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Sauro BORELLI- Il discepolo di Douglas Sirk (Tod Haynes realizza “Carol”, da un romanzo di Patricia Highsmith)

 

Il mestiere del critico



IL DISCEPOLO DI DOUGLAS SIRK

 

Todd Haynes realizza “Carol”, da un romanzo di Patricia Highsmith

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“… il fascino del tuo riso. A me questo | sconvolge il cuore in petto; | ti vedo appena e non mi riesce | più di parlare, | la lingua si spezza…” : questi pochi versi di Saffo, la celebre sacerdotessa di Afrodite vissuta nell’isola di Lesbo tra il 630 e il 570 a.C., possono essere citati come epigrafe del tutto pertinente del film Carol, nuova fatica di Todd Haynes, sapiente cineasta di sindromi sentimentali (tanto da essere tenuto in conto di seguace del già celebrato maestro di melodrammi del passato, Douglas Sirk) e collaudato pilota di attori sperimentati. Accade anche in Carol ove Cate Blanchett, superlativa nel ruolo di una signora altoborghese, e Rooney Mara, impeccabile in quello di una modesta commessa a Manhattan, si misurano con uguale maestria in una storia passionale dai contorni tormentosi, inquietanti.

Certo, il richiamo a Saffo risulta soltanto marginale, poiché qui – oltre 2500 anni dopo la grande poetessa greca – non si constata alcuna eccentricità sul fatto che una donna possa accendersi di sincera passione per un’altra donna, benché siano assurdamente ben vivi pregiudizi e veti ancora oggi in tanta parte di un’opinione pubblica fuorviata e conformista. È un dato assodato, peraltro, che particolarmente in questi ultimi anni il cinema, il teatro, la letteratura in genere si incentrino sempre più su casi, vicende, personaggi connotati da racconti, ricordi, testimonianze che si rifanno a problematiche omosessuali. D’altronde, anche sul piano sociale e civile tali stesse questioni si prospettano oggi con sempre più frequente e urgente attualità.

Carol, per la precisione, prende le mosse dal noto romanzo di Patricia Highsmith The Price of Salt che, appunto, Todd Haynes, ispirandosi vagamente ai suoi “maestri” prediletti del “melo” Douglas Sirk e Rainer Werner Fassbinder, ha trascritto con zelante, azzeccata circospezione.

In Carol il teatro dell’azione dislocato negli anni Cinquanta tanto il décor esteriore quanto costumi e scenografie ricalcano puntigliosamente i modelli dell’epoca. In inspecie, la figura di Carol (Cate Blanchett) compare qui come una sofisticata, facoltosa signora dalla silhouette elegante, sempre controllatissima (nel vestire, nel gestire, nell’eloquio) che posta di fronte, a scelte personalissime – il distacco dal marito ottusamente autoritario, la rivendicazione della libertà esistenziale e sessuale contro ogni condizionamento – agisce con risolutezza ma non senza tormento e incertezze angoscianti.

Il dramma di Carol, in effetti, è tutto addensato nell’incontro con Therese (Rooney Mara) una ragazza poco più che adolescente incontrata – come una sorta di travolgente folgorazione – in un grande magazzino e presto disponibile ad un legame d’amore esaltante, dolcissimo. Ma, così come immediata è stata la corrispondenza di amorosi sensi tra Carol e Therese, altrettanto subitaneo è il sentimento contrastante che anima la più esperta signora (da sempre incline alle relazioni saffiche, nonostante il marito e una figlioletta) e la più sprovveduta e sensibile Therese, spesso disorientata, irresoluta a vivere quel suo amore fino all’incontro con Carol del tutto insospettato.

C’è anzi un discrimine radicale come Carol passa attraverso la crisi del suo matrimonio e la dedizione univoca, totalizzante con cui Therese percorre quella fase sconvolgente della sua trasgressione esistenziale. Tantoché mentre la prima si muove con agio e accortezza tra le insidie dell’ottuso marito, la giovane ex-commessa ormai emancipata anche grazie alla nuova professione di fotografa, patisce nell’intimo l’inadeguatezza della propria labile personalità a confronto con la ben consapevole Carol. Ma poi, in definitiva, l’amore autentico, quello appunto dei “melo” più fiammeggianti ha ragione di ogni ostacolo o difficoltà. Così che le cose, in fondo si ribaltano. La fragile, disorientata Therese prevale con il suo semplice punto di vista sulla più scafata Carol. E vissero felici e contente? Forse sì, forse no. Il loro amore comunque è stato soltanto loro. E tanto basta.