Un purgatorio tutto attuale. “Loro 1” di Paolo Sorrentino
Zigzagando tra un tema e l’altro, da almeno un decennio Paolo Sorrentino, forse il cineasta nostrano più innovativo e originale, tende a secernere dalla realtà contemporanea utili segnali di una rappresentazione quanto mai graffiante di vicende, personaggi di volta in volta emblematici di un vissuto tormentato, corrusco vuoi per le sensazioni, i sentimenti basilari, vuoi per l’insorgere continuo di eventi ambigui e ricorrenti. Per la verità, ci sono alcuni film notoriamente celebri di Sorrentino che prospettano subito evidenti gli indizi di una attualità di fondo certo insolita. Parliamo in ispecie del Divo, della Grande bellezza, di Youth-La giovinezza, tutte opere variamente incentrate su questioni, personaggi ai margini di contesti sempre e comunque problematici.
Con relativa coerenza, Sorrentino affronta il nuovo film, congegnato ordinatamente in due parti Loro 1 e Loro 2 (il primo in uscita ora, l’altro previsto per il 10 maggio), una rappresentazione composita rivelatrice di un insistito turgore giostrato sul parossismo erotico volto a visualizzare in modo disinibito non tanto il profilo del mondo di Berlusconi, quanto l’immagine desolata del berlusconismo abitato dai soliti “nani e ballerine” impudentemente lanciati in riti degradanti. Tutto ciò mentre per oltre gran parte di Loro 1 (il resto si vedrà a maggio) marcia ossessivo tra sesso protervo e volgarità di ogni specie celebrando appunto l’apologia sfrontata del “divino” ex Cavaliere.
Lo scorcio ora citato si muove tra i contraccolpi negativi dei vari governi di Berlusconi & C. tra il 2006 e il 2010, allorché assillato dalla corruzione, dagli stravizi di una corte di squalificati figuri – Lele Mora, Tarantini, il ministro Bondi – Berlusconi si vide soppiantato dalla sdegnata moglie Veronica Lario, vanamente blandita dal fedifrago marito e determinata a dare un taglio netto a quel suo incauto matrimonio.
In effetti, se nel Divo la figura di Andreotti usciva chiara e cinica dall’assunto di un racconto puntualmente serrato, nella Grande bellezza il disinvolto giornalista Jep Gambardella dava esatta visione di quanto e come Roma fosse corrosa, ormai, al di là di ogni congenita inimitabilità, e continuasse a perpetuare nel tempo un frammisto sentimento di fatale dissipazione esistenziale. Ancor più marcato risultava l’intrico di emozioni e il cordiale contrasto che anima, in Youth, i rapporti dell’anziano direttore di orchestra Fred col regista in declino Mick – l’uno e l’altro resi con maestria da Michael Caine e Harvey Keitel – evocativi di un dramma sommesso, diretto, persino ravvivato da una Jane Fonda, nella parte della stagionata e spoetizzata diva, pieno di saggezza e incisività.
Ben altrimenti, Loro 1 (dove “loro” sono, come è detto qui, “quelli che contano”) si sublima, dopo i riti pecorecci di gran parte del film, in una prolungata situazione impudica del sempre supponente simulacro di Berlusconi (interpretato da Servillo con approssimata intenzione) gestore di un purgatorio tutto ravvicinato.