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Sauro BORELLI- Una Cuba amarissima (“Non è un paese per giovani”, un film di G. Veronesi)

 

 

Il mestiere del critico

 

 

UNA CUBA AMARISSIMA

“Non è un paese per giovani”, un film di Giovanni Veronesi

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Non è un paese per giovani è stata in origine una trasmissione radiofonica (Rai2) che Giovanni Veronesi ha gestito dando la caccia, in qualche modo, ai tanti ragazzi (120’000, dicono) che dall’Italia, luogo decisamente inospitale per mancanza di lavoro e deserto di occasioni esistenziali favorevoli, si fiondavano (si fiondano tuttora) dovunque, comunque pur di sopravvivere e se del caso inventarsi, dall’Australia alle Americhe, dall’Inghilterra alla Germania, una qualche prospettiva per campare, senza troppo soffrire, la vita.

Veronesi, d’altra parte, ha già dato prova, su questo terreno, di esercitarsi con abile mestiere in campo cinematografico (suoi sono i film Per amore, solo per amore, Che ne sarà di noi, ecc.) e quindi, ripensando alla sua trasmissione alla radio, ne ha mutuato il titolo, appunto Non è un paese per giovani, architettando una storia che, tra il lusco e il brusco, la garbata ironia e l’urticante pessimismo, racconta la vicenda un po’ sbrindellata di un gruppo di strapelati giovani (e meno giovani) rintanati fortunosamente nella Cuba disorientata, confusa, dell’estremo periodo del castrismo declinante e della morte dello stesso Fidel, della smania di rimpannucciarsi grazie al turismo e alla crescente corruzione. Un altro mondo, un’avventura quotidiana tutta velleitaria, destinata a lanciarsi in chissà quali esperienze e novità.

In dettaglio, due giovani camerieri (Filippo Scicchitano e Giovanni Anzaldo) partono all’avventura per Cuba ove intendono costruire un ristorante italiano tutto moderno fidando nel buon esito della loro iniziativa. Strada facendo, le cose andranno in tutt’altro verso. Incontrano, tra l’altro, una ragazzaccia un po’ scriteriata (Sara Serragliocco) e parecchi altri personaggi alquanto spaesati, velleitari: dal presunto cuoco ed ex evasore fiscale Nino Frassica al più assennato padre Sergio Rubini. Il tutto immerso, sommerso in una condizione di vita, da una parte, abitata da profittatori di regime (militari e professionisti corrotti) e dall’altra dalla sterminata moltitudine della povera gente – in prevalenza neri, in situazioni sociali manifestamente subalterne – che smentendo ogni demagogia declamatoria si industriano come possono a resistere ai tempi grami che stanno vivendo con la sola speranza che per il futuro le cose cambino in meglio.

In realtà, i nostri ardimentosi ragazzi si rendono presto consapevoli che ogni giorno, ogni stagione a Cuba è un calvario ove chi è più scaltro, più intrigato in traffici miserabili ritaglia, con cinismo e risolutezza un’esistenza quantomeno redditizia, e chi, appunto il popolo, la gente nera che a suo tempo ha prodigato la propria pazienza, grandi sacrifici di mezzo secolo di autarchia e penuria generali, continua anche in forza di una naturale moralità e stoicismo a praticare un modo di essere, di comportarsi del tutto civile, come negli anni cruciali della strenua lotta anti-imperialista del passato.

In questa perlustrazione circostanziata della realtà cubana attuale, Giovanni Veronesi ingloba la storia di ragazzi venuti dall’Italia con l’idea di rifarsi una vita, una rinnovata visione del mondo nel panorama quotidiano, appunto, degli anziani, attempati ma non rassegnati protagonisti popolari della rivoluzione, così raffigurando un paese ove i problemi, le difficoltà, le ingiustizie risultano ancora scopertamente palesi, ma con la gente nera sempre fiduciosa in attesa di una rigenerazione davvero rivoluzionaria.

Giovanni Veronesi dice di sé stesso e implicitamente del suo cinema, di questo Non è un paese per giovani: “Non sono un regista politicizzato né un antropologo: ho cercato di cogliere con un certo romanticismo l’anima di quei ragazzi, la loro incoscienza e sensibilità… Ho cercato di essere sincero. Qui c’è molto di me…”. E persino del fratello scrittore Sandro che, per l’occasione, ha regalato un brano sapiente del progettato romanzo che uno dei giovani avventurosi italiani ha in animo di realizzare. Ripetiamo, dunque, il nostro non è un paese per giovani ma, stando come va il mondo oggi, nessun paese può presumere di esserlo pienamente.