“Mi chiamo Maris e vengo dal mare”. I viaggi della speranza del XXI secolo in palco tra mito e cronaca

“Mi chiamo Maris e vengo dal mare”. I viaggi della speranza del XXI secolo in palco tra mito e cronaca

@Anna Di Mauro, 15 novembre 2023

Mi chiamo Maris e vengo dal mare monologo dal suggestivo titolo, apprezzato fin dal debutto nel 2019 e replicato con successo, ora in scena a Roma, evoca senza retorica l’odissea oscura di una ragazza africana, una storia vera portata alla luce da questa intenso, scabro e poetico svelamento di una storia di doloroso riscatto. Frutto di una ricerca appassionata, la pièce, scritta da Chiaraluce Fiorito da un progetto drammaturgico di Melania Manzoni, è interpretata e diretta dalla stessa Fiorito con sensibilità, forza e determinazione per conoscere, capire, condividere. Emozionante e coinvolgente grazie all’articolata regia e all’energia profusa dall’interprete, dispiegata con sincera e rispettosa partecipazione, il dramma sconosciuto di questa giovane donna, raccolto in uno SPRAR della Sicilia orientale, una delle tante strutture di accoglienza del nostro paese, prende forma artistica, tra le suggestioni simboliche di una rete da pesca (i legami con il passato) e una “pignata” di rame (pentola arcaica), da cui prende le mosse il viaggio di Maris. L’inizio è karmico: una ipnotizzante danza rituale iniziatica densa di ritmi africani, dove la Fiorito incarna la fanciulla intenta ad attingere l’acqua nel paese d’origine, per poi precipitare improvvisamente nel suo lacerante destino: l’amato fratello la vende. Maris (il nome è artatamente inventato) è una delle tante ragazze africane vendute dalla famiglia per prostituirsi, salvo a rimanere incinta. Così però la merce è avariata. Occorre disfarsene.

È il caso portato in scena; uno dei tanti. Con il peso di una gravidanza indesiderata, la ragazza viene imbarcata su una delle tante carrette della morte che solcano il Mediterraneo alla volta della Sicilia, luogo di elezione per gli sbarchi dei migranti del Continente nero. Una storia agghiacciante, sul fil rouge dell’acqua che da fonte di vita diviene fonte di morte, restituita nella sua crudezza epica come un appassionante e lucido calvario. In una navigazione ai limiti dell’umano, Maris annaspa, trema, pervasa di sale, sudore, paura, angoscia, emozioni che la Fiorito rende con rara finezza, in un susseguirsi ininterrotto di parole e gestualità che catturano lo spettatore in un gorgo da cui, naufraghi nell’anima, assistiamo impotenti al destino amaro di una madre e di una figlia in balia dei flutti. Le grandi tematiche dell’esilio e del viaggio si intrecciano al rifiuto conflittuale di una maternità frutto di violenza, tra emozioni profonde e amare riflessioni, tuttavia schiudendo la porta alla nuova vita che, nonostante tutto, verrà al mondo. Qui sta anche la forza della pièce, questo emergere dall’abisso per aprirsi alla dolcezza della speranza, una sorta di riscatto della madre traslato nella figlia, scevro dall’inutile orpello del giudizio. Si avverte nel monologo l’urgenza della rivelazione, condotta alternando il mito e la realtà con una accurata operazione estetica, unita all’evidente capacità della “narratrice” di compenetrarsi empaticamente nella vita di Maris, narrata nei dettagli, per farci rivivere e comprendere in profondità il suo dramma, rendendolo visibile e presente ai nostri occhi, dilatando nel finale lo sguardo ad altre tragiche storie, perché l’arte assuma il nobile compito di toccare e smuovere la coscienza civile e umana di chi non vede o non vuol vedere l’orrore di una realtà che qui si tinge del sangue e delle lacrime di una donna che in queste latitudini paga un doppio tributo alla vita.

“MI CHIAMO MARIS E VENGO DAL MARE”
di e con
Chiaraluce Fiorito

Da un progetto drammaturgico di Melania Manzoni

Improvvisazioni vocali e sonore di Giulia La Rosa

Al Binario 30 Teatro- Roma
Venerdì 24 e Sabato 25 Novembre, ore 21-Domenica 26 Novembre ore 18