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Agata MOTTA- L’intervista. Davide Enia, “Dal romanzo al Teatro” (con “Maggio’43”)

 

L’intervista

 

DAVIDE ENIA, “DAL ROMANZO AL TEATRO”

  • Di scena,dal 7 marzo, con “Maggio ‘43” al Teatro Biondo di Palermo

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    Il teatro Biondo non poteva non spalancare le porte a Davide Enia e al suo Maggio ’43, un gioiello di drammaturgia e recitazione in scena da venerdì 7 a domenica 9 marzo. Davide Enia con Giulio Barocchieri, che esegue le musiche in scena, racconta dei bombardamenti su Palermo in quella tragica domenica di maggio, di una colorita e squinternata famiglia allargata e dei suoi espedienti per la sopravvivenza.

    Gli occhi del piccolo Gioacchino diventano i nostri e riusciamo perfettamente a sentire sulle palpebre la polvere delle esplosioni, la meraviglia per quegli interni squarciati, il blocco d’ogni via di accesso alla pietà, lo stravolto codice morale di un tempo non troppo lontano azzannato dalla fame e dal bisogno.

    Davide Enia ha il talento naturale del narratore – non è un caso se tutto ciò che scrive si trasforma immediatamente in un successo – catalizza immediatamente l’attenzione, incolla all’ascolto. Sembra lontano e distaccato eppure non molla la presa, le rappresentazioni teatrali, nonostante l’apparente staticità da “cuntista”, fremono di uno spontaneo dinamismo interno, per cui è impossibile emettere uno sbadiglio o divagare con la mente verso altri lidi.

    E lo stesso vale per la lettura: Così in Terra (Dalai edizioni) è un romanzo tutto da divorare, in cui tecnica impeccabile, spontanea ispirazione, ricerca linguistica si fondono raggiungendo risultati di puro lirismo e di spudorato realismo. Legato a doppio nodo alla sua terra, Davide Enia ha però lasciato Palermo.

    Sembra impossibile, eppure nel tuo sito adesso troviamo “vive e cucina a Roma”. Perché Davide Enia ha lasciato Palermo?

    Perché impossibile? A Palermo si vive male. La città è prigioniera di un passato che non ha mai avuto e ha smesso di osservare il mare da più di settanta anni. In più c’è una collusione spaventosa tra i suoi abitanti e lo sfacelo. A Roma almeno c’è un’altra aria e meno spocchia, in più sto accanto alla mia compagna, e già questo rende la questione priva di ogni dubbio.

    Maggio ’43 è una delle tue opere più felici (in commercio anche in DVD e in volume edito da Sellerio). Cos’è cambiato nel tuo modo di sentire e di rappresentare questo lavoro a distanza di anni?

    Si è andato perfezionando, nel tempo, il lavoro attoriale, cercando nelle pieghe del testo altre possibilità di scavo in profondità. In più, si è acuito il dolore per la condizione miserabile cui versa il teatro in Italia.

    Il tuo romanzo Così in terra ti ha aperto una nuova dimensione narrativa, ma sempre ancorata alla tua città e al suo bislacco universo di teneri e ostinati personaggi. Non senti il bisogno di uscire, non solo con il corpo ma anche con l’immaginario, da Palermo?

    Credo che già nel romanzo Palermo sia un luogo del tutto trasfigurato, più un paesaggio mentale e sentimentale che uno spazio fisicamente denotato, come per l’Africa, l’altra geografia che compone il quadro di «Così in terra». A maggio tornerò in libreria con un nuovo libro, un piccolo romanzo costruito su tre racconti brevi per una collana nuova edita da EDT in cui si è chiesto a degli scrittori di parlare di una città e del suo cibo. Le città sono New York, Tokio, Berlino, Barcellona, Londra e quella di cui ho scritto io, Roma. E il libro parla di fame e d’amore, di guerra e di come il cibo possa letteralmente salvare la vita.

    Parigi ha ospitato te con Italia-Brasile 3 a 2 (tradotto da Olivier Favier e Jacques Bonnaffé) al Théâtre de la Ville e altri artisti palermitani, come Lina Prosa recentemente presente al teatro Comédie-Française, dimostrando apertura e sensibilità verso i nostri autori. Quanto conta per un artista essere chiamato e apprezzato all’estero? Cambia la considerazione di chi ti sta intorno?

    «Italia-Brasile 3 a 2» è un tourné da 2 anni, messo in scena dalla compagnia Tandeim, in una rappresentazione che mi ha divertito molto. Non so se cambi la considerazione di chi mi sta intorno, di certo all’estero la cultura è vissuta in modo più professionale. Poi, certo, in Italia c’è una esterofilia che rasenta il ridicolo.

    Ti sei mai sentito attratto dal cinema?

    No. Credo che la vera partita, in termini di qualità, si giochi in televisione e sulla rete. Ovviamente, non nella tv italiana, mediocre, perbenista, autoassolutoria, facilona.