Sauro BORELLI- Nel vortice della commedia (“Tutto può accadere a Boadway”, un film di P. Bogdanovich)


Il mestiere del critico

 


NEL VORTICE DELLA COMMEDIA

“Tutto può accadere a Broadway”, il nuovo film di Peter Bogdanovich

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Peter Bogdanovich, oggi veleggiante tra i settanta e gli ottanta anni, vanta un curriculum più che prestigioso come storico e critico del cinema, come giornalista di valore, come regista di film davvero considerevoli (L’ultimo spettacolo, Ma papà ti manda sola, E tutti risero, ecc.) ed anche incongruamente di una discontinuità creativa singolare. Ora, dopo più di un decennio di silenzio, se ne viene fuori con il suo nuovo film Tutto può accadere a Broadway ove recupera e rimodella tanti motivi ricorrenti nel suo cinema: la passione inguaribile per lo schermo, le sapide situazioni agroilari, i personaggi, le vicende di una umanità sbrindellata e tenera sempre intenta ad amarsi e a prendersi in giro in un eterno balletto esistenziale.

Tutto può accadere a Broadway è una sorta di caleidoscopio coloratissimo e spiritoso che mutua le proprie precipitose storie tanto dal classico Lubitsch quanto dal più ravvicinato Woody Allen qui mischiati in un racconto tipico della screwball comedy degli anni Venti-Trenta della più collaudata Hollywood incline alla rappresentazione grottesca tutta giocata sulla maestria di interpreti di talento e sui casi ai margini dell’iperbole umoristica.

Qui, in questo ritorno brillantissimo di Bogdanovich, il supporto narrativo della vicenda è interamente giostrato su mezza dozzina di personaggi segnati ognuno per un verso o per l’altro dalla bizzarria, dalla finta ingenuità, dal dispotismo e da un colossale egocentrismo. L’esito di tante e tali caratteristiche non può, dunque, che sfociare in un furioso, ininterrotto bisticcio tra situazioni e figure eccentriche, rovinosamente inconcludenti. Pur se l’epilogo del film suggerisce appunto che nonostante ogni intoppo “tutto può accadere a Broadway”, cioè il faticato spettacolo previsto in origine vada comunque in scena.

Perché di questo si tratta, in buona sostanza. Arnold Albertson (interprete l’eclettico Owen Wilson) è un volitivo teatrante che sta preparando la messa in scena di una commedia un po’ pruriginosa. Nel frattempo, gli capita di sollecitare l’avvenente escort (volgarmente una “squillo” d’alto bordo) Isabella Izzy Patterson (Imogen Potts) ad interpretare proprio la parte di una prostituta nel suo stesso spettacolo. Tutto è precipitoso, ingarbugliato – anche grazie a dialoghi vertiginosamente spiritosi –:tanto che nella pur embrionale vicenda si inseriscono presto la moglie del medesimo teatrante, un intrigante attore-produttore, una attrice più che permalosa, una strizzacervelli nevrotica e intollerante (un pezzo di bravura personale di Jennifer Aniston). Così di equivoco in equivoco, la “rappresentazione” prende corpo, dentro e fuori la scena, trascinando e travolgendo in un parossismo tra il comico e il patetico tutto convincente.

C’è da sottolineare che questo felice ritorno alla regia di Peter Bogdanovich non costituisce soltanto un evento da salutare con la più cordiale soddisfazione ma altresì con un plauso ampiamente meritato quale quello tributatogli da Pedro Armocida (su Ciak): “… inevitabilmente la settima arte, nella versione storicizzata dei generi cinematografici, è presente in tutti i suoi film, che però non sono omaggi sterili alla tradizione ma vere e proprie forme e modalità espressive senza tempo. Non fa eccezione questa splendida commedia degli equivoci che ha il suo punto di forza in una sceneggiatura di ferro interpretata da un coro di magnifici attori”.

 

 

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