Ludovica RADIF- Il gesto sulla parola (un saggio di Roberto Trovato. Ed.S.Termanini)



Scaffale


IL GESTO SULLA PAROLA                

Teatro e drammaturgia dalla Grecia classica al Cinquecento: testi, spazi, interpreti e pubblico- Un saggio  di Roberto TrovatoStefano Termanini Editore, Genova (2012)      

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Il volume si propone di indagare nella storia del teatro e della drammaturgia da un punto di vista sicuramente meno frequentato. Lasciando per così dire in sottofondo la produzione dei testi, cerca di ricostruire tutto quel contorno non accessorio ma anzi sostanziale alla realizzazione scenica, in termini di musica, accompagnamento, scene, tecnica attoriale, quanto fa della parola una parola teatrale. Ecco quindi la prepotenza del gesto che interviene a irrobustire l’espressione. La storia parte dalle origini, dai canti aedici sulla cetra, suscettibili di mutare traiettoria narrativa sulla base delle preferenze del pubblico, e dalle performance del rapsodo che si esibisce in una vigile trance, osservate anche nel confronto con la realtà attuale degli spettacoli.

Esemplare al riguardo la sezione dedicata al teatro greco. L’origine della tragedia su cui sempre molto si ricerca e si congettura è qui esaminata piuttosto come dinamica spettacolare riflessiva rispetto al dilemma interiore esistenziale dell’uomo di fronte alle coercizioni del fato incombente, nel suo valore etico catartico e nelle sue ripercussioni sociali, data anche la natura profondamente democratica dell’evento teatrale e il continuo interagire tea testi e politica quale soprattutto si riscontra nella commedia aristofanea (determinanti infatti le varie coordinate entro cui il teatro di Dioniso apparecchiava i festival…).

Dai sovvenzionatori dei cori ai premi finali sono preziose le documentazioni minoritarie rispetto alla letteratura del testo, che illustrano nel vivo del tessuto comunitario ateniese la partecipazione e la sollecitazione agonale dell’evento culturale; si possono così meglio apprezzare le schermaglie adombrate dall’Aristofane delle Rane tra l’andamento monotonico e la varietà metrica o nell’utilizzo stesso del corpo attoriale, destinato ad assumere sempre maggior importanza rispetto ai poeti autori. Corre parallela alla loro esibizione l’evoluzione della scena retrostante, che muove dai primi pannelli dipinti di Agatarco di Samo applicati alla skené intorno alla metà del v secolo a.C., dando l’avvio alla raffigurazione sincronica della scena multipla, che diviene poi scenografia nel momento in cui la pittura interviene a trasformare l’aspetto della stessa skené e del fondale; questa poteva anche movimentarsi in strutture rialzate praticabili, o, più avanti, in rotazioni di prismi girevoli e capovolgimenti di prospettiva, il tutto agevolato comunque dall’impiego della cosiddetta scenografia della parola, ossia la descrizione da parte degli attori del paesaggio o del suono circostante, al fine di ricrearlo in qualche modo anche nella immaginazione degli astanti, coadiuvati sicuramente dall’uso sulla scena di relativamente sofisticati marchingegni tecnici, quali gru, funi, macchine, rudimentali dispositivi sonori e piattaforme girevoli…

Dopo una parallela sezione dedicata alle scene latine, dai primordi, dei fescennini e dell’atellana, fino ai ludi circensi ai saltimbanchi ai tipici spettacoli degli anfiteatri, con accenni alla produzione di Plauto, Terenzio e Seneca, e un’ulteriore sezione illustrativa delle trasformazioni teatrali cui si assiste in età medievale, con riferimento a Rosvita, ai drammi religiosi, alle farse volgari, ai misteri, ai vari jeux, una cinquantina di pagine sono dedicate all’analisi del teatro del Quattrocento dallo studioso Stefano Termanini, con doviziose descrizioni di feste cortesi (al riguardo risultano forse un po’ sottovalutate le prove della prima metà del Quattrocento, si pensi al curioso sia pur embrionale tentativo di riproposta del teatro greco della Penia di Rinuccio Aretino, su cui proprio chi scrive ha concentrato la sua attenzione ancora recentemente).

Chiude il volume un’interessante rassegna di prove teatrali extraeuropee, tra le quali particolarmente interessante risulta, per il suo apparentemente opposto impianto espressivo rispetto al titolo del gesto sulla parola, l’esperienza giapponese, dove la gestualità si riduce a un alfabeto simbolico e i tratti minimalisti sussumono l’azione, non di rado sublimata in itinerari concettuali con l’ausilio di un coro di quasi esclusivo accompagnamento alle danze e l’impiego di maschere antitetiche rispetto a quelle della tradizione occidentale, di esternazione della sfumatura emozionale interna, anche grazie a sapienti giochi di luce riflessa.

Il capitolo conclusivo sulla commedia dell’arte mette in evidenza con grande efficacia lo scarto performativo rispetto alle prime prove attoriali in un teatro in cui come noto l’attore si improvvisa in qualche modo anche autore con le sue peculiarità di maschera fissa, atta ad allontanare lo spettatore dalla realtà, a guidarlo, col semplice ausilio di un canovaccio, lungo una trama improvvisata sul momento dalla loro maestria, fatta di mimica, di gestualità di improvvisazione; in particolare si fa riferimento all’esperienza della commedia degli Zanni in terra straniera come caso singolarmente fortunato, come si può evincere per esempio dalla critica coeva di uno spettatore che aveva assistito in Baviera nel 1568 a una loro rappresentazione. Lo studioso si sofferma infine sulla  natura dello scenario o canovaccio o soggetto, anche mettendolo opportunamente in rapporto con una fra le molte possibili attuazioni sceniche, riportando appunto esempi di canovaccio e di commedie derivanti.

Grazie anche a uno stile chiaro e asciutto, e a una predilezione per la concretezza dell’evento scenico, il volume ci sembra quindi proficuamente utilizzabile per la formazione di chi intenda accostarsi al teatro e comprenderlo non soltanto come fatto letterario ma soprattutto per quella sua affascinante natura volatile che ne fa un arte insieme effimera e figlia dell’epoca in cui si offre alla visione, ma anche un arte tipicamente umana, legata alla personalità, alla intraprendenza dell’attore, alla partecipazione del pubblico, un fenomeno dunque profondamente sociale, e anche un messaggio meno dogmatico e più duttile consegnato ai posteri come noi che tentano di riassistervi a posteriori

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