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Sauro BORELLI- Il passato non passo (“45 anni” un film di Andrew Haig)

 

Il mestiere del critico



IL PASSATO NON PASSA

 

“45 anni” il nuovo film di Andrew Haig

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Venezia 1987, settembre, 54° Mostra internazionale del cinema. Ci fu affidato, in quell’occasione, il compito di intervistare Charlotte Rampling allora giurata alla stessa manifestazione e, di più, interprete del film di Iain Softley The wings of the Dove. Nel caso particolare, sbalestrati di fronte a questa signora fuori dallo schermo del tutto sconosciuta a noi personalmente, avemmo a scrivere: “Potrebbe essere etrusca. Quel sorriso appena increspato, lo sguardo brillante le danno un’espressione enigmatica, impenetrabile. È gentile, quasi cordiale. Comunque, distaccata, blasée: sembra guardare il mondo da una balaustra lontana e da quella posizione trarre giudizi spesso non benevoli sul prossimo, sull’universo mondo. Vis à vis , Charlotte Rampling si rivela in effetti meno etrusca, meno inaccessibile. È soltanto filosoficamente disincantata”.

Ora, 2015, sugli schermi nel film del regista-produttore Andrew Haig (già accreditato di Greek Pete e Weekend) Charlotte Rampling appare – anche per l’oggettiva fisionomia del personaggio che interpreta, una settantenne sensibile e inquieta – decisamente fanée, seppur dotata di una particolare attrattiva tra matura bellezza e intensa espressività.

Ci siamo qui dilungati sul conto di questa attrice inglese sessantanovenne poiché nella sua nuova prova, appunto in 45 anni , fianco a fianco con un altro mirabile attore inglese Tom Courtenay, poco meno che ottantenne si produce in un cimento professionale che ha davvero del portentoso, tutto giostrato come è il gioco delle parti tra i due – la prolungata convivenza e i subentranti scompensi provocati da un evento del tutto imprevisto – con una sapienza drammatica, una finezza psicologica assolutamente inarrivabili ( non a caso entrambi Orsi d’argento a Berlino 2015).

In estrema sintesi, questa la vicenda di 45 anni. Kate e Geoff Mercer sono una attempata coppia borghese che vive in un piccolo centro nella loro dimora segnata dalle consuetudini, dagli eventi quotidiani. Lui, cinque anni prima, è stato operato al cuore ed è, in ordine a questo precedente, che Kate e Tom, celebreranno per il 45° anno la loro unione, organizzando con i numerosi amici una debita cerimonia.

Una settimana prima della scadenza dell’anniversario, tuttavia, una lettera dalla Svizzera annuncia la singolare notizia che, a causa del forte disgelo, è stato ritrovato (pressoché intatto) il corpo di una ragazza, già compagna in gioventù dello stesso Tom, profondamente turbato da quell’imprevedibile novità. Anche perché nei lontani anni quel rapporto tra i due giovani sarebbe sfociato presumibilmente nel matrimonio se la ragazza non fosse caduta accidentalmente in una scarpata.

Tutto questo intrico di vecchie storie precipita come una tetra fatalità sulla esistenza fino allora monotamente tranquilla dei coniugi Mercer provocando via via sconnessure e malintesi dove prima regnava la più piatta armonia. In particolare Kate avverte, con risentimento crescente, quello scorcio del passato di Tom fino ad allora taciuto, pur legata a quell’uomo da un sentimento sincero, tende a vivere, come una diminuzione del proprio ruolo di moglie, determinata da quel lontano evento doloroso.

I giorni e le notti, i fatti contingenti e l’affetto più saldo tutto è condizionato da questo inaspettato stato delle cose. E tanto Kate quanto il più introverso Tom si adattano tormentosamente al trascorrere della settimana che li separa dalla festa per il loro 45° anno di matrimonio. Festa che sarà prevedibilmente calorosa, pienamente riuscita con la folla dei loro amici, ma che, nel profondo, segnerà indelebilmente come una ferita insanata l’incombere di quella ragazza morta in gioventù.

Film di calibratissima fattura, del tutto indenne da tentazioni mélo o da enfasi deprimenti, 45 anni è un altro di quei lungometraggi inglesi che, a scadenza quasi rituale, approdano sugli schermi europei, mettendo in ombra con autorevole maestria tanti, troppi tonitruanti giocattoloni made in USA. E questo grazie anche all’etrusca Charlotte Rampling