggire al quale il padre, Laio, re di Tebe, lo aveva allontanato appena nato affinché morisse e non nuocesse più con la sua esistenza ria, andando così incontro, ironia della sorte, al destino che fuggiva.

Non si sfugge alla verità, pur terribile. Il monito “Conosci te stesso” qui si fa carne infetta e sangue. Dolorosamente  tracima la  consapevolezza dell’ineluttabile infelicità della condizione umana. Inutile la fuga. La “peste” viene fuori comunque.  Empio chi fugge davanti alla propria sorte e  doppiamente infelice. E’ necessario conoscersi, anche se può essere doloroso. E’  sacro. E’ salvifico. Empio è fuggire e chiudere gli occhi davanti alle proprie miserie, ai propri inconsci, inaccettabili desideri. Freud docet.

Divenuto, come l’oracolo aveva predetto, ineluttabilmente e inconsapevolmente Re di Tebe e sposo della  madre, la regina Giocasta, vedova del padre  Laio, Edipo dall’apparente felicità sprofonderà nell’abisso della colpa, dando così inizio alla più sconcertante  delle inchieste che lentamente, come una spirale, lo avvolgerà inesorabilmente, fino alla terribile rivelazione. Accecatosi dopo il suicidio della madre-moglie l’empio  sarà cacciato da Tebe dai suoi stessi parenti, ramingo e privo di ogni cosa tranne delle due figlie che lo accompagneranno pietosamente e amorevolmente. Così si conclude la prima tragedia, in un’atmosfera plumbea, fangosa, dove il buio connota la cecità dell’anima.

Affidata ai cromatismi e ai toni che da cupi e strozzati si fanno tenui e limpidi, la sinergia delle due tragedie accostate ci mostra il passaggio dall’orrore alla serena ricomposizione del dolore e all’accettazione di avere concluso il proprio cammino.  Dopo la colpa, la pietà per il reo inconsapevole sarà protagonista della seconda tragedia, “Edipo a Colono”, dove invece predomina il Bianco, simbolicamente la purezza dopo l’espiazione,  scandita dalla regia di  Mauri, di impianto tradizionale, nei costumi più che nella scena, scarna ed essenziale.

Giunto ormai vecchio a Colono, con le due fedeli figlie Antigone ed Ismene, Edipo chiederà ospitalità al re Teseo, un giusto che incarna la pietà per il misero, meritevole del perdono perché inconsapevole, avendo espiato con la cecità, l’esilio, la perdita di ogni bene. Teseo dunque concede asilo  e degna sepoltura. Edipo sarà rivendicato, ma troppo tardi dal figlio Polinice e dal cognato Creonte che vorrebbero ricondurlo in patria. Egli, ormai stanco, rifiuterà sdegnato per il tardivo gesto e si avvierà verso un’apoteosi trasfiguratrice che lo assumerà in cielo…

Le due tragedie accostate rendono chiaro  il passaggio dall’oscurità dell’ignoranza alla luce della conoscenza: l’orrore e la pietà a confronto, in un dialogo generazionale di regie che determinano uno stacco netto, non solo nei contenuti, ma soprattutto nello stile. Una diversità che è  disarmonia, in  un percorso che pur per contrasto solleciterebbe una continuità.

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“Edipo Re”  Regia Andrea Baracco  – “Edipo a Colono”  Regia Glauco Mauri  Scene e costumi Marta Crisolini Malatesta  Musiche Germano Mazzocchetti  Luci    Alberto Biondi Video  Luca Brinchi – Daniele Spanò

Con : Glauco Mauri – Roberto Sturno – Ivan Alovisio – Roberto Manzi – Laura Garofoli – Barbara Giordano – Roberto Manzi – Mauro Mandolini – Paolo B. Vezzoso – Laurence Mazzoni   Traduzioni di Dario Del Corno

Produzione Compagnia Mauri Sturno e Fondazione Teatro della Toscana.

Al Teatro Verga di Catania

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