Tradizione e cambiamento, due volti del medesimo delirio. “La casa dei Rosmer” al Teatro Metastasio

Tradizione e cambiamento, due volti del medesimo delirio. La casa dei Rosmer al Teatro Metastasio 

@ Mattia Aloi, 27 marzo 2024

foto di Ilaria Costanzo

Un brusio di frasi riecheggianti si confonde con il frusciare delle ali di corvi e gufi nell’incipit de “La casa dei Rosmer”. In questa prima nazionale diretta da Elena Bucci in collaborazione con Marco Sgrosso il testo ibseniano assume tinte fosche degne di una storia di fantasmi del diciannovesimo secolo; tuttavia la morte non riguarda solo i vivi: a soccombere per mano del drammaturgo norvegese sono gli ideali dei personaggi, che si sviliscono e corrompono man mano che l’intreccio si dipana. Ibsen ha vaticinato quanto ci tocca di vivere quotidianamente: la politica, priva di scrupoli etici, che brandisce qualsiasi bandiera utile a perseguire l’interesse personale. Peder Mortensgaard viene definito l’uomo senza ideali: si dichiara progressista, ma per arrivare al potere è pronto a manipolare le informazioni; il rettore Kroll da parte sua difende strenuamente la posizione sociale raggiunta e rifiuta ogni possibile cambiamento che potrebbe nuocere allo status quo, arrivando al ricatto nei confronti dell’amico. L’ex pastore Johannes Rosmer cerca il rinnovamento e la giustizia allontanandosi da una fede pietrificata dai chiusi rituali di una società ottusa, materialista e priva di slanci spirituali, però la sua candida trasparenza lo rende facile vittima delle macchinazioni e disarmato nei confronti dei disonesti. Rimarcabile l’interpretazione di Emanuele Carucci Viterbi nei panni del rettore Kroll: la sua figura austera dà forma all’immutabilità del pensiero, mostrandoci quanto la difesa a oltranza di una “tradizione” moralista e costrittiva sia in realtà la peggior nemica di ciò che costituisce l’essenza umana, ossia l’elaborazione incessante  del passato, della memoria, per trarne insegnamento, per riconoscere la potenza arcana dei luoghi, per arrivare a convivere con i morti, con i fantasmi. Impresa che non riesce, a dire il vero, neppure a Rosmer, instabile, schiacciato dal senso di colpa per il suicidio della moglie, animato da un fanatismo che è l’altra faccia di quello rappresentato da Kroll.

La scenografia è ridotta all’osso, composta di luci e ombre e poche sedie, evocata a ogni cambio scena dagli stessi personaggi che attraverso le parole descrivono l’ambiente circostante.

Elena Bucci sceglie di portare in scena una Rebecca West trasognata, sconvolta dal cambiamento provocato dall’abiura di Rosmer: il candore velleitario di lui ha contaminato l’ambizione della donna portandola a un conflitto esistenziale: i sospiri a ogni frase, gli svolazzi delle vesti la dipingono come se si trovasse in una illusione sognante simile allo stato di Wahnstimmung precedente al delirio; ed è forse dentro questo delirio che i personaggi eseguono movenze e versi ornitologici.

Dietro La casa dei Rosmer, al di là degli accenti tragici, abbiamo a momenti la sensazione di intravedere il sorriso di Cervantes che accompagna sempre gli eccessi di nobiltà ed eroismo delle “anime belle”.

LA CASA DEI ROSMER

da Henrik Ibsen
progetto ed elaborazione drammaturgica Elena Bucci e Marco Sgrosso
regia di Elena Bucci, con la collaborazione di Marco Sgrosso
con Elena Bucci (Rebecca West), Marco Sgrosso (Johannes Rosmer)
e con Emanuele Carucci Viterbi (Il rettore Kroll), Francesco Pennacchia (Ulrik Brendel, Madama Helseth), Valerio Pietrovita (Peder Mortensgaard)
disegno luci Daria Grispino
drammaturgia sonora e cura del suono Raffaele Bassetti
collaborazione al progetto e aiuto regia Nicoletta Fabbri
scene Nomadea
costumi Marta Solari
realizzazione costumi e collaborazione Marta Benini
con l’aiuto di Manuela Monti

produzione Teatro Metastasio di PratoCentro Teatrale Bresciano, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
in collaborazione con Compagnia Le belle bandiere, sostenuta da Regione Emilia Romagna e Comune di Russi

 

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