Foto di gruppo con figura mancante. Riflessioni su Ercole Patti
Il 16 febbraio del 1903 nasceva a Catania Ercole Patti, poi morto a Roma il 15 novembre del 1976. E’ uno dei miei scrittori italiani preferiti e mi spiace che oggi, al pari di tanti altri, sia alquanto dimenticato. Lo scoprii in una libreria d’occasione in Via del Pellegrino a Roma, a due passi da Campo de’ Fiori, dove restai incuriosito da certi suoi romanzi editi da Bompiani. Più tardi ne trovai altri nel popolare remainders di Piazza San Silvestro ed infine in una libreria in Via Cola di Rienzo, a Prati. Inutile dire che nessuna delle tre esiste più.
Parlandone con Sandro Spinaci, un mio amico, appresi con piacere che anche lui ne era un ammiratore e così, intorno al 1980-’81 scambiammo spesso impressioni sull’autore, man mano che ne leggevamo le opere. Era un periodo in cui ci piaceva leggere romanzi ambientati a Roma e ripercorrerne i luoghi e gli ambienti descritti, seppure molti (ma in fondo non troppi) anni prima. Poi vidi il film tratto da Un amore a Roma, sceneggiato dal suo amico Ennio Flaiano, uno dei migliori di Dino Risi, come ebbi modo di dire parecchio tempo dopo allo stesso regista. Quel che più mi colpì a suo tempo in Patti è la Roma vista e percorsa con lo stupore ed il gusto di un provinciale che la abita, ma che non la dà per scontata. Come pure la descrizione della natìa Sicilia calda, sensuosa, peccaminosa, celata, furtiva di altri suoi romanzi che molto hanno ispirato il cinema, non sempre con intenti seri ed esiti felici.
Come dicevo, oggi, al pari di altri autori significativi, è piuttosto dimenticato. Mi spiace, tanto più invece che ad essere, seppur superficialmente, evocato e celebrato di continuo è l’ambiente artistico che lo vide tra i suoi esponenti di punta e la stagione che lo ebbe come protagonista. Mi riferisco all’ennesimo luogo comune di giornalisti orecchianti, al mito imposto dalla vulgata di un’epoca d’oro irripetibile, ovvero gli anni compresi tra il dopoguerra e il ’68 a Roma, quelli della rinascita culturale e civile, poi della cafè society, della dolce vita, della Hollywood sul Tevere. Un pout pourri che coinvolge Vacanze romane e Il Mondo, il Cafè de Paris e Rosati, Quo vadis? e La noia, le Grotte del Piccione e Poveri ma belli, le Olimpiadi del ’60 e la scuola di Piazza del Popolo, Accattone e La storia, il Doney e la trattoria Menghi, Palma Bucarelli e la bohème di Via Margutta, il delitto Bebawi e le feste dell’aristocrazia nera. Sopravvive il ricordo di Brancati, Palazzeschi, Cardarelli, Soldati, prospera l’annedotica su Flaiano. In calo il pittore Amerigo Bartoli, stazionarie le quotazioni invece di Mino Maccari. Mentre altri scrittori del gruppo come Sandro De Feo o l’outsider Libero Bigiaretti sono da tempo caduti nell’oblio. Un po’ come Ercole Patti, l’unico del gruppo a non abitare nella cintura del centro storico, ma nel quartiere borghese ed elegante di Prati e sempre per questo l’unico ad essersi dotato di un’automobile! Ma se foto di gruppo deve essere per forza, bisognerà reintegrare Patti al suo giusto posto. Ne guadegnerà chi scoprirà i suoi romanzi.