‘Fanny e Alexander’ (in v.o. con sottotitoli italiani) il 26 luglio al Cinema Tibur di Roma per celebrare il secolo di Ingmar Bergman
Fanny e Alexander
Era effettivamente ineludibile il richiamo esercitato dall’evento promosso dalla Bim per ricordare il grande e amatissimo Maestro cui io stesso avevo nel maggio scorso tributato un piccolo ma credo originale omaggio al Cinema Santa Chiara di Rende.
Al Cinema Tibur di Roma è stato infatti riproposto quello che a tutti gli effetti possiamo considerare il suo testamento spirituale, ovvero Fanny e Alexander (1982). Ringrazio l’amico Guido Bassi che me lo ha segnalato inducendomi a tornare per l’occasione a Roma da cui pure mi ero allontanato per una breve vacanza.
Nel rivedere l’ultimo capolavoro del regista, visto a suo tempo in anteprima a Venezia in un orario impossibile, le 9 del mattino, al Palazzo del Cinema, ho avuto modo di riapprezzarlo in virtù di quella che dovrebbe essere una sopraggiunta maturità dello scrivente e di cogliere cose che possono essere meglio decifrate alla luce delle sue opere successive.
Il pensiero è corso al vivido ricordo di quella mattinata particolare in cui a fine proiezione incontrai lo stesso Bergman all’Excelsior ed ebbi modo nel corso di un incontro-stampa di rivolgergli una domanda piuttosto articolata cui egli rispose con sincerità e con accuratezza. Solo ora, curiosamente colgo in pieno il nesso tra la domanda che pure non riguardava direttamente il film appena visto e certi nessi tematici del film. Come pure nel rivedere quella galleria di attori straordinari protagonisti del film, suoi collaboratori consueti, di rivivere il momento in cui ammirai nella sartoria del Teatro Reale di Stoccolma gli abiti da loro indossati in scena, contrassegnati da tanto di etichette.
La cosa colpì molto la mia guida personale, una splendida giovane signora svedese piuttosto somigliante a Lena Olin (presente in un ruolo minore anche in Fanny e Alexander) da fare uno strappo al protocollo e di mostrarmi l’ufficio del direttore del teatro, occupato per tanti anni da Bergman e di consentirmi finanche per pochi istanti di sedere sulla sua poltrona da cui, grazie alle vetrate tutt’intorno, si poteva apprezzare la magnifica vista della laguna in uno dei suoi punti più belli. Insomma, parlando in termini appassionatamente cinefili, un luogo da ricordare a dispetto della fugacità del tutto, come un vero e proprio “Posto delle fragole”.
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