Tornatore 30 anni dopo. Riproposto “Nuovo Cinema Paradiso”
Giuseppe Tornatore, in questi giorni, a Bari, è stato oggetto di una mostra dedicata in particolare al trentesimo anno dalla prima sortita del suo celebre Nuovo Cinema Paradiso. Tale ricorrenza è certamente una data significativa dal momento che il film in questione ottenne, prima critiche e commenti un po’ acerbi, ma in seguito toccò momenti davvero ragguardevoli.
Tornatore medesimo ricorda oggi quanto e come fu travagliata la carriera di Nuovo Cinema Paradiso, coronata infine da un felice epilogo: “Quando uscì – sono parole del regista – non andò bene e tutti davano la colpa alla lunghezza. Lo accorciai di venticinque minuti e fu di nuovo un fiasco. Dopo la doppia vittoria a Cannes e agli Oscar, ebbe successo in Italia: in totale uscì quattro volte, l’ultima incassò dieci miliardi di lire”.
A Bari, quando Nuovo Cinema Paradiso ebbe la sua “prima” assoluta, i giudizi, come dicevamo, furono più o meno apertamente discordi. Personalmente registrammo l’avvenimento in termini del tutto positivi, salvo forse qualche piccola riserva, ma di poco conto. Ora, a trent’anni da quella “prima” non possiamo che ribadire sostanzialmente quella valutazione, anche perché nel frattempo il film di Tornatore ha conquistato sul piano internazionale un ruolo d’eccellenza incontrastato. Pertanto, ecco qui di seguito il recupero della recensione originaria, quasi per intero.
“Una sera a Roma, un cinquantenne cineasta di successo, Salvatore Di Vita, rientrando a casa trova il messaggio della madre che dalla lontana Sicilia lo richiama al paese per la morte del caro amico Alfredo. La cosa suscita in lui un’onda di strazianti ricordi attraverso i quali rivivere la sua poverissima infanzia, i turbamenti, i dolori dell’adolescenza, del primo naufragato amore. Crescono e si intrecciano via via le presenze dei volti e dei personaggi che sono stati tanta parte della vita paesana: il buon prete Don Adelfio, la madre, gente qualsiasi e notabili del luogo, sopra a tutto e a tutti, però, si stagliano, memorabili e intense, le figure del cuore, dalla dedizione appassionata: l’attempato deluso proiezionista-filosofo Alfredo, autentico mago della vita allogato nell’antro del cinema Paradiso, e Maria, la giovinetta intravista e subito amata fervidamente, senza fortuna.
In molteplici occasioni, condizionato, fuorviato da ostacoli esteriori tutti inevitabili (la povertà estrema della famiglia, l’intolleranza cinica dei possidenti del luogo, l’inesorabile servizio militare) Salvatore vedrà di giorno in giorno sgretolarsi ogni certezza, tutte le amicizie. Il vecchio Alfredo diventerà cieco nell’incendio divampato nel cinema, la madre si intristirà sempre più nella vana attesa del marito scomparso in Russia durante la guerra, e Maria, la dolce e idolatrata Maria con cui Salvatore aveva trascorso attimi di folgorante felicità sarà forzata dal padre conformista ad accasarsi con un borghese qualsiasi.
La rievocazione giunge, a questo punto, al tempo presente. Il cineasta si ritrova al paese a malapena riconosciuto da vecchi amici e conoscenti. Attraverso le dolenti rimembranze della madre riconnette in un flusso della memoria insieme commosso e amareggiato la successione degli eventi che dalla lontana giovinezza l’hanno portato ad essere oggi il professionista realizzato ma intimamente scontento di sé.
Film scritto, costruito visibilmente sulle concomitanti direttrici di marcia di una vigorosa vicenda realistica del melodramma più fiammeggiante, della sensibile, sofferta rivisitazione dei luoghi, delle suggestioni giovanili filtrate attraverso una vigile, scorticata memoria, Nuovo Cinema Paradiso conferma l’estro personalissimo di Giuseppe Tornatore.
Ciò che così emerge e che si proporziona in cadenze, toni ben definiti sullo schermo è una sorta di rendiconto dove, proprio nelle vivide fisionomie impersonate da prodigiosi attori come Philippe Noiret e il piccolo Salvatore Cascio, Leopoldo Trieste, Jacques Perrin, Enzo Cannavale, Pupella Maggio, Isa Danieli e Leo Gullotta, divampa, ora sotterranea, ora irruenta una prodiga memoria degli affetti di irripetibili stagioni di un tempo ormai mitico”.