Addio a Bruno Ganz (Zurigo 22\3\1941 – Zurigo 15\2\2019), attore eponimo dei migliori anni della nostra vita
Mi ha sprofondato nella tristezza la notizia dell’improvvisa morte di uno degli attori che più ho amato nel corso delle intense stagioni della mia passione cinefila prima e poi, senza soluzione di continuità, della mia militanza critica.
Scoperto insieme con Edith Clever, cofondatrice con lui e con Peter Stein del celebre collettivo teatrale Shaubhune, nel film di Eric Rohmer, Die Marquise von O, mi affezionai a lui compenetrandomi nel protagonista wendersiano-highsmithiano di Der Amerikanische Freund. Se tutti oggi in tv, sui social e in parte anche sulla carta stampata, lo ricordano per Gli angeli sopra Berlino o per Pane e tulipani, quale Hitler o per i suoi titoli più internazionali, da Angelopoulos a Coppola, per me resta legato essenzialmente alla neue welle tedesca o comunque del cinema germanofono, penso a La donna mancina di Peter Handke, a Nosferatu di Herzog, a L’inganno, bellissimo film sulla guerra civile in Libano di Volker Schlöndorff, accanto ad Hanna Schygulla, a Il coltello nella testa di Hauff, a Bankomatt del connazionale svizzero Villi Hermann.
Lo conobbi di persona nel 1980 e scambiai brevemente ma non banalmente due chiacchiere con lui, profittando del suo cotè italiano e lo trovai affabile e spiritoso. Ci scambiammo anche simbolicamente due cadeaux improvvisati, solo per testimoniarci la reciproca istantanea simpatia, quando venne a Roma per promuovere Oggetti smarriti di Giuseppe Bertolucci, un film dimenticato e da rivedere invece, interpretato accanto ad un’altra icona dell’universo cinematografico a me coevo, Mariangela Melato, con cui ebbi la ventura di condividere, seppur brevemente un’esperienza professionale solo due anni dopo.
Sono contento di possedere in vecchi vhs da me pazientemente registrati, tutti i titoli citati. Trovarli nel bric à brac di casa mia non sarà facile ma ci proverò. Solo dopo una lunga caccia, vari anni dopo, riuscii invece a procurarmi in dvd il titolo che preferisco nella sua filmografia, Dans la ville blanche, coproduzione svizzero-portoghese di Paulo Branco, diretto dal suo connazionale Alain Tanner, da me scoperto al Premio René Clair del 1983. Da allora l’ho proposto più volte in cineforum e filmclub, facendo leva sulla sua rarità e l’accoglienza della platea è stata sempre di sorpresa e di ammirazione.
Ecco, se dovessi consigliare un film per celebrare Bruno Ganz, affettuosamente, in privato, la mia scelta cadrebbe sul personaggio del marinaio tedesco che decide di mollare tutto, di cambiare vita, di rigenerarsi in un nuovo amore perdendosi tra i vicoli e le piazze di Lisbona, la città bianca che vive in un’atmosfera mediterranea, abbagliata dalla luce atlantica.
Ringraziamo lo storico del cinema Ugo G. Caruso di averci consentito di utilizzare alcune riflessioni presenti sul suo profilo facebook.