Poliziotto buono e poliziotto cattivo. ‘Richard Jewell’ di Clint Eastwood

Poliziotto buono e poliziotto cattivo. ‘Richard Jewell’ di Clint Eastwood

@ Loredana Pitino (20-01-2020)

27 luglio 1996. Ad Atlanta, in Georgia, si stanno giocando le Olimpiadi, la città è in festa ed è piena di iniziative per l’evento: concerti, spettacoli, happening ecc. L’organizzazione di tutto questo richiede un grande sforzo per gestire il servizio di sicurezza.

Richard Jewell è un vigilante, di turno all’Olimpic Park dove avvenne il primo di una serie di attentati terroristici negli USA degli anni Novanta.

Richard è un uomo semplice, appassionato del suo lavoro che ha sempre avvertito come una missione perché è convinto di dover proteggere tutti e tutto e che sia suo compito mantenere l’ordine. Ha subito, nel corso della vita, angherie e insulti per l’aspetto fisico, per il sospetto di omosessualità, per l’assoluta integrità. Perciò vive isolato, circondato soltanto dall’amore incondizionato della madre e dall’affetto dell’unico amico. E’ costretto a cambiare più volte mansione, sempre accusato ingiustamente e declassato di ruolo. Per questo cerca di colmare la sua frustrazione anche se non manifesta mai la rabbia interiore e la delusione che prova.

Quella sera, come sempre, svolge il suo compito di sorvegliante con dedizione e senso del dovere (non dovrebbe essere in servizio perché sta male); è il primo a comprendere la presenza di una bomba e a rischiare in prima persona per avvisare la polizia e mettere in salvo le persone che lavorano e quelle che si stanno divertendo. Ci riesce, grazie a lui quella sera non avvenne una strage. Diventa un eroe, per due giorni.

Per soli due giorni vive l’emozione di sentirsi un eroe e come tale viene assalito dai media che lo vogliono osannare per prendere l’onda dell’opinione pubblica. Ma l’FBI ha bisogno di un colpevole, ne ha bisogno subito e decide di far cadere i sospetti su Richard. Ne costruisce un profilo perfetto per creare il capro espiatorio, ripercorre tutte le tappe della sua vita, cerca indizi nelle testimonianze di chi lo aveva conosciuto e frainteso nel corso della sua vita. L’FBI capovolge il suo destino, con la complicità dei media, soprattutto di una giornalista cinica e disposta a tutto, a qualsiasi compromesso, anche vendere il proprio corpo, che non si fa scrupolo di distruggere la vita di Richard e di sua madre.

La sorpresa di questo film, la sua bellezza, sta nella scelta di Clint Eastwood, produttore e regista, di creare un personaggio sprovveduto, innocente, ingenuo; di una ingenuità disarmante. Quando Richard si vede accusato non comprende cosa gli stia succedendo, non riesce a capire che dei rappresentanti dello Stato, le guardie federali che lui aveva sempre considerato degli idoli, possano nuocergli. Si difende dicendo che quella sera aveva fatto solo il suo lavoro, ma non basta. Si rivolge a un avvocato, l’unico fra i suoi superiori che gli abbia dimostrato un po’ di stima nel corso degli anni e che non lo abbia mai chiamato “palla di lardo, omino Michelin”…come tutti, sempre.

L’avvocato lo salva, scontrandosi con Richard (sono esattamente due opposti che si attraggono), con la sua ingenuità, con quel suo naturale bisogno di dire sempre la verità e di continuare a credere che gli agenti siano brave persone, rappresentanti dello Stato.

Propro il disarmante candore mette in pericolo Richard, lo rende vulnerabile, facile preda dei giochi sporchi degli agenti federali. Ma Eastwood trasforma il suo punto di debolezza in punto di forza; mentre combatte per smontare tutti gli indizi, anche l’avvocato comincia a giocare con i media per usarli a vantaggio del cliente, mette in gioco anche la madre in una conferenza stampa toccante, talmente toccante che la stessa giornalista cinica e arrivista si commuove e comprende di aver sbagliato. Mentre il suo avvocato lotta con rabbia e volontà di giustizia, Richard fa crollare i capi d’accusa con la sua caparbia rettitudine morale. Il finale è sorprendente perché non è la forza a vincere, non è l’inganno, non è l’astuzia ma la verità e l’autenticità di un uomo semplice e sicuro della sua innocenza.

Eastwood ha portato sugli schermi una storia vera e l’ha raccontata con uno stile asciutto, utilizzando una forma narrativa di tipo televisivo, per citare i network degli anni Novanta, nel momento in cui l’invasione di alcuni colossi dell’informazione come la CNN dilagava sugli schermi in tutto il mondo invadendo le nostre case.

Molto bravo, più che convincente, Paul Walter Hauser nel ruolo di Richard, con il suo fisico ingombrante, frustrato ma con una grande dolcezza nello sguardo, garante e custode dell’ordine, amante delle armi ma gigante buono, non corrotto nemmeno dal male che lo ha colpito sin dall’infanzia. Costringe lo spettatore a volergli bene, per quel nitore morale che sembra stupidità.

Il ruolo della madre è ricoperto dalla potente, nella sua tenerezza, Kathy Bates, candidata all’Oscar come attrice non protagonista per questo film.

Ironico, concreto e di grande forza Sam Rockwell nel ruolo dell’avvocato pieno di rabbia, lui sì, ma risoluto ad aiutare Richard.

Questa storia vera assomiglia a tante storie simili, presenti nei fatti di cronaca dall’Affaire Dreyfus ai nostri giorni e presenti nel cinema da Quarto potere di Orson Welles a Tutti gli uomini del Presidente, solo per citarne due celeberrimi, ma non assomiglia a nessuna di queste per la scelta di Eastwood di privilegiare una figura priva di aggressività che oppone soltanto una disarmante innocenza al cinismo di poliziotti dalla tempra discutibile.

RICHARD JEWELL

Regia di Clint Eastwood

Interpreti:

Paul Walter Hauser: Richard Jewell

Sam Rockwell: Watson Bryant

Kathy Bates: Barbara “Bobi” Jewell

Jon Hamm: Tom Shaw

Olivia Wilde: Kathy Scruggs

Dylan Kussman: Bruce Hughes

Wayne Duvall: esaminatore poligrafo

Mike Pniewski: Brandon Hamm

Nina Arianda: Nadya