Lucia TEMPESTINI- Punto di (s)vista. I nemici alle porte della psiche (a teatro, con E. A. Poe)

Punto di (s)vista

 

 

I NEMICI ALLE PORTE DELLA PSICHE

“I racconti del terrore”

Mezzanotte a teatro con Edgar Allan Poe
a cura di Sabrina Tinalli
costumi e maschere Giancarlo Mancini
musiche Vanni Cassori
produzione Teatro della Pergola di Firenze
in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole
con Marcello Allegrini, Fabio Baronti, Luca Cartocci, Sabrina Tinalli, Silvia Vettori

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Condotti par ici et par là all’interno del Teatro della Pergola, attraverso corridoi abitati da una penombra appena rischiarata da una luce rosso sangue e popolata di manichini abbigliati secondo la moda del ‘700, su per scalinate oscure e sinistre, in ambienti sconfinati o claustrofobici, si entra a poco a poco in una dimensione spazio-temporale onirica, profondamente perturbante e letteraria.

Il linguaggio avvolgente, sinuoso di Poe ci porta con lentezza implacabile a introflettere lo sguardo, a valutare le deformazioni, le ossessioni, le fatuità, l’egotismo della nostra psiche (Il cuore rivelatore). Così, un signore anziano e sofferente nasconde il viso nelle mani, rimanendo seduto, mentre l’Uomo che vive nella sua casa (servitore? amico? segretario?) racconta in modo particolareggiato il dilagare della propria ipersensibilità nervosa – assai simile a quella che affligge Roderick Usher -, acuita secondo lui dall’occhio d’avvoltoio del vecchio, velato presumibilmente da una cataratta.

Quell’occhio, semplice sintomo di infermità e inermità, diventa simbolo e rappresentazione del Male, minaccia costante, molestia percussiva, sino a plasmare l’insofferenza crescente dell’io narrante in proposito omicida. Capita spesso che le nostre inadeguatezze, o paure, o egoismi d’ogni sorta, trovino un dettaglio esterno – talvolta appartenente a una persona che pure amiamo – sul quale avventarsi. Il Male che abbiamo in noi, qualunque sia la sua natura, e che ostinatamente rifiutiamo, trova un punto di origine situato altrove, e dal quel momento lo scopo della vita diventa distruggere l’oggetto persecutorio (perché a quel punto di oggetto si tratta; un sintomo, visto attraverso il parossismo patologico, arriva a cancellare la persona che ne è portatrice e perfino i sentimenti che questa persona ha un tempo suscitato nel carnefice che presume di essere vittima).

Però l’ineludibile conseguenza del dolore fisico e interiore che procuriamo a chiunque, in particolare a un essere molto amato, e in particolare il gesto aberrante di togliere la vita, non cancella la percezione del Male, l’amplifica in modo intollerabile. Il rimorso tortura e priva del sonno e della lucidità. Non c’è angolo nel quale ripararsi. Il battito cardiaco della vittima, accelerato, sgomento, pieno di paura impotente, diventa il battito dell’omicida. Avvertito nelle orecchie, nella testa, nel torace. Un ritmo assordante, sordo, incessante che porta il narratore alla follia e alla confessione del delitto.

Nel ventre buio del Teatro, dentro un’aria spessa accesa di riverberi, ancora una volta scarlatti, assistiamo invece alla suggestiva mise en éspace della Maschera della morte rossa. Due attrici evocano la storia terrorizzante, concentrato di canoni gotici fiammeggianti, dell’epidemia emorragica che imperversa nell’Europa medievale, spopolando intere contrade, compresa quella dominata dal Principe Prospero. Presunzione temeraria e paura del contagio inducono il nobile Prospero a barricarsi nel Castello insieme ai cortigiani, illudendosi che le mura massicce possano tenere lontano il morbo.

Dopo cinque mesi, mentre la pestilenza si diffonde come un liquido nero e colloso, il Principe decide di organizzare una grande festa in maschera, per irridere la Morte. Fa arredare sette stanze del palazzo, compresi tendaggi e vetrate, con colori diversi: azzurro, porpora, verde, arancione, bianco, viola e nero. Gli invitati trascorrono dall’una all’altra, evitando l’ultima, per le sensazioni lugubri che trasmette e per l’orologio che scandisce pesantemente lo scorrere del tempo.

A mezzanotte, l’ora della Soglia, appare fra i presenti una figura misteriosa avvolta in un sudario macchiato di sangue. Indossa una maschera che riproduce le sembianze di un cadavere e fluisce in silenzio nei corridoi, fino alla stanza nera, dove la segue il Principe irato per quello che ritiene un macabro scherzo. Nessun ponte levatoio alzato è in grado di tener fuori ciò che preme alle porte. Nell’ultima sala Prospero cadrà a terra privo di vita, e gli ospiti scopriranno che sotto il costume del Convitato non c’è che la loro fine.

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