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Agata MOTTA- Prenditi cura di me (“Fratelli di sangue” al Teatro Libero di Palermo)



Teatro    Il mestiere del critico


PRENDITI CURA DI ME

“Fratelli di sangue” di A.Hellstenius al Libero di Palermo. Regia di M. Parriniello

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Un appartamento nuovo a Oslo fornito dal Comune. E’ da lì che Elling e Kjell Bearne, due pazienti psichiatrici ritenuti idonei ad affrontare la vita quotidiana senza le barriere limitate e protettive dell’istituito che li ha accolti, potranno cominciare il percorso riabilitativo. Un assistente sociale, Frank, deve seguirne l’evoluzione, un po’ angelo custode un po’ severo controllore, perché non è detto che la prova funzioni e che i due sappiano realmente prendersi cura di se stessi. “Fratelli di sangue” del norvegese Axel Hellstenius (poi film da Oscar a firma di Petter Naess), proposto al teatro Libero dalla giovane compagnia I Demoni, è uno spettacolo fresco nelle interpretazioni e veloce nei ritmi narrativi. La regia di Mauro Parrinello orchestra il risultato senza gravare sulla spontaneità recitativa, ma fissando paletti ben precisi all’interno dei quali disciplinare la tentazione dell’eccesso sempre in agguato quando si affronta la tematica del disagio mentale.

Giusta anche la chiave usata per la connessione dei diversi livelli narrativi in relazione al tempo e allo spazio: il passato emerge attraverso degli “a parte” o dei “fermo immagine” che funzionano da flashbeck, mentre gli spazi altri rispetto all’appartamento-nido (la funzionale e ridottissima scenografia appartiene a Chiara Piccardo), sorgono rapidamente dagli efficaci cambi di luminosità disegnati da Sandro Sussi. Nicolò Giacalone, un Ellis intellettualoide e fortemente fobico cresciuto all’ombra di una madre che ne ha bloccato la crescita e la capacità relazionale, e Alessio Praticò, un introverso Kjell Bearne vittima di traumatici trascorsi infantili, delineano i personaggi puntando sulla contrapposizione fisica, gestuale, verbale, una coppia di opposti che si incontrano per riconoscersi reciprocamente e per accettarsi incondizionatamente.

Il mondo esterno, però, per quanto relegato ai pochi momenti di forzata socializzazione imposti dal Frank di Filippo Giusti, bussa anche alla porta di chi vorrebbe mantenerlo ai margini, nelle sembianze femminili di un’altra reietta (Valentina Badaracco che copre tutti i ruoli femminili) in cerca di conforto per Kjell Bearne o nell’esaltante esperienza poetica per Ellis, che preferirà mantenere un protettivo anonimato dietro il quale continuare a nascondersi. Attraverso un testo intelligente ed equilibrato, in cui la leggerezza non indugia mai nella banalità, e una messa in scena gradevole per gli stessi motivi, si può sorridere anche sull’inquietudine esistenziale e sul patologico disagio, specie se contribuiscono a svelare quelle sacche di malessere irrisolto che pressano sulla presunta normalità rivelandone le fragili impalcature.