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Agata MOTTA- Porci senza ali (Macrì e Trapani al Teatro Libero, Palermo)

 

Il mestiere del critico



PORCI SENZA ALI

Palermo, al Teatro Libero c’è “Porco Mondo”

Uno spettacolo di Macrì e Trapani di scena al Teatro Libero, Palermo

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Obiettivo centrato: il mondo descritto in Porco mondo di Francesca Macrì e Andrea Trapani è davvero porco. Porco perché osceno e sconcertante, porco perché autoassolutorio nonostante la totale colpevolezza di chi si mantiene sordo al dolore del prossimo, chiunque esso sia. In scena al teatro Libero di Palermo, lo spettacolo della compagnia romana Biancofago, diretto dalla stessa Macrì, rappresenta un interno agito da un’atipica (ma forse no?) coppia in uno spaccato di periferia urbana.

Lui ha l’anima dentro il computer, attraverso il quale tenta di adescare acerbe minorenni, e il corpo proteso alla ricerca di un piacere non più individuabile, un corpo smosso da una famelicità indistinta che non può essere saziata. Lei è una donna frustrata che avverte il logoramento dell’unione – in fondo si sono conosciuti sui banchi di scuola – e mette in atto tutte le strategie, comprese quelle materne, per attirare l’attenzione di un compagno con la mente perennemente in fuga, persino disposto a condividere la sporca compagnia dei disperati che vivono sotto il ponte, quelli che lo chiamano amico e che lui vorrebbe ammazzare di botte.

Il tempo è quello magico della notte di Natale, quello del trionfo della famiglia e dei buoni sentimenti. Panettone e spumante attendono malinconici di essere consumati, mentre si consuma, invece, il rito grottesco, possiamo supporre sia uno dei tanti cui la coppia è avvezza, di un regalo speciale. Aida Talliente e Andrea Trapani annaspano in questo porco mondo con stile, agiscono freneticamente annegando in gesti e parole tanto vorticose quanto inutili o si alternano in una forma di afasia primordiale e animalesca che nega la possibilità di “nominare” l’altro, cavalcano comunque il fiotto del linguaggio fastidiosamente iterativo, in cui è negata ogni possibile forma di comunicazione, di un testo aspro e senza concessioni.

Lei si veste goffamente da Marilyn Monroe e intona un Happy Christmas scimmiottando l’Happy birthday Mr President cantato dall’attrice al Presidente Kennedy; è ridicola e patetica ma spende il suo tentativo. Lui è smaniosamente lascivo e, pur nell’assenza psicologica, finirà col cibarsi ancora di quel corpo calpestato e umiliato. L’unico vero collante della coppia è l’assenza di ipocrisia: entrambi sono squallidi e non lo nascondono, non conoscono la virtù (è questa la prima parola pronunciata in scena) e non la cercano nemmeno, il perimetro caldo della stanza li contiene, li ripara dal freddo esterno, ne limita la possibilità di fuga e di redenzione.

Sono compassionevoli, eppure non scaturisce dalla visione della loro consunzione neanche un milligrammo di empatia, una volta tanto la distanza fisica tra scena e platea è vissuta con sollievo, si gode nel constatare di non essere come loro, ma l’angoscia serpeggia al pensiero di poterlo diventare. Questa coppia è assurdamente grottesca ma non suona di moneta fasulla, forse ne abbiamo tante intorno senza saperlo, forse qualcuno vi si è riflesso con orrore. Lo scempio di panettone e spumante sbriciolato e versato sul palcoscenico sembra lo scempio di tutto ciò che può esistere di buono su questa terra, viene quasi la nausea… mentre le struggenti voci di Lucio Battisti (Io vorrei… non vorrei…ma se vuoi) e Gino Paoli (“Il cielo in una stanza”) lasciano al palato l’unica vera dolcezza possibile del porco mondo rappresentato.