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Sauro BORELLI- Un amore soltanto detto (“La corrispondenza”, un film di Giuseppe Tornatore)

 

Il mestiere del critico



UN AMORE SOLTANTO DETTO


“La corrispondenza”, il nuovo film di Tornatore

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Giuseppe Tornatore, si sa, è un autore eclettico. Accreditato di una decina di film, nella sua carriera ha toccato molteplici temi – dal Camorrista alla Migliore offerta – con un’attitudine costante ad indagare scorci realistici o immaginari di singolare originalità sia narrativa, sia stilistica. Si può dire, insomma, che ispiri il proprio lavoro più ad una ricerca sempre nuova col palese intento di sperimentare tanto sul piano tecnico quanto su quello espressivo una sua tutta personale esplorazione del dicibile e del visibile.

Una simile linea di condotta si estrinseca di volta in volta in realizzazioni ora di sofisticato impianto tematico (La leggenda del pianista sull’oceano) ora su trepidi ricordi di una esperienza autobiografica stratificata (Nuovo Cinema Paradiso e Baaria). Ultimamente, peraltro, la vena creativa di Tornatore si è orientata verso temi, storie anche più complesse e colorate persino di toni addirittura cosmopoliti. Tanto da puntare, anche per le caratterizzazioni degli interpreti, su ambientazioni e vicende incentrate sulla traccia evocativa più anglosassone che nostrana.

Ora, con uno scarto decisivo e risoluto, col suo nuovo La corrispondenza (eternata anche in una trascrizione letteraria omonima tratta dal film medesimo), Tornatore “istituzionalizza”, si può dire, questo suo metodo di affrontare un raccordo modulandolo attraverso i media più aggiornati e funzionali quali i dialoghi registrati su Skype, i Phone, tablet e computer in una, appunto, “conversazione continuamente interrotta” e di volta in volta, puntualmente ripresa. La conversazione – non a caso realizzato in inglese (e poi debitamente doppiato in italiano) con gli interpreti centrali significativamente impersonati da Jeremy Irons e Olga Kurylenko – si proporziona via via sullo schermo per il tramite progressivo di lettere, mail, dvd che vengono a costituire il “corpo” di una comunicazione intensa, continua seppur cadenzata da un astratto codice cronologico (cioè ogni messaggio, ogni novità sono dettate qui da un rigoroso programma preordinato destinato a disvelarsi soltanto in un ambiguo, reticente approdo finale).

Tutto ciò sciorinato con calibrata misura evocativa da precise premesse drammatiche: in principio erano l’astrofisico un po’ attempato Ed (Irons) preso d’amore (nonostante sia sposato e con figli grandi) per la bella allieva (ed anche all’occasione stunt-woman in film rischiosi) e Amy (Kurylenko). I due, dopo tre mesi trascorsi con fiammeggianti trasporti sessuali in luoghi di abbagliante bellezza (l’Inghilterra, l’Alto Adige, il lago d’Orta) sono costretti a separarsi per gli impegni professionali di lui (in effetti per l’incalzare di un male di Ed, tanto da condurlo ad una inevitabile fine). Ma il provvido e appassionato professore ha preventivato ogni giorno del suo distacco da Amy con puntigliosa precisione e, attraverso un succedersi di messaggi (con i mezzi di comunicazione più vari) provvede a programmare persino ansie, emozioni, slanci sentimentali della disorientata Amy.

Il fatto traumatico dell’annunciata, repentina morte del celebre Ed, prestigioso astrofisico teorico della strategia scientifica delle cosiddette “strisce”, è alla base di questa corrispondenza “mediata” tra i due, pur se alla base del loro rapporto d’amore riaffiorano di tanto in tanto altre questioni psicologiche di oscuro significato.

Lui, Ed, lo scienziato famoso viene detto addirittura il Mago per la sua attitudine a prevenire il futuro; lei, la ragazza, presa da amour fou, con complessi di colpa legati alla morte del padre (per causa sua), si lancia in pericolosi esercizi da stunt – e perciò detta kamikaze – giusto per esorcizzare la sua cattiva coscienza.

L’andirivieni di messaggi tra Ed (ormai scomparso ma pur sempre presente attraverso la programmata serie di mail a futura memoria) e Amy continua così per lungo tempo fino ad indurre la ragazza a ripigliare i rapporti con la famiglia e gli amici dello scienziato scomparso. È questa una tranche de vie che, nonostante tutto, si perpetua con l’intento di condurre ad un epilogo possibile – e al limite tollerabile – l’elaborazione del lutto per l’irreparabile assenza di Ed, ormai muto e definitivamente acquietato nel suo silenzio. Amy, ritornata a casa dalla solidale madre, riprende a vivere, a studiare e, finalmente, a concludere una corrispondenza ormai sterile, infruttuosa.