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Anna DI MAURO- Questi fantasmi, ancora fra noi (“L’oro di San Berillo” di Domenico Trischitta, in un volume di drammaturgia

 

Drammaturgie

QUESTI FANTASMI, ANCORA FRA NOI

Un’immagine dello sventramento del quartiere in fase avanzata

“L’oro di San Berillo”- in volume edito da Agra, il dramma in due atti di Domenico Trischitta

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Alla presenza di un folto,  partecipe e vivace pubblico è stato presentato  al Piccolo Teatro di Catania  il libro “ L’oro di S. Berillo”, dramma in due atti di Domenico Trischitta, corredato dalla fotografia di Giuseppe Leone. L’opera, con una prefazione di Pippo Baudo e la presentazione di Orazio Torrisi, illustrata tra gli altri da Nino Milazzo e arricchita dall’intervento drammaturgico di Guia Jelo, nei panni di Daniela Rocca, vuole essere un provocante omaggio allo straziato quartiere di S. Berillo, le cui vicissitudini, dal primo sventramento del  ’57, fino alle ultime polemiche e battaglie di  questi giorni, hanno reso questa reltà urbana  una delle più scottanti ferite nel tessuto architettonico di Catania, una città che presenta inquietanti e spesso inadeguati progetti di risanamento, il più delle volte destinati a languire, se non a marcire, nei cassetti dei vari governi inadempienti, dal dopoguera fino ai nostri giorni.

Lo scrittore in una veemente drammaturgia corale ci fa rivivere, attraverso le parole della povera gente del quartiere, il doloroso espatrio da un territorio centrale a uno squallido e anonimo quartiere periferico falsamente moderno e inevitabilmente straniero, attraverso diversi  spaccati temporali che scandiscono lo svolgimento della tragedia, ripercorrendone le tappe salienti a ritroso e a salti.

Dal 1993 in uno stabilimento balneare, dove Don Saro, uno dei protagonisti, si addormenta e sogna si passa  al 1942. Si aprono squarci di una già annunciata  guerra da suoni cupi  e da una madre che rivela al suo bambino la terribile verità. L’orrore della storia si affaccia in alcune scene ambientate nel quartiere tra bombardamenti, allarme, colpi di mitraglia.

Finita la guerra siamo all’inizio degli anni ’50, la fantomatica ricostruzione, che non sfiorerà il già provato agglomerato nel centro storico.  Così in quel quartiere diseredato, tra prostitute e  povera gente, si consuma l’ennesimo dramma:   la miseria e il degrado più che mai protagonisti dello scandaloso abbandono delle amministrazioni fino allo sventramento del ’57 tra la disperazione e lo scombussolamento dei ceti più derelitti, che pagheranno o con l’esilio o con la sopravvivenza in un luogo ormai senza identità, senza speranza.  La scena si chiude come si era aperta: lo stabilimento balneare, la piazza, una sala di barbiere dove due killer spareranno sul cliente di turno.

E’ l’apoteosi del Nulla. La delinquenza e il malcostume trionfano in una realtà ormai fantasmatica, lasciandoci un sapore di inevitabile declino, di pietà per  un’umanità  ghettizzata, che custodisce mura e memorie  martoriate e fatiscenti: un incubo senza via d’uscita? Il dramma così diventa denunzia e doloroso ripiegarsi su un passato-presente che chiede  spazio al futuro. Denunciare significa sperare nel cambiamento… O si tratta di una lamentatio funebris? Ci piace immaginare che possa essere entrambe le voci.

Il Trischitta, autore sensibile e partecipe, ha  scelto di dare voce ai diseredati, continuando il suo  impegno civile già presente in precedenti opere come “Una raggiante Catania” o “Sabbie mobili” già rappresentato nel 2015 e che sarà ancora in scena quest’anno allo Stabile di Catania.

Questo libro si affianca ai vari scritti e opere teatrali  su una ormai famosa e scottante, nonchè scomoda, ineludibile, ennesima vergogna della città etnea, costruendo un  denso ed articolato tessuto narrativo, scandito da un dialetto scabro e infarcito di una pesante terminologia, scontata sì, ma pur sempre efficace, capace di  restituire una caratterizzazione che è impasto di rabbia e paura, fino all’esasperazione tracimata da corpi  in  impudica offerta, ma anche ineludibile speranza, al di là di ogni possibile ragione, come in   opere cinematografiche girate a  S. Berillo (1),  dove tra travestiti e  prostitute si aggirano fantasmi che, come Goliarda Sapienza,  famosa scrittrice vissuta in quei vicoli,  a bassa voce chiedono  riscatto.

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(1)“Sicilia di sabbia” di Massimiliano  Perrotta. 2011  -“I fantasmi di S. Berillo” di Edoardo Morabito e Irma Vecchio.  2013 -“ Gesù è morto per i peccati degli altri” di Maria Arena.  2014

“L’oro di San Berillo”   di Domenico Trischitta- Algra Editore.  2015