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Una gogna mediatica e giudiziaria. ‘Il penitente’ di David Mamet alla Pergola di Firenze

Una gogna mediatica e giudiziaria. ‘Il penitente’ di David Mamet alla Pergola di Firenze

 

Al Teatro della Pergola, da martedì 22 a domenica 27 gennaio, Luca Barbareschi traduce, dirige e interpreta Il penitente David Mamet con Lunetta Savino, Massimo Reale, Duccio Camerini. Una tragedia moderna, un dilemma morale: un uomo buono, la gogna mediatica e giudiziaria.

“Credo che in ognuno di noi ci sia una parte del “penitente” – afferma Luca Barbareschi – quando, per esempio, decidiamo di essere coerenti con le scelte della nostra vita oppure quando rifiutiamo di sposare un dogmatismo sciocco per inerpicarci piuttosto in sentieri non superficiali. Il testo di Mamet aiuta ad allontanare una semplificazione del pensiero: gli argomenti trattati inducono alla riflessione sulle speculazioni che nascono da semplici fatti di cronaca, sul senso della giustizia che spesso è frettolosa e sommaria”. Otto scene, otto atti di confronto tra marito e moglie, con la pubblica accusa e con il proprio avvocato. Fino al colpo di scena finale. Una produzione Teatro Eliseo, Fondazione Campania dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia.

Una lucida analisi del rapporto alterato tra comunicazione, spiritualità e giustizia nella società contemporanea. Il penitente, l’ultimo testo composto nel 2016 per il teatro dal drammaturgo statunitense David Mamet – Premio Pulitzer per Glengarry Glen Ross – descrive l’inquietante panorama di una società così alterata nei propri equilibri che l’integrità del singolo, anziché guidare le sue fulgide azioni costituendo motivo di orgoglio, diviene l’aberrazione che devasta la sua vita e quella di chi gli vive accanto. “Ho tradotto quasi tutte le opere di David Mamet – dice Luca Barbareschi ad Angela Consagra sul foglio di sala dello spettacolo – frequento i suoi testi da quasi quarant’anni e dunque per me si può dire che questo autore sia stato come un mentore. Mamet è un genio, la sua è una scrittura molto criptica, ma anche molto bella da recitare. Si tratta di una scrittura dal carattere beckettiano, per intendersi: per noi interpreti è come dover seguire una partitura d’orchestra”.

Uno psichiatra affronta una crisi professionale e morale quando rifiuta di testimoniare in tribunale a favore di un paziente accusato di avere compiuto una strage. Coinvolto dal sospetto di omofobia, “il penitente” subisce una vera gogna mediatica e giudiziaria e viene sbattuto in prima pagina, spostando sulla sua persona la riprovazione di un pubblico volubile, alla ricerca costante di un nuovo colpevole sul quale fare ricadere la giustizia sommaria della collettività. “Quando la giustizia fa leva su aspetti religiosi o privati per giudicare una persona, ecco che le cose inevitabilmente si complicano – interviene Barbareschi – penso che il dovere della giustizia sia analizzare i fatti reali, non il pettegolezzo o la provocazione. Altrimenti, finiamo per affrontare una giustizia che diventa spettacolo (una giustizia di stampo giacobino, in qualche modo) ed è esattamente quello che viviamo noi ogni giorno in questa nostra società. I temi affrontati da David Mamet si rivelano di un’attualità sconcertante”.

L’influenza della stampa, la strumentalizzazione della legge, l’inutilità della psichiatria, sono i temi de Il penitente, che si svolge tra l’ambiente di lavoro e il privato del protagonista. La demolizione sociale di un individuo, infatti, influisce inevitabilmente anche sul suo rapporto matrimoniale.

“Sono vecchio, ebreo e disperatamente colto – conclude Luca Barbareschi – attualmente sto producendo il nuovo film di Roman Polanski e c’è una frase estremamente interessante in cui si dice: “Insegna ai tuoi figli la via da seguire e anche da vecchi la seguiranno”, anche se poi non è dato sapere cosa faranno da grandi. Il vero problema che ci si pone davanti nel corso della nostra esistenza è quello di cercare di vivere nel rispetto della propria coscienza, perché la coscienza, così come la ricerca di un proprio equilibrio interiore, esiste: dobbiamo necessariamente farci i conti”.

