Script & Books

Sauro BORELLI- Un western feroce (“Revenant”, un film di Alejandro Inarritu)

 

Il mestiere del critico

 


UN WESTERN FEROCE

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“Revenant- Redivivo”, un film di Alejandro Inarritu

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Inarritu è un cineasta smodato. Per lui girare un film significa affrontare un cimento creativo estremo (sui sono i parossistici Birdman e Babel) e oltretutto l’impegno che mette nel realizzarlo è connotato, di norma, da moduli creativi e toni comportamentali di un’eccentricità esasperata. In questo senso, non fa eccezione il suo nuovo lavoro Revenant – Redivivo tratto con ampie licenze dal libro omonimo di Michael Punk cui già si era rifatto, nel 1971, Richard Sarafian per il suo Uomo bianco, va’ col tuo Dio (interpretato da Richard Harris).

Qui infatti puntando su due interpreti di buon mestiere – il quarantenne Di Caprio e il grintoso Tom Hardy – ha imbastito una storia contrassegnata da fatti cruentissimi e da vicende più che tragiche. Una storia che da un ipotetico selvaggio Oregon, dislocato prima della “conquista del West” (pressappoco nel 1823), divaga poi per oltre due ore abbondanti tra un glaciale Canada e la Terra del fuoco con piani-sequenza prolungati e lotte sanguinose per campare rischiosamente la vita.

Detto ciò, si è solo a metà di questo pretenzioso Revenant, poiché la sostanza autentica del film si concentra poi sull’eroe eponimo, ovvero il redivivo Hugh Glass, esploratore temerario di contrade assolutamente impervie, un vagabondo (col figlio indiano a carico) sempre in contrasto rude con la natura spietata e gli animali feroci, i nativi pellerossa, e, massimamente, con un John Fitzgerald, personificazione della violenza, del tradimento, del razzismo, davvero un’ira di Dio in forma di uomo perfido senza cuore.

In effetti, Revenant non si può dire un western, ma piuttosto una saga ossessiva sul male che alberga tanto nei luoghi invivibili, quanto tra le esperienze più dissennate di una realtà da incubo. C’è ad esempio, l’impressionante lotta all’ultimo sangue dello sfortunato Glass con un mostruoso grizzly, ci sono gli scontri senza scampo con eventi e uomini di maligna cattiveria. E, oltre a tutto ciò, si fa largo una superstite risorsa dell’irriducibile Hugh di cavarsela sempre e comunque, grazie al suo indomito coraggio e alla sua ferma convinzione di sopravvivere contro tutto e tutti.

E così sarà, in definitiva, poiché Inarritu tanto ha deciso originariamente. L’elemento di maggior interesse di Revenant si risolve in conclusione nell’estremizzazione della violenza cui sono stati asserviti i pur bravi interpreti: dal disciplinato Leonardo Di Caprio, prodigatosi ai limiti della sopportazione a strapazzi fisici e psicologici anche in vista di un possibile Oscar (dopo il già acquisito Globe) al luciferino Tom Hardy nel ruolo del nemico giurato.

In fin dei conti un film enfatico, esasperato che se da un lato vuol prospettare, moralisticamente, un’esemplare lezione storica sui guasti, le soperchierie che la conquista del West costò ai popoli e agli scorci naturali; dall’altro Revenant proprio per la concitazione dei mezzi espressivi privilegiati da Inarritu, approda al massimo ad una drammaturgia dell’eccesso. E niente più.