Incontro con Luisa Sanfilippo durante la Rassegna “Schegge d’Autore” (Teatro Tordinona, Roma)

L’intervista

Conversiamo con  Luisa Sanfilippo durante i giorni di “Schegge d’autore” -17° Festival della Drammaturgia Italiana diretto da Renato Giordano- e  in occasione del suo spettacolo “S-Memorare è un’arte?” Ci  si conosce da tanti anni, ma non si smette di conoscersi meglio…

  1. Prima di parlare del suo spettacolo “S-Memorare è un’arte?” vuol fare qualche accenno al Festival, cui lei ha partecipato?
  2. Volentieri. Io posso ritenermi una veterana del Festival, ho partecipato a quasi tutte le edizioni. Quest’anno si è arrivati alla XVII, e nonostante le varie difficoltà Schegge  d’autore  ha continuato il suo percorso: “…non per volontà politica  di sostenere  una manifestazione culturale – afferma il suo Direttore artistico Renato Giordano –  ma per  volontà  degli  stessi autori iscritti allo SNAD (Sindacato Nazionale Autori Drammatici)   che ne hanno sempre auspicato il proseguimento”.

Un particolare ringraziamento, per la sua tenacia,  entusiasmo, passione, lo devo  – a nome di tutti gli autori –  a Renato Giordano,  artista colto che riesce a conciliare  i suoi molteplici impegni, dallo stimato endocrinologo/diabetologo,  ad impegnato autore   drammatico,  musicista, regista e anche raffinato attore.

Quest’anno – nell’ambito della Rassegna – ha debuttato con un corto poetico scaturito da un suo laboratorio di scrittura teatrale legata alla Medicina, con tecnica TBM (Theatrical Based Medicine); titolo: “Pulcinella e la notte stellata” , dove il testo poetico in vernacolo, interpretato dallo stesso Giordano, veniva amplificato dalle estensioni vocaliche e qualità timbriche di Maria Elena Pepi (contralto) nel ruolo  di Colombina.  Ma tra tutti devo anche encomiare Raffaele Aufiero e Giulia Mininni,  perché  grazie al  loro impegno è possibile organizzare   il Festival e tutte le incombenze  che esso comporta.

  1. Ritornando al suo lavoro teatrale “S-Memorare è un arte?” può esserci un giusto equilibrio tra il ricordare e il dimenticare?
  2. Il titolo mi fa pensare, per contrappunto,  ad un personaggio di un  racconto di Borges “Funes el memorioso”,  un uomo capace da ricordare tutto nei minimi dettagli, ma proprio per  questo, travolto da una memoria pervasiva e assoluta, vive  con difficoltà e in modo pesante questa sua condizione di vita.

Riferendomi a “S-memorare è un’arte?”, in effetti  può esserci  un giusto equilibrio  tra il ricordare e il dimenticare.  Se il dimenticare ci consente di adattarci agevolmente a nuovi eventi, il ricordare –  tralasciando naturalmente i ricordi potenzialmente fuorvianti –  serve a trasmetterci dati, informazioni che ci consentano di operare in modo corretto e concreto.

  1. Può chiarirci la motivazione del titolo ? Quando s-memorare può diventare un’arte.
  2. In effetti, l’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana: comportamento, socializzazione, rapporti umani, professioni di ogni genere e altro, fino all’arte intesa nel suo significato sublime che ingloba ogni forma di creatività e di espressione estetica, capaci di trasmettere emozioni, messaggi, e  riflettere lo stato interiore dell’animo umano.  In questo caso anche il dimenticare diventa un’arte se affidiamo alla memoria qualche evento significativo, rasserenante, selezionando  dunque i ricordi, tralasciando quelli  assillanti, anche di natura affettiva o conflittuale,  quelli che osteggiano il presente e rendono difficile il percorso di vita stabilito, programmato. “Basta, non voglio più ricordare… potrebbero affiorare altri momenti difficili della mia vita…meglio concedersi un momento di tregua, dimenticare ciò che non si vuol ricordare…” sono  affermazioni della protagonista femminile.
  3. Qualche accenno sul personaggio da lei interpretato….
  4. Interpreto una donna che vuol rimuovere tutto ciò che fa parte di un passato ormai concluso – perdita del lavoro, fine di una relazione amorosa – e cerca di trovare risorse nel suo attuale quotidiano, magari allietato dalla presenza del suo gatto, ricevendone affettuosità e compensazioni; o  cercando di recuperare anche ambizioni poetiche assopite  in gioventù – si intuisce –  da  varie vicissitudini.

Diversamente dal personaggio di Borges – che vuol ricordare troppo – la donna cerca di far prevalere il ricordo “selettivo”, che   diventa  ingranaggio  fondamentale per uno stile di vita idoneo, ma anche per un perfetto funzionamento della memoria.

  1. Una chiave di lettura per quanto riguarda il personaggio e, naturalmente per consequenzialità, anche la regia…
  2. Innanzi tutto, ciò che perseguo da sempre, è dare leggerezza ai personaggi che interpreto, liberarli dal peso e dalla seriosità dell’esistenza, anche se irta di ostacoli e precarietà. Indagare, percorrere le loro vite, cercare di capirne il senso, ma con  ironia e un humor fluido, misto di riflessione e sentimento. Alla protagonista ho cercato di infondere un atteggiamento svagato, svenevole, anche se  consapevole al contempo. Lei è sempre pronta ad uscire di casa, ma in effetti non si muove molto dal  punto in cui si rivolge al pubblico, quasi intimidita a prendere qualunque iniziativa. Fa piccoli passi avanti e indietro, affermando: “Uscire? Per fare cosa? Per andare dove? “ Non ricorda…o   vuol ricordare ciò che è necessario ricordare. Operare un’adeguata rivalutazione dei ricordi, significa dare una giusta collocazione ai valori dell’esistenza.

Naturalmente, come ho accennato prima, la chiave di lettura rimane quella tragico-umoristica, a cui  non so rinunciare e alla quale mi affido volentieri ogni qualvolta porto in scena personaggi  complessi o avvolti da “lievi velature mentali”.

L’ambientazione è una  “scenografia minimale” fatta di luce e ombre e che quasi scompare dando spazio alla parola monologante e al contempo dialogante con la platea.

  1. Il festival di Drammaturgia si conclude dando gratificazioni ai partecipanti…
  2. Proprio quest’anno ho avuto una nomination come migliore interpretazione, mentre nell’edizione di Schegge del 2013 mi è stato conferito per l’omaggio a Pina Bausch “Divagazioni in Metro”, il Gran Premio Della Giuria che mi ha riempito di orgoglio e gratificazione.