Il penitente racconta dunque ciò che accade all’individuo quando viene attaccato dalla società nella quale vive e opera, quando la giustizia crea discriminazione per avvalorare una tesi, utilizzando a questo fine l’appartenenza religiosa.

 

Estratti dall’intervista a Luca BARBARESCHI

di Angela Consagra

 

Al di là dell’impegno nell’interpretazione e nella regia, contemporaneamente lei ha anche tradotto il testo de Il penitente di David Mamet; che tipo di sfida è stata studiare e analizzare questo grande autore?

“Ho tradotto quasi tutte le opere di David Mamet, frequento i suoi testi da quasi quarant’anni e dunque per me si può dire che questo autore sia stato come un mentore. Mamet è un genio, la sua è una scrittura molto criptica, ma anche molto bella da recitare: la lettura richiede di affrontare delle difficoltà, perché è un tipo di linguaggio fatto di interiezioni, silenzi e mezze frasi che rimangono sospese… Il teatro, quando è bello, è anche faticoso da leggere. È una bellissima opportunità, perché si tratta di una scrittura dal carattere beckettiano, per intendersi: per noi interpreti è come dover seguire una partitura d’orchestra”.

 

Chi è “il penitente” secondo lei?

“Credo che in ognuno di noi ci sia una parte del “penitente”: quando, per esempio, decidiamo di essere coerenti con le scelte della nostra vita oppure quando rifiutiamo di sposare un dogmatismo sciocco per inerpicarci piuttosto in sentieri non superficiali. Il testo di Mamet aiuta ad allontanare una semplificazione del pensiero: gli argomenti trattati inducono alla riflessione sulle speculazioni che nascono da semplici fatti di cronaca, sul senso della giustizia che spesso è frettolosa e sommaria”.

 

Ha detto di aver scelto di mettere in scena questo lavoro di Mamet perché è “una lucida analisi del rapporto alterato tra comunicazione, spiritualità e giustizia”, quindi tre termini di una valenza fondamentale…

“La spiritualità, in particolare, è un tema che appartiene alla sfera del privato. Quando la giustizia fa leva su aspetti religiosi o privati per giudicare una persona, ecco che le cose inevitabilmente si complicano. Penso che il dovere della giustizia sia analizzare i fatti reali, non il pettegolezzo o la provocazione. Altrimenti, finiamo per affrontare una giustizia che diventa spettacolo – una giustizia di stampo giacobino, in qualche modo – ed è esattamente quello che viviamo noi ogni giorno in questa nostra società. I temi affrontati da David Mamet si rivelano di un’attualità sconcertante”.

 

Che caratteristica deve avere un autore per spingerla alla realizzazione di una sua messinscena? Nel suo percorso di artista e produttore ha sempre scelto dei testi che fanno pensare, mai banali…

“Sono vecchio, ebreo e disperatamente colto… Attualmente sto producendo il nuovo film di Roman Polanski e c’è una frase estremamente interessante in cui si dice: “Insegna ai tuoi figli la via da seguire e anche da vecchi la seguiranno”, anche se poi non è dato sapere cosa faranno da grandi… Il vero problema che ci si pone davanti nel corso della nostra esistenza è quello di cercare di vivere nel rispetto della propria coscienza perché la coscienza, così come la ricerca di un proprio equilibrio interiore, esiste: dobbiamo necessariamente farci i conti”.

 

22 – 27 gennaio

(ore 20.45, domenica ore 15.45)

Teatro Eliseo, Fondazione Campania dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia

Lunetta Savino, Luca Barbareschi, Massimo Reale

e con Duccio Camerini

IL PENITENTE

di David Mamet

scene Tommaso Ferraresi

costumi Anna Coluccia

luci Iuraj Saleri

musiche Marco Zurzolo

suono Hubert Westkemper

video Claudio Cianfoni, Marco Tursi e Andrea Paolini

dramaturg Nicoletta Robello Bracciforti

traduzione e regia Luca Barbareschi

 

Personaggi e interpreti (in ordine alfabetico)

Luca Barbareschi Charles

Duccio Camerini Avvocato

Massimo Reale Richard

Lunetta Savino Kath

 

Durata: 1h e 30’, atto unico.