‘Blake e Mortimer’ e la scuola franco-belga del fumetto

‘Blake e Mortimer’ e la scuola franco-belga del fumetto

Edgar Pierre Jacobs (Bruxelles 1904-1987), nell’ambito delle bandes dessinées di matrice franco belga, fa parte della scuola della cosiddetta “linea chiara” che ha il suo fondatore in Hergé, il creatore di Tintin, di cui proprio Jacobs, l’autore di Blake e Mortimer, fu assistente in gioventù, divenendone poi l’erede più autorevole. Anche se oggi alcuni esegeti tendono a rintracciare le radici lontane della linea chiara nell’artista giapponese Katsushika Hokusai e nell’influenza da questi esercitata sui pittori impressionisti francesi.

L’amore che nutro per la serie di Blake e Mortimer risale all’infanzia, allorquando con altri bambini degli anni sessanta un po’ più curiosi, tra i ripiani delle edicole scoprimmo la qualità tutta speciale del fumetto francese, più autoriale di quello italiano e meno industriale di quello americano. Furono “Il Corriere dei Piccoli” e poi i mondadoriani “Classici dell’Audacia” a farci conoscere quel modo paricolare di raccontare l’avventura in tutte le sue declinazioni ma in contesti straordinariamente realistici, attraverso una galleria di personaggi fascinosi come Buck Danny, Dan Cooper, Michel Vaillant, Ric Hochet (da noi Ric Roland), Bernard Prince, Marc Franval, Jari e Jimmy Torrent, Luc Orient, Bruno Brazil, il Tenente Blueberry e altri ancora. Facevano pendant con la produzione rivolta ai più piccini come appunto Tintin o Spirou, I Puffi o Asterix.

Ma la serie che mi conquistò di più e da subito fu quella di Blake e Mortimer per l’incisività del tratto, il forte tasso d’ironia, la meticolosità delle ricostruzioni d’ambiente e soprattutto per i tanti, sottili rimandi di carattere letterario, cinematografico e figurativo disseminati in quelle tavole. L’altro punto di forza ovviamente era costituito dalla ben assortita coppia di eroi composta da Francis Blake, un capitano dell’Intelligence Service inglese che anticipava per certi versi la moda legata a James Bond, cui però non somigliava affatto, ricalcato com’era semmai sulle fattezze di David Niven, dai modi molto british, eternamente avvolto nel suo trench, proprio come un supereroe nella calzamaglia e da Philip Mortimer, scienziato ed archeologo, uno scozzese tarchiato, fulvo, barbuto, di carattere irruente, accanito fumatore di pipa e degustatore di whisky, a sua volta invariabilmente abbigliato con un cappottone verde, giacca e papillon. Popolarissimi in tutto il mondo francofono, ripubblicati anche in Italia a più riprese, fino alle pregiate attuali edizioni di Alessandro, Blake e Mortimer sembravano mestamente destinati all’estinzione dopo la morte di Jacobs, allorquando nel 1993 ad Angoulême, i responsabili delle edizioni Dargaud insieme ad alcuni autori della cosiddetta “nuova linea chiara”, decisero di riesumarli e di donare loro una nuova vita, avventurosa quanto quella precedente ma fedele ai canoni narrativi e grafici fissati dal loro creatore.

Da allora la saga procede con maggiore regolarità e con la cadenza di un albo all’anno grazie all’alternanza di più team di scenaristi e disegnatori, il che costituisce un valido esempio di connubio tra l’autorialità tradizionale e il lavoro d’equipe. Frattanto la popolarità dei due eroi è aumentata ancora, al punto che ogni nuova avventura costituisce in Francia un evento editoriale la cui dimensione mediatica è inimmaginabile in Italia. Recentemente un albo “fuori serie”, L’avventura immobile, firmato da Didier Convard e Andrè Juillard ha inaugurato il genere del fumetto epistolare, consentendo ai due vecchi compagni d’avventura di risolvere definitivamente il caso della Camera di Horus rimasto irrisolto tanti anni prima.

