“Che gelida manina…” Realtà e sogno nella modernità della pucciniana Bohème, al Bellini di Catania

“Che gelida manina…” Realtà e sogno nella modernità della pucciniana Bohème, al Bellini di Catania

@ Anna Di Mauro, 30-11-2022

Scelta per aprire la stagione dell’Ente lirico catanese, “La bohème” il capolavoro di Puccini continua a emozionare con la sua carica musicale sovversiva e il suo contenuto intriso di  spensieratezza e malinconia. L’esuberante Rodolfo e la timida Mimì, i due protagonisti, incarnano i sogni di gioventù e la loro pietosa fine, sulle note esuberanti e struggenti di una partitura generosa e complessa che ne esalta il significato.

La fulminea Ouverture apre scenari di gelida povertà, mentre due giovani artisti si scaldano malgré tout al sole della loro allegria. Rodolfo il poeta e Marcello il pittore in una fredda soffitta parigina nel 1838, vivono i loro talenti al lume di candela, insieme all’amico musicista Schaunard e al filosofo Colline che li raggiungono con qualche spicciolo e una bottiglia, dialogando scherzosamente e bevendo accanto a un fuoco che non riscalda, pur se alimentato dalle pagine dei versi di Rodolfo. Dopo la sgradita visita del padrone di casa, liquidato con una scusa, gli squattrinati amici decidono di andare a cenare al Café Momus. Rodolfo si attarda. Niente scalderà il suo corpo e il suo cuore, fino all’arrivo della bella Mimì, vicina di casa, giovane e modesta ricamatrice di fiori, con i segni della tisi, che si intrattiene amabilmente con il poeta con cui decidono di andare insieme a raggiungere gli amici. Al Café giunge anche Musetta, vecchia fiamma di Marcello, accompagnata dal suo anziano e ricco accompagnatore; la ragazza farà di tutto per attirare l’attenzione di Marcello e rinverdire il fuoco della loro passione. L’amore visiterà così le due coppie che, dopo i primi entusiasmi però si ritrovano a litigare, tra paure e gelosie, fino al punto di separarsi. Si riuniranno al capezzale della morente Mimì, vinta dagli strali della tubercolosi, acuita dall’inospitale alloggio che Rodolfo avrebbe voluto la sua amata lasciasse, inscenando la fine di un sentimento che si rivelerà forte e profondo sul letto di morte della sfortunata giovine.

Storia romantica a sfondo biografico “La bohème”, strutturata in quattro atti-quadri, pare sia nata da una sfida tra Puccini e Leoncavallo. Musicata tra il 1893 e il 1895, su libretto di Illica e Giacosa, ispirato al romanzo “Scene della vita di Bohème” di Henry Murger, 1851, da Giacomo Puccini, inesorabilmente attratto dal tema, che aveva effettivamente vissuto la sua bohème a Milano, l’opera non ebbe inizialmente buona accoglienza da parte dei giornalisti, stroncata per il contenuto originale e le novità della musica. Il mondo invece ne celebrò la gloria. L’atmosfera scanzonata e goliardica dei giovani artisti che si tinge di tragedia davanti alla povertà e alla malattia della povera Mimì, assurge a emblema della precaria condizione delle donne single e del loro destino in un secolo dove le prime lotte femministe per l’emancipazione della donna si facevano strada faticosamente. I fermenti dell’arte e della condizione femminile trovano nella musica di Puccini quella spontaneità e naturalezza che ha il sapore dell’improvvisazione, tra l’elegiaco e il faceto, in una evidente sperimentazione che contraddistingue il percorso del musicista lucchese e che in quest’opera emerge in particolare con l’uso innovativo degli a solo, dei duetti e dei concertati. In una ricerca dedicata all’opera la partitura fu definita una delicata pittura musicale da Pietro Busolini, studioso e appassionato maestro che diresse la Bohème a New York nel 2012. La predilezione degli gli archi per i protagonisti Rodolfo e Mimì, dei legni per Musetta e per gli altri bohèmiens, del complesso da camera per le scene di intimità tra gli amanti, sottolineano la ricerca attenta e minuziosa di un compositore che alla romantica armonia ottocentesca conferisce dissonanze spesso in dissolvenza, pur utilizzando alcune tonalità principali, dal do maggiore del primo quadro al fa maggiore del secondo quadro, al si bemolle maggiore  dell’ultimo quadro per chiudere con il do diesis minore.

Le due celeberrime arie “Che gelida manina” e “Mi chiamano Mimì…” sono tra le più belle mai concepite, per ricchezza e varietà di modulazioni, e caratterizzano l’intera opera riproponendone la melodia nei punti nodali della composizione, che presenta una struttura circolare.

L’opera si avvale delle belle voci, pure e potenti quelle di Valeria Sepe e di Giorgio Berrugi, delicata e vibrante quella di Musetta di Jessica Nuccio, del coro e dell’orchestra del Teatro Massimo di Catania, della regia di Mario Pontiggia, condotta sul filo della tradizione, che punta sul contrasto tra la vita reale e il sogno, creando atmosfere divergenti, enfatizzando la fanfaronaggine dei giovani artisti accostata alla poesia della struggente storia d’amore di Rodolfo e Mimì. Nel primo quadro una soffitta squallida e incolore ospita giovani artisti spensierati e vede la nascita dell’amore tra Rodolfo e Mimì, per poi aprire nel secondo quadro uno scenario vivace, variopinto, festoso, affollato della vita parigina, dei café chantant, in un trionfo dell’amore e altri sogni. Nel terzo quadro un esterno grigio e freddo sottolinea l’incrinarsi del sogno con l’acuirsi della malattia di Mimì, la crisi delle coppie, la separazione. Nell’ultimo quadro speculare al primo, di nuovo la soffitta dove in un romantico epilogo le coppie si ritrovano a primavera, ma la gioia effimera dell’amore ritrovato si spegne sul letto di morte di Mimì, falciata dal gelido inverno.

In quel “sono andati…” c’è tutta la sua piccola tenera anima senza domani che chiude il cerchio dell’opera, emozionante metafora della vita.

 

La bohème

Opera in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica

Musica di Giacomo Puccini

Mimì Valeria  Sepe  (26, 29,1, 4),  Mihaela  Marcu  (27, 30, 2, 3)
Musetta
Jessica  Nuccio  (26, 29,1, 4),  Eugenia Vukkert  (27, 30, 2, 3)
Rodolfo 
Giorgio Berrugi (26, 29, 1), Zi-Zhao Guo (30, 2), IvánAyón-Rivas (4), David Astorga (27, 3)
Marcello Vincenzo Taormina, Luca Bruno
Schaunard 
Italo Proferisce, Enrico Marrucci
Colline 
George Andguladze, Ugo Guagliardo
Parpignol 
Riccardo Palazzo
Benoit, Alcindoro 
Andrea Tabili

Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini
Coro di voci bianche Interscolastico “Vincenzo Bellini”

Direttore Fabrizio Maria Carminati
Maestro del coro Luigi Petrozziello
Maestra del coro di voci bianche Daniela Giambra

Regia Mario Pontiggia

Scene Antonella Conte
Costumi Francesco Zito
Luci Bruno Ciulli
Assistente regia Luca Ferracane
Assistente ai costumi Giovanna Giorgianni
Direttore degli allestimenti scenici Arcangelo Mazza

Allestimento del Teatro Massimo di Palermo

Al Teatro Massimo Bellini di Catania