La ragazza si chiamava Anna: una rievocazione per il giorno della memoria

La ragazza si chiamava Anna: una rievocazione per il giorno della memoria

BENEVENTO – Un narratore che traghetta il pubblico tra presente e passato accompagna lo spettatore tra gli spaccati contemporanei partendo dall’immagine di un’adolescente d’oggi alle prese con la scuola, i compiti, le prime cotte amorose e le mette in parallelo con Anna, una ragazza di inizio Novecento che viveva spensierata la sua gioventù: amava il cinema, collezionare foto di star e diventare una scrittrice, cosa che è accaduta con un libro che ha venduto tantissime copie. La ragazza in questione è Anna Frank, divenuta celebre per il suo diario che ha offerto una delle più conosciute testimonianze delle persecuzioni contro gli ebrei nel periodo nazista.

Anna Frank era di Francoforte, città che è stata patria delle più importanti personalità filosofiche come Kant, Kierkegaard, quindi uno dei luoghi del pensiero illuminato, della ragione, del rispetto dell’altro. In quella città, come anche nel resto della Germania imperversa l’odio per gli ebrei che culmina prima con le leggi razziali, poi con la deportazione nei campi di concentramento. Anna e la sua famiglia sono costretti a trasferirsi in Olanda, terra ospitale in cui vivere liberamente finché lo stato non viene invaso dai tedeschi. Questo obbliga la famiglia Frank a trasferirsi in un’area segreta dello stabile in cui vi è l’azienda di famiglia. Una prigionìa salvifica per scampare alla deportazione, ma la vita non è rosea, non possono fare rumori, uscire, il cibo è poco. Con loro vivono i signori Van Daan col figlio Peter. Infine l’ultimo arrivato è il signor Dussel. Nelle scene proposte, vengono offerti spaccati della difficile clausura, le speranze di una vita migliore, il confronto/scontro genitori e figli, l’amicizia tra Anna e Peter, ma anche gli attimi più drammatici con l’arresto da parte delle SS e la successiva deportazione.

Negli intermezzi narrativi continui i richiami storici e attuali, dall’omologia di olocausto (dal greco ὁλόκαυστος, bruciato interamente), alle manifestazioni di razzismo odierno come l’uso di certi termini da parte dei tifosi per ingiuriare una squadra calcistica avversaria, ma anche fatti che hanno coinvolto la città di Benevento durante il secondo conflitto: il caso di Maria Penna, partigiana sannita uccisa per la sua opposizione contro i nazifascisti.

Un’opera che ripercorre le vicende di una delle testimonianze più lette degli anni della persecuzione contro gli ebrei unita agli episodi relativi al territorio e al razzismo odierno. Uno spettacolo toccante, emozionante che spinge lo spettatore a una catarsi. Un invito a cogliere l’insegnamento di una memoria da portare con sé per non commettere gli errori che hanno comportato gravissime atrocità.

 

La ragazza si chiamava Anna

Prodotto da Solot e I due della città del sole

Regia di Michelangelo Fetto

con Antonio Intorcia, Michelangelo Fetto, Assunta Maria Berruti e Carlotta Boccaccino