Sauro BORELLI- Epopea del Caos (il settimo episodio di “Guerre Stellari”)

 

 

Il mestiere del critico

 


L’EPOPEA DEL CAOS

Il settimo episodio di “Star Wars”

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Milano. Mercoledì 16 dicembre, ore 17:15. Il cinema Colosseo – uno dei pochi (forse il migliore) rimasto aperto nella zona del centro – è gremito di piccole pattuglie di bambini, di adolescenti, accompagnati da madri e da qualche padre (piuttosto imbarazzato tra tanti giovani). Oggetto di simile raduno dettato evidentemente dalla massiccia campagna promozionale e da un passa-parola altrettanto efficace, è la “prima” dell’atteso film Star Wars-7° episodio della celeberrima saga inventata da George Lucas oltre quasi quarant’anni fa e proliferata via via nel tempo con grande soddisfazione di aficionados sparsi in tutto il mondo.

La consegna d’obbligo per ognuno degli spettatori convenuti per questo appuntamento risulta vistosamente l’ostentazione di “mostruosi” (per capienza) contenitori di pop corn provvisti di adeguati bicchieroni di Coca. L’attesa di entrare nella sala confortevolissima del cinema in questione appare quindi una sorta di mercato rimbombante di grida, urla, richiami che le più quiete mamme cercano vanamente di arginare.

Detto questo, dopo qualche po’ l’ingresso alla sala di proiezione comincia in un nuovo caos di ragazzi, pop corn e schiamazzi vari. E finalmente – dopo circa venti minuti di strombazzanti pubblicità – la proiezione di Star Wars prende avvio in tutto il suo fragore e fulgore. La platea degli spettatori accenna un applauso propiziatorio, ma poi si acquieta subitamente in un atteggiamento addirittura catatonico. Anzi, come abbiamo constatato più volte, gli sguardi appaiono fissi, allucinati, i lineamenti tesi, attentissimi: insomma è davvero cominciato il rito sacramentale delle avventure di Han Solo, di Luke Skywalker del generale Hux, della principessa Leia e di tutta la folla di personaggi bislacchi abitatori bellicosi di scardinati mondi sempre più in guerra per la prevalenza di quell’entità esoterica che è detta qui “la Forza”.

Ecco, esaurito l’antefatto di Star Wars, sullo schermo si snocciolano via via le gesta, le battaglie, gli scontri colossali tra armate di automi biancovestiti di corazze vagamente teutoniche – con quei caschi squadrati, quei mantelloni e le maschere neri – in contese esasperate e globali che non producono più di sfracelli ricorrenti, mentre gli eroi più celebrati e più temerari (persino i vecchi “droidi” delle precedenti puntate di Star Wars) si misurano in un’eterna guerra per il potere o soltanto per la pura sopravvivenza.

Tutto ciò – e fin dai più o meno riusciti film del passato dello stesso ciclo realizzati di volta in volta dallo stesso Lucas, da Laurence Kasdan, Richard Marquad e J. J. Abrams – ormai consolidato in una dimensione seriale di variabile consistenza viene oggi definito col termine di “epica”, pur se a guardare bene, nelle trascinanti, fragorose imprese degli eroi avveniristici di Star Wars l’epopea non c’entra quasi per niente. Nell’accezione più corrente infatti si intende per epopea la narrazione poetica di gesta eroiche, spesso leggendarie. Ebbene, in Star Wars, a dirla in modo schietto, la poesia e ancor più l’eroismo risultano esclusivamente nell’aspetto esteriore più baracconesco che davvero esaltante. In effetti si avverte, al più, l’enfasi, il parossismo di determinate imprese che non l’effettuale intensità di fatti, personaggi, vicende alquanto fantasiose e basta.

Qui, in realtà, a voler bene indagare a fondo si scopre con precisione l’autentica sostanza dell’originaria “invenzione” di George Lucas – ampiamente gratificato per la propria intraprendenza creativa – risalendo alle caratteristiche “cinematografiche” primarie della settima arte. È più che noto, in realtà, che il cinema può vantare in origine la matrice di “spettacolo da baraccone”, e che soltanto coi Lumière e con Mèliés si è strutturato come espressione artistica ben definita. Va, peraltro, precisato che mentre i Lumière hanno puntato sui dati del reale, Mèliés si fiondò subito sugli aspetti più favolistici e ilari del nuovo mezzo mediatico. Di qui l’insorgenza di distinzioni e generi ormai consacrati: il dramma, la commedia, il mélo, l’umorismo scatenato e via moltiplicando in una rincorsa a perdifiato tra avventure sempre più azzardate.

Ed è appunto in questo ambito che va fatto risalire l’elemento originario della fortuna del cinema di George Lucas. Questo cineasta, infatti, rappresenta – come è stato acutamente sottolineato – “una tendenza fondamentale dell’industria cinematografica dell’ultima generazione: niente più impronta autoriale né interpretazioni memorabili, ma spettacolo, emozione e soprattutto un nuovo modo di ‘fare’ e di ‘vedere’ il cinema, grazie ai prodigi degli effetti speciali…”. Forse si spiega così perché orde di piccoli (e grandi) spettatori, armati di pop corn e coca giganti, accorrano in massa per “fare” e “vedere” anch’essi, per la loro parte, le gettonatissime Star Wars di George Lucas, per celebrare, questa sì, una eccentrica “epopea del caos”.

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