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Agata MOTTA- Incontro con Paolo Rossi: La ‘preghiera del comico’ (di scena, a Palermo, con “Arlecchino”)

 

 

L’ incontro

 

 

PAOLO ROSSI E ‘LA PREGHIERA DEL COMICO’

Molte sponde di conversazione- e qualcosa  da rilanciare al mittente- L’attore è attualmnete in scena al Teatro Biondo di Palermo con una sua versione di “Arlecchino”

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Intervistare Paolo Rossi non è esattamente come fare una passeggiata tra fiori di campo. Lui è lì, all’altro capo del telefono, e non sai cosa aspettarti, o meglio sai benissimo che probabilmente giocherà d’improvvisazione e ti stenderà al tappeto alla prima occasione. E’ subito evidente che con lui non ci sarà partita, bisogna rassegnarsi e lasciarlo andare, sperando di sopravvivere senza troppi incidenti di percorso.

E magari bisogna anche immaginarlo con la sua fisicità – gli occhi azzurri in versione simil ingenua e i capelli da monello – inscindibile dalla voce che si abbandona alla cadenza dialettale senza alcun freno.  Amabile ma sfuggente, forse più chiuso di quanto si possa immaginare in un personaggio pubblico che ha fatto della comicità il suo mestiere, Paolo Rossi non offre molte sponde e talvolta rilancia al mittente, ma con garbo e simpatia anche quando lo sgarbo è invece dietro l’angolo.

Perché il suo Arlecchino viene dall’Inferno?

Mi sono riferito alle indicazioni che mi diede Giorgio Strehler  sul  fare un Arlecchino e prendere i miei pezzi da affabulatore, da monologhista, da stand up comediam (sarebbe quello che lavora davanti al microfono da solo) e di declinarli in commedia dell’Arte. E questo ho fatto.

Il suo è anche un Arlecchino onirico. Possiamo parlare di una rivendicazione del sogno come unico spazio di vera libertà?

L’unico modo per andare e venire dall’Aldidà, come l’Arlecchino che mi consigliò Strehler, quello che veniva dagli Inferi, era nei sogni, è nei sogni che trovi le persone che non ci sono più, le situazioni scomparse e quant’altro, e questo è un livello dello spettacolo. Io con l’orchestra de I virtuosi del Carso, che mi accompagna in questo spettacolo, dopo un doppio preambolo, un manuale d’uso della serata, ci promozioniamo per matrimoni, battesimi, funerali, convention, circoncisioni, qualsiasi cosa.

Si può essere effettivamente liberi anche nel mondo reale?

Nel mondo reale ci sono problemi, perché comunque nella compagnia siamo tutti divorziati, quindi non abbiamo modo di avere spazio nella vita reale. Ci divertiamo in teatro, abbiamo bisogno di mantenere un sacco di situazioni, ci comportiamo di conseguenza e per questo siamo disponibili per convention, viaggi Valtur e qualsiasi cosa. Ora se qualcuno si aspetta in questo spettacolo la satira politica classica troverà una satira molto più cattiva su quello che succede, ma non legata ai media, perché è difficile fare una parodia della parodia, l’imitazione dell’imitatore, quindi noi raccontiamo le storie della gente raccolte per strada, riciclo pezzi vecchi, improvviso, faccio dei pezzi nuovi per il 30-40%, il 20% è  invece improvvisazione totale.

Come sarebbe oggi “la preghiera del comico”.

Noi abbiamo un compito in questo periodo di crisi: portare conforto, non quello del prete per intenderci, poi se vengono fuori dei punti di vista, dei dubbi, dei piccoli messaggini discutibili col pubblico, che è molto interattivo, benissimo. Se il pubblico si coinvolge, noi non troviamo le soluzioni ma le domande sicuramente sì. E poi comunque si ride per due ore.

Quanto la comicità oggi può destabilizzare il sistema?

Chiedilo a Bob Dylan.

Lei ha parlato del rapporto con il pubblico come di una terapia, ma per guarire da cosa?

No, la terapia è collettiva. Quando io vado in scena sono sul palco tre entità: l’attore, il personaggio che interpreta, la persona, ed è una montagna russa finché ad un certo punto non si capisce più dove c’è il vero e dove c’è il finto. Non è uno psicodramma alla Moreno se è questo che intendi.

Parliamo di giovani. Cosa pensa della fuga di cervelli dall’Italia?

Tutte le cose hanno un lato positivo e un lato negativo. Noi abbiamo girato molto ultimamente l’Europa e non solo: Inghilterra, Belgio, Cina, Albania, Spagna, c’è un sacco di pubblico misto, del luogo e italiano. Io non credo che il problema sia una fuga di cervelli all’estero. Il problema è di certi politici che sono rimasti qui e il cervello è fuggito all’estero.

Che consiglio darebbe ai genitori che hanno i figli universitari: scaraventarli all’estero o cercare di trattenerli con le unghie e con i denti qui in Italia?

Io ho fatto un tot di figli. Al più grande chiederò dei soldi in prestito perché ormai è diventato molto più importante di me. Figli all’estero? Ma è la storia dell’Italia.

Di che colore vede il futuro politico italiano: rosa o nero, giusto per usare i colori della maglia del Palermo?

Questa domanda mi mette in grande imbarazzo. I colori dell’Italia? Non so quali sono. Io mi schiero ogni volta che c’è una buona idea. Io non voto più. Domani andrò a Montecitorio a parlare di un programma dei Cinque stelle, ma io non sono di Cinque stelle, vado dove c’è un’idea buona. Io non do giudizi, io sono un comico e non passo dall’altra parte della barricata.

Qualcosa che le sta a cuore e che non ha avuto l’opportunità di dire?

No. Per quanto mi abbiano censurato, io credo che il più grande massacro sia stato fatto sui giovani. Se qualcuno mi censura, chi se ne frega, ho sempre il microfono, la radio, lo spettacolo; i giovani invece hanno avuto una censura preventiva non sono neanche riusciti a dire, ed è per questo che io da anni, anche pagando, faccio dei laboratori per i giovani, potrei anche farli a Palermo, se mi invitano.

Qui c’è una concorrenza che non si immagina…

Scusami, parlo come Cassius Clay, ma io nell’improvvisazione sono il migliore. Sono il peggiore in tante altre cose, magari non so dare lezioni di vita, ma nelle lezioni d’improvvisazione sono il migliore.

Sono previsti ritorni al cinema?

Il cinema è un’arte molto vecchia. Penso di fare teatro, Internet e altre cose, Il cinema è un’arte vecchia, morente, senza la produzione americana alle spalle. Il problema adesso è che ci sono tanti film americani che ti fanno perdere il principio di evocazione, sai quando tu immagini le cose mentre loro te le danno già,  invece il teatro e Internet e certe TV scalcagnate forse ti possono dare più possibilità. Tra qualche anno scomparirà.

Mi sembra una previsione molto pessimistica.

Oggettiva.Cinque anni al massimo.Scommettiamo?

Ok, a tra cinque anni.

Cinquanta euro, ma chissà quanto varranno!

E allora magari una cena.

Sinceramente ci auguriamo che si sbagli e che perda la scommessa, non tanto per la cena ma per il valore estetico attribuibile alla settima arte.