‘Pinuccio’: il dramma delle miniere a Benevento Città Spettacolo

‘Pinuccio’: il dramma delle miniere a Benevento Città Spettacolo

 

Per l’ambito teatrale della prima serata della XXXIX edizione di Benevento Città Spettacolo è stato offerta, per la rassegna Off a cura del Teatro Magnifico Visbaal, la pièce Pinuccio.

Con un incipit in medias res ci troviamo nella Sicilia di metà ‘800, Peppino e i suoi fratelli perdono improvvisamente il padre minatore. La madre, costretta dalle ristrettezze economiche, chiede all’ex datore del marito un prestito di soccorso; in cambio, per sdebitarsi, i suoi tre bambini devono lavorare in miniera. Peppino, Salvatore e Antonio per essere ammessi devono fingere di essere più grandi di due anni ciascuno. La donna prima che oltrepassino la porta di casa raccomanda a loro di guardare sempre avanti, un’espressione che ricorrerà più volte nel corso della narrazione, quasi un comando programmato, come un monito di sopravvivenza per poter sopportare il terribile destino che li attende.

Tre chilometri lo separano dalla miniera, e in quella breve distanza Peppino deve diventare da picciriddu a carusu, precisamente un carusu di miniera.

Carusi nelle miniere di zolfo siciliane

Guidati da Mastro Calogero detto U’ Ciclope per la sua ampia statura e gli occhi ravvicinati come se fossero uno solo, il fanciullo, ribattezzato dal kapò Pinuccio perché è un nome da carusu, insieme ai due fratelli tramortiti e spaventati percorre gli stessi luoghi che il loro padre, Mario, detto il filosofo, raccontava in maniera fiabesca, filtrando attraverso incanti e prodigi la difficile vita lavorativa nella miniera perché non voleva che i suoi figli stessero in pena per lui.

Una miniera che, quando il padre tornava a casa alla fine della settimana, offriva loro dei doni preziosi come il pane che puzzava di zolfo o la carne dei muli che morti di fatica o di vecchiaia.

Un’opera che narra su più registri il terribile dramma delle miniere in Sicilia, sia per le pericolose, inumane condizioni di lavoro, ma soprattutto per le paghe ridicole, per non parlare della terribile piaga dello sfruttamento minorile.

Uno spettacolo per riflettere, per imparare dopo aver conosciuto il peggio ad apprezzare le cose belle della vita come un tramonto o le stelle, ma anche per porre l’attenzione sui terribili errori del passato che tuttora si commettono, non avendo imparato la lezione che la storia, maestra di vita, ci insegna, come nel caso, seppur in forme diverse, dello sfruttamento di migranti nelle attività agricole stagionali i cui risvolti drammatici sono presenti ogni giorno sulle pagine di cronaca nera.

Elemento di grande rilievo dello spettacolo è stata l’interpretazione dell’attore Aldo Rapè che con sapienti modulazioni vocali ha messo in risalto le diverse figure della narrazione: dai toni sognanti di Pinuccio mentre parla del padre, alle timide e infantili parole di Antonio, fino alle terribili grida di Mastro Calogero detto U’ Ciclope.

Questa vicenda di derivazione verghiana è stata ulteriormente arricchita dalle basi musicali e le canzoni ben congegnate e magistralmente eseguite dal cantautore Zafarà.

Unico neo della pièce si può considerare la collocazione oraria, precedente all’evento madre della serata. Questo ha putroppo impedito a un’ampia fetta di pubblico di ammirare uno spettacolo toccante e significativo come quello proposto. Eventualmente si sarebbe potuto anticipare di mezz’ora l’orario dello spettacolo per permettere a pubblico e stampa di seguire senza problemi l’evento clou della prima serata di Benevento Città Spettacolo.

 

Scheda Spettacolo:

Pinuccio

di e con Aldo Rapè

musiche originali dal vivo Zafarà