Nel 1997 è stata realizzata da Stéphane Bernasconi anche una trasposizione a cartoni animati di cinque avventure classiche per una serie fanco-canadese prodotta dalla Ellipse Animation. Ogni episodio dura 45′ e se l’intreccio dell’originale a fumetti è semplificato ed aggiornato per certi versi al gusto odierno, la fedeltà all’ordito e allo spirito dell’opera di Jacobs è assoluta.

Si parte con Il Mistero della Grande Piramide (1950), un mistery archeologico-esoterico ambientato al Cairo in cui Blake e Mortimer cercano si sventare i piani del super criminale Olrik,essendo questi entrato in possesso di un papiro attribuito alla storico Manetone.

Si prosegue con Il Marchio Giallo (1953), un fantathriller che richiama le atmosfere di certi romanzi di Edgar Wallace e che molti cineasti avrebbero voluto tradurre per lo schermo, non ultimo Steven Spielberg, dirottato poi da problemi di diritti su Tintin. Stavolta siamo in una Londra brumosa ed invernale dove una misteriosa creatura che sembra dotata di poteri soprannaturali si fa beffe di Scotland Yard. Una spettacolare catena di rapimenti che getta nel panico l’opinione pubblica induce Blake e il suo amico Mortimer a indagare. In un succedersi incalzante di colpi di scena i due scoprono che tutto ha origine da un libro di qualche anno prima in cui si esponeva un’inquietante eresia scientifica…

Il terzo episodio, S O S Meteore (1958), si apre su uno scenario pre-apocalittico. Il clima è impazzito in tutto il mondo. Ogni continente è tempestato da mareggiate e uragani. Ma dietro queste catastrofi c’è il solito Olrik che punta alla conquista del mondo con l’appoggio di un savant fou, il professor Miloch capace di alterare artificialmente le condizioni metereologiche. I servizi segreti di alcune potenze iniziano a sospettare del complotto. Blake entra in azione ma non prima di aver chiamato al suo fianco in qualità di fisico nucleare l’amico Mortimer…

La trappola diabolica (1960) si presenta come un colpo di coda dell’avventura precedente. Mortimer riceve una lettera da Miloch inviatagli prima che questi perisse nell’esplosione della centrale da lui costruita. Seguendo le indicazioni in essa contenute, Mortimer raggiunge una rocca medioevale nella provincia francese e qui nella cripta sottostante trova ad attenderlo una sorta di capsula, la cronosfera, ultima invenzione di Miloch, una sorta di macchina del tempo di chiara ascendenza wellsiana. Il curiosissimo Mortimer non resiste alla tentazione e salito a bordo parte per un viaggio sensazionale, tanto più che Miloch ha sabotato i comandi della macchina. Mortimer si troverà così sbalzato prima nell’era preistorica infestata da creature mostruose e feroci, poi nel bel mezzo di una rivolta contadina in pieno Medio Evo e infine, raggiunto insperatamente da Blake, in un tetro futuro post atomico in cui l’umanità superstite vive oppressa da una tirannia interplanetaria. Ma all’apparire del professor Mortimer gli sparuti oppositori del governo dispotico riconoscono in lui il profeta rosso e barbuto che spezzerà il giogo della loro schiavitù…

L’ultimo capitolo, infine, Il caso del collier (1965), vede l’azione spostarsi a Parigi dove il ritrovamento della collana di Maria Antonietta da parte di Duranton, un ambiguo gioielliere, scatena una serie di episodi inspiegabili, compresa l’apparizione del fantasma della regina. La trama si dipana attraverso una serie di eventi rocamboleschi mentre ancora una volta Blake e Mortimer intravedono l’ombra dell’inafferabile Olrik dietro la complessa macchinazione.…

Dunque, come si può intuire, una serata imperdibile non solo per fan attempati di Blake e Mortimer o raffinati fumettofili ma anche per un pubblico di young adults e ragazzi alla scoperta di nuovi orizzonti per i loro sogni d’avventura.