La rivolta con la macchina da presa. Il ’68, l’utopia e il cinema

La rivolta con la macchina da presa. Il ’68, l’utopia e il cinema

‘La rivolta con la macchina da presa. Il ’68, l’utopia e il cinema’ è il titolo dell’evento speciale in due parti ideato e curato da me e da Giuseppe Scarpelli per celebrare il cinquantenario di un anno importantissimo del secolo scorso sul quale si vuole continuare a riflettere e a discutere senza schemi prefissati e al netto della retorica accumulatasi nell’ultimo mezzo secolo. La prima parte, ospitata nella programmazione del cineforum ‘Falso Movimento’ in chiusura di stagione è in cartellone al Teatro Comunale di Rovito (Cosenza) lunedì 2 luglio alle ore 21 e prevede la proiezione del film di Michel Hazavinicius ‘Le Redoutable’, tradotto per semplificare dalla distribuzione italiana come ‘Il mio Godard’, un’originale commedia presentata a Cannes 2017, passata distrattamente sui nostri schermi e invece divertentissima, ricca di riferimenti cinefili e interamente ambientata intorno al maggio parigino che sgonfia con una puntura di spillo il mito di Jean-Luc Godard, vera icona di un ampio settore della critica e della cultura gauchiste.

Ovviamente l’operazione è sembrata gratuitamente irriverene a gran parte della critica e della cinefilia di stretta osservanza godardiana ed è invece coraggiosamente veritiera ed anticonformista.

Nel 1966, poco dopo aver compiuto 35 anni e finito di girare ‘La cinese’, Jean-Luc Godard decise che il suo impegno politico e condivisione delle teorie marxiste dovessero spostarsi anche sul piano artistico. Rinnegò i capolavori diretti in precedenza e si gettò in una nuova fase della sua carriera che finì con l’influenzare anche il matrimonio da poco contratto con l’allora giovanissima attrice Anne Wiazemsky fino ad arrivare, quattro anni dopo, al divorzio. Proprio questo periodo della sua vita è raccontato da ‘Le Redoutable’, Il Formidabile, ispirato a sua volta al libro autobiografico ‘Un anno cruciale’ della stessa Anne Wiazemsky pubblicato nel 2012.

Come già accaduto sulla Croisette, anche da noi una certa critica tardogauchista, engagée e ideologica è rimasta urticata dal film di Hazavinicius sul cineasta-simbolo Jean-Luc Godard. Quasi a vendicare tutto il cinema borghese oltraggiato dal regista ginevrino nel corso della sua attività, Hazavinicius ha realizzato uno sberleffo indirizzato all’autore di ‘À bout de souffle’ e di ‘Le Mépris’.

Sulla falsariga delle mémoires della giovane moglie, l’attrice Anne Wiazemsky, nipote dello scrittore François Mauriac, icona del cinema d’autore degi anni ’60 e ’70, recentemente scomparsa, pubblicate con il titolo ‘Un an après’ (in Italia da E/O come ‘Un anno cruciale’), ‘Le Redoutable’ ci consegna nello spirito di una graphic novel, anzi di una bande dessinée, un Godard che desideroso di essere un tutt’uno con il Maggio francese rinnega il suo cinema precedente, parla con invidia dei colleghi, è arrogante, egocentrico, manipolatore, arido, ingrato, aggressivo, fintoprogressista nei rapporti interpersonali, timoroso di essere travolto dalla Storia.

Un vero e proprio Jean-Luc ‘Codard’ insomma, come lo descrisse, tra gli altri Truffaut in un carteggio al vetriolo. Molti osservano che il ritratto è macchiettistico, senza profondità e sfumature. Ma la narrazione cinematografica ha le sue regole e Hazavinicius si prefiggeva di raccontarci Godard come il personaggio di una commedia che tra l’altro è divertente, intelligente, piena di tocchi e rimandi raffinati (vengono evocati pure Bernardo Bertolucci e Marco Ferreri).

Buona prova di Louis Garrel e della giovane Stacy Martin, non all’altezza gli attori di contorno, nonostante la presenza di una sempre attraente Bérénice Bejo nel ruolo di un’amica, gauchiste ma temperata. Viene da chiedersi come avrà reagito Godard. Vogliamo scommettere che ipocritamente si sarà ostinato a negare di aver visto il film? Durante l’anteprima a Cannes la proiezione venne sospesa per la minaccia di una bomba in sala. Forse la materializzazione davvero ‘redoutable’ delle maledizioni lanciate dal regista franco-svizzero, caposcuola e teorico della Nouvelle Vague?