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Anna DI MAURO- In quel ‘profondo nord’…(“Per una giovinetta che nessuno piange” di R. Mainardi.Teatro Istrione.Catania)

 

 

Lo spettatore accorto

 


IN QUEL ‘PROFONDO NORD’, CHIUSO E OSTILE

Una lontana opera di Mainardi, “Per una giovinetta che nessuno piange”, di scena al Teatro Istrione di Catania

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“ Per una giovinetta che nessuno piange” , dimenticata opera  di Renato  Mainardi,  ritorna in scena al Teatro Istrione di Catania, con la regia di Valerio Santi, dopo l’esordio, nell’unica rappresentazione del 1972, per la regia di Arnoldo Foà. L’oblio è sceso  anche sulle altre sette opere che costituiscono la drammaturgia  dell’autore, di origine veneta, cimentatosi anche in svariati soggetti cinematografici.

In una sordida stanza-sartoria, una sordida coppia  di mezza età  si intrattiene in deliranti  verbosità dai sapori sadomaso. Gilda( La convincente Raniera Ragonese), una sartina apparentemente remissiva, cerca di conversare con  Bartolo, ( Valerio Santi) un pittore dai modi bruschi ed aggressivi, che la maltratta vistosamente. Fin qui nulla di nuovo sotto il sole. Si scoprirà in progress che lui, ahinoi! ha un debole per le ragazzine, vittime del suo voyeurismo dai  risvolti  ovviamente inquietanti. A scuotere il pantano è l’ultima delle fanciulle che i coniugi adottano abitualmente, complice Gilda, morbosamente legata al suo uomo, affetto da siffatto difetto, da lei protetto al di là di ogni comprensione possibile. La sedicenne Elviretta,( Simona Manuli) tenterà di sottrarsi alle insane carezze del quasi padre, con l’aiuto dell’algida Lorenza ( Marina La Placa), altra vittima di Bartolo e ormai sua acerrima nemica, infelicemente sposata a Giulio (  Francesco Russo)

I due  la ospiteranno nella loro casa, sconvolgendo un rapporto di coppia  già dissestato. Il  marcio genera marcio? L’analisi del degrado a cui conduce un Egoismo imperante e dilagante è la cifra di una storia non priva di incongruenze, sfasature, dettagli poco edificanti che progressivamente si aggiungono  e si impastano per comporre un quadro desolato, tra gli squallidi sentimenti e sfaccettature perverse di Gilda, i pietosi e poco credibili tentativi di redenzione da parte dell’anziano che ora si finge paralitico per impietosire le procaci  fanciulle, i tentativi reiterati delle giovani vittime di sottrarsi al loro triste destino, la seduzione di Giulio da parte di Elviretta. e  infine il tentativo salvifico dell’amico di famiglia, Giovanni (Concetto Venti). Indietro non si torna. Il danno è fatto. La redenzione è lontana, ma non impossibile: unica, fioca luce, in questo oscuro  e minaccioso gorgo.

La regia ha puntato su un’atmosfera cupa, accesa dal grottesco che fa capolino nel trucco e nei manichini malamente impiccati, greve fardello  di un Fato irreversibile. Il malessere serpeggia in questo labirinto scarsamente illuminato di vittime e carnefici, per  affiorare nei gesti, nelle parole, nelle scene. Nel buio livido  un’umanità dolente consuma il suo ennesimo dramma,  scavando nel pozzo della propria anima. Questa tensione risulta efficace nella prima scena con qualche effetto di suspense e di  tensione drammaturgica, mentre il resto  della pièce diluisce il dramma annunciato, macinando verbosità  avviluppate intorno al ramo secco dell’ennesimo oltraggio denunciato e sviscerato. Non ci sono spazi per le  lacrime, eppure  si invoca pietà per la fanciulla oltraggiata, per tutte la fanciulle oltraggiate.

Da questo labirinto è difficile uscire e la speranza del riscatto non ci consola, se non per poco.

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“Per una giovinetta che nessuno piange”

Di Renato Mainardi    Regia : Valerio Santi.