“No! Al Teatro Greco no!” grida il prof. Aristogitone dai gradini di 2.300 anni

“No! Al Teatro Greco no!” grida il prof. Aristogitone dai gradini di 2.300 anni

 @ Anna Di Mauro, 29-04-2022

Head of Aristogeiton (fragment of a statuary group of the Tyrannicides)

“Noooo!” Un urlo straziante attraversa la cavea, sposta l’aria, sommerge le teste, penetra assordante nelle orecchie dei più che assuefatti fans, pronti a saltellare sulle millenarie pietre che hanno resistito fino ad ora, ma difficilmente resisteranno ancora ai parossismi della folla vociante, tesa a gustare con tutto il corpo le note travolgenti dei propri beniamini. La scena brilla di ottoni, microfoni, altoparlanti, strumentistica di palese attualità. Lui non lo sa, ma tra poco un uragano di applausi e di note acutissime bombarderà uno dei più importanti teatri millenari del nostro paese, mettendo a repentaglio le sue fragili strutture, in barba alle allarmistiche previsioni degli insigni e inascoltati archeologi.

Il professor Aristogitone è a rischio infarto. Glielo avevano detto che nel leggendario teatro di Siracusa volevano ospitare concerti di musica leggera, ma non aveva voluto crederci. “Uno scherzo di cattivo gusto” si era detto nelle notti insonni, a seguito di questa ferale notizia. “Nessun essere pensante dotato di normale intelligenza potrebbe concepire un disegno di tal fatta.”

Purtroppo la sua ingenua fiducia nella lungimiranza delle istituzioni stava per avere un duro colpo. Intanto il tarlo del dubbio cominciava ad attaccare le sue lignee credenze.

Così un pomeriggio decise di appurare di persona come stavano le cose. Seguendo lo sciame di giovani spettatori che si dirigevano verso il teatro greco pensava compiaciuto a un evento di cultura classica, anche se la quantità esorbitante di tatuaggi, piercing, chiome variopinte, catene, jeans strappati aveva creato qualche crepa nella sua incrollabile fede nel genere umano.

“ …E se fosse vero? Se qualche incosciente avesse veramente deciso di utilizzare questo tempio della cultura come luogo di ritrovo per assordanti concerti di musica contemporanea, dove, lo aveva visto in qualche trasmissione, il pubblico si scalmanava senza freni inibitori?”

Tremando a quel pensiero il professore arrancava sui gradini della cavea, sempre più angosciato, cercando di non farsi travolgere dalla gioventù scatenata. In preda all’ansia a poco a poco la dura realtà cominciava ad affacciarsi alla sua mente vacillante. Si guardava intorno smarrito, come per cacciare quel martellante fantasma che si era insinuato nella sua mente di illustre grecista. Quando si trovò a sedere, spinto dagli scalmanati, sulla nuda pietra, mentre nell’orchestra le prime note eseguite dai musicisti ad altissimo volume accompagnavano l’entrata del protagonista della serata, capì che qualcosa di terribile stava accadendo. Quel luogo sacro si era improvvisamente trasformato in una gigantesca discoteca a cielo aperto. Luci, suoni, urla. Sopraffatto e imbufalito dalla Babele in cui si trovava, il professore annaspava, cercava di issarsi al di sopra degli invasati, facendosi largo tra l’intreccio dei loro corpi in preda a frenetici parossismi. Una scena pietosa e terribile. Gli occhialini traballanti appannati, la cravatta di traverso, il sudore sull’ampia fronte, erano inequivocabili segni di un furore incontrollato. Seguendo l’esempio dei suoi vicini si mise in piedi sui gradoni, mentre un grido dalle profondità oceaniche del suo animo, non più trattenuto, fuoriusciva dalla sua bocca spalancata, riuscendo incredibilmente a superare il volume stratosferico della musica e del coro spontaneo che era nato tra il pubblico, in moto perpetuo.

“Nooooo!!!”

A quel No seguì un tangibile silenzio.

“Chi grida No??!!” chiede il cantante paillettato con il sopracciglio inarcato e lo stupore nella voce e forse negli occhi per via degli occhiali neri (sfido… con quelle luci accecanti!)

“Chi osa contrastare il mio canto? Chi si oppone alla mia arte?”

Sembrava la brutta copia di Giove nei suoi momenti di ira divina, con contorno di fulmini e saette. Silenzio glaciale. Dalla metà della cavea si alza una voce ferma e profonda:

“ Eìnai”

“Che?” biascica il divo canoro

“Sono io”

“Io chi?”

“Il professor Aristogitone”

“…E sarebbe?”

“Professore di Lingua e letteratura greca all’Università”

“Capirai… e chi lo capisce il greco? A che serve?”

Risata generale. Il professore trascurò di spiegare il valore della sua materia. Non ne valeva la pena.

“Perché hai gridato No, esimio professore? Non ti piace la mia musica?”

“Non mi piace che si faccia qui, in questo monumento che andrebbe conservato e tutelato con la massima cura. Un patrimonio di inestimabile valore! Una testimonianza di una grande civiltà! Un baluardo di arte e cultura! Voi lo distruggerete.”

A quell’affermazione il teatro scoppiò in una risata primordiale, scuotendo sin dalle fondamenta quel magnifico ammasso di pietre che si sgretolò miseramente travolgendo i miscredenti e la loro intollerabile tracotanza.

Dalle macerie uscì indenne il professor Aristogitone, miracolosamente scampato al disastro, che scuotendosi di dosso il pietrame e la polvere, tossicchiando e sputacchiando proferì la famosa frase per cui passerà alla storia:

“Ve l’avevo detto…”