Vincenzo SANFILIPPO – Arte e Genetica. Da Mendel alla Genomica. Roma, Palazzo delle Esposizioni

 

Arte e genetica

 


DNA, GRANDE LIBRO DELLA VITA

Da Mendel alla Genomica. L’arte incontra la genetica ? oppure è la genetica che ha bisogno dell’arte?

Palazzo delle Esposizioni. Roma. Dal 10 febbraio al 18 giugno.

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La mostra a cura di  Bernardino Fantini ( biochimico), Telmo Piovani ( biologo evoluzionista), Sergio Pimpinelli (Biologo molecolare),  Fabrizio Ruto ( Biologo di tecnologie agro-alimentari); ci fa riflettere come anche questa  esaustiva esposizione scientifica abbia avuto bisogno di proporsi con  un allestimento di installazioni d’arte,  il cui progetto scientifico- espositivo  ingaggia una pluralità di linguaggi: installazioni scenografiche, exhibit interattivi, interaction design e modelli scientifici di eco-fauna studio WilD’ART,  elementi eterogenei che contribuiscono a  corredare la scrittura delle tavole sinottiche,  sintetiche e mai esaustive, in un percorso scientifico – prospettico – evolutivo  estremamente emozionale.

La visita della mostra inizia nella Sala introduttiva, dove vediamo una installazione immersiva: una grande stanza proiettata su quattro lati  si  presenta come un ambiente liquido nel quale una gigantografia di un filamento di DNA si svolge cingendo l’intero perimetro. Sulle pareti una pioggia di lettere cromatiche  A.T.C.G. visualizzano le basi del codice del DNA, formando volti di diverse specie.

Veniamo introdotti alla prima sezione, dove  foto e quadri sinottici illustrano come  nella seconda metà del milleottocento, un monaco agostiniano Gregor Johann Mendel, nell’orto della sua abbazia a Brno in Moravia, non si occupò solo di teologia, ma frequentando corsi di frutticultura e viticultura, scoprì le leggi dell’ereditarietà e inventò la notazione statistica per formalizzarle.  Si trattava, di una grande rivoluzione scientifica, di cui però quasi nessuno a quel tempo si accorse!

C’è da dire che diversi anni prima di Mendel, il botanico tedesco F.C. von Gartner aveva fatto numerosi esperimenti con gli ibridi, ma non aveva intuito che gli incroci potevano produrre nuove specie. L’Ibridazione riuscì a Mendel nei suoi studi di pomologia del 1846 applicati all’agricoltura  durante diversi esperimenti sulla ibridazione delle piante che portarono alle leggi dell’ereditarietà, come è annotato sul manoscritto del 1865 “Versuche uber Piflanzenhybriden” proveniente dal Monastero agostiniano – Museo Mendel dell’Università Masaryk di Brno.

Nella sezione due sono esposti modelli di moscerini (drosophila mutanti) in versione gigante, su cui sono state fatte osservazioni fondamentali per lo sviluppo della genetica. Mendel, durante i suoi innumerevoli esperimenti riusciti di ibridazione, pur sapendo poco di come potessero essere trasmessi i caratteri ereditari, intuiva che tali ibridazioni avevano una  base cellulare.

Bisognerà aspettare i primi anni del Novecento allorché gli scienziati cominciarono a verificare le  “leggi di Mendel” su uccelli e roditori. Walter Sutton e Theodor Boveri indipendentemente scoprirono che i “cromosomi” sono connessi ai “fattori mendeliani”  ( fattori osservati nel 1879  anche da Walther Flemming, il quale servendosi della teoria dei colori di W. Goethe, era riuscito attraverso la  differente colorazione a identificare i componenti del nucleo cellulare); dimostrando che ciascuna cellula sessuale, negli animali e nelle piante, porta al suo interno la metà dei cromosomi di tutte le altre cellule; quando spermatozoo e uovo si uniscono, si ricompone il doppio corredo, per metà paterno e per metà materno. E’ una conferma delle osservazioni di Mendel sul fatto che ogni individuo eredita un insieme di caratteri da ciascun genitore. Mentre risale al 1906 il primo congresso, tenutosi a Londra, di “genetica”, termine proposto da W. Bateson per indicare la scienza che studia “i fenomeni dell’eredità e della variazione”.

L’esaustiva mostra prosegue con scenografiche installazioni di arte contemporanea, dove un allegorico bosco di cromosomi è stato  realizzato con 23 colonne cromaticamente luminescenti, in cui è possibile aggirarci e scoprire quali geni sono presenti sui vari cromosomi diversamente colorati e quali storie sono legati a quei geni. L’allestimento molto ben curato da un’ equipe  di tecnici capeggiati da Massimiliano Lipperi e lo scenografo Tommaso Lanza, realizzano una grande spazio fantasioso e inaspettato in grado di far vivere allo spettatore un’esperienza surreale e multi-sensoriale, facendolo diventare tutt’uno con le componenti artistiche e scientifiche di cui è formato.

La sala delle clonazioni, già realizzate con successo, ci mostra una metaforica installazione  dove sono ricostruiti  animali  con le loro misure naturali: una rana, una lucertola, un topo  e una pantegana, un gatto, un cane,  una pecora,  un bovino , un cavallo, un delfino, sono tutti gli animali che finora la scienza è stata in grado di clonare. La loro regina è senz’altro la pecora Dolly!  Nel 1999 in Italia nasce un clone di un toro campione della razza cosiddetta bruna. Nel 2003 il primo cavallo clonato al mondo. Oggi a pagamento vengono clonati cani e gatti;  cinque cuccioli di Pitbull sono stati clonati da una azienda sudcoreana.

C’è un argomento che più sta a cuore di questa mostra interattiva che riguarda la clonazione e altre tecniche di manipolazione del patrimonio genetico: la storia di come si sono formati gli occhi e l’udito nel regno animale. Si teorizza che sul corpo degli esseri viventi, in origine, siano scaturiti in prossimità del cervello, sulla fronte, zone di epidermide fotosensibile alla luce da cui si sono formati, attraverso un lungo processo, gli organi della vista; come altrettanto s’ipotizza, si siano formate delle fessure, per gli organi dell’udito.

A tal proposito la scienza sta creando  un prodotto di ingegneria tessutale, definito “Emicornea autologa”, ottenuto mediante coltivazione di cellule dello stato esterno della cornea, chiamate staminali limbari, ed espanse in vitro su un tessuto di supporto formato da lenticoli corneali liofilizzati. Queste cellule vengono usate per trattare malattie della cornea in cui manca, oppure è rovinato, l’epitelio corneale. Il futuro della medicina scientificamente creativa non potrà fare a meno della genomica: ogni essere umano, ogni paziente è diverso e le cure e i medicinali possono, dovranno, essere progettati in base alle caratteristiche del nostro codice genetico, onde evitare possibili effetti indesiderati.

Un pregiato volume illustrato, edito da Silvana Editoriale Scienze, correda la mostra, assolutamente degna di essere visitata.

Author: admin

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