Distruzione=Rinascita. Allo Stabile di Catania “Baccanti” da Euripide trafigge con il suo amletico messaggio

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Distruzione=Rinascita. Allo Stabile di Catania “Baccanti” da Euripide trafigge con il suo amletico messaggio

@ Anna Di Mauro, 13-01-2022

Ambientazioni cupe, asettiche, claustrofobiche; scenari arricchiti da suggestive video proiezioni e da un imponente plafone; recitazione asciutta; drastica riduzione di un testo importante in uno stile decisamente contemporaneo, intriso di echi del modo classico, fanno di queste “Baccanti” all’insegna della sobrietà, in scena al Teatro Stabile di Catania, un emblematico e storicizzante manifesto del potere eversivo della donna: un tema che si pone chiaramente al centro degli interessi della regista Laura Sicignano, impegnata da anni  in questa direzione di ricerca nel fecondo percorso della rivisitazione della tragedia classica. Dopo l’Antigone, superba eroina, pronta a ergersi, a costo della vita, contro le miopi leggi dello Stato, ecco “Baccanti”, di Euripide, traduzione e adattamento in tandem con Alessandra Vannucci, in cui la razionalità caparbia di Penteo, re di Tebe, simbolo del potere statale, che non vuole riconoscere il potere divino di Dioniso, Caos vitale, finirà per scontrarsi tragicamente con la vindice divinità androgina e con le Baccanti, sue seguaci, che in preda alle follie di un misterioso rito arcaico, si avventeranno sul corpo di Penteo, indotto da Dioniso a spiarle travestito da donna, che finirà smembrato paradossalmente persino dalla madre Agave, personaggio centrale dai contorni slabbrati nella disperazione rarefatta di Alessandra Fazzino.

Tragedia dei destini incrociati, “Baccanti”, riproposta dalla Sicignano nel difficile equilibrio tra classicità e contemporaneità, sfiora l’Onirico e l’Imponderabile, inscatolata in  uno spazio atemporale irrimediabilmente degradato dalla natura dirompente, solcato da quattro donne e dalle apparizioni di Tiresia e Cadmo di Antonio Alveario e Franco Mirabella, inediti nella loro follia amorale, del frizzante e incisivo messaggero di Silvio Laviano, dell’elegante, scettico, caparbio e ingenuamente curioso Penteo di Aldo Ottobrino. Siamo di fronte a una sorta di circo noir schizofrenicamente adagiato su un tappeto di musica elettronica condita da strumenti arcaici come il duduke la fujara, suonati in palco. Tre figure femminili dominanti attraversano la scena, governata dal Dio dell’ebrezza che gioca a dadi e si diverte con la vita degli umani; inalberano, fuori dagli stereotipi, la loro libertà in preda al sogno di rinascere a nuova vita mentre divincolandosi sgusciano fuori dalla morsa che le tiene prigioniere. Il segmento dell’attrito tra Razionalità e Caos, Apollo e Dioniso, che ritroviamo nella scepsi filosofica di Nietzsche sulle origini della tragedia, qui indossa le vesti della seduzione e dell’irretimento dell’apparentemente razionale Penteo da parte dell’effeminato e ironico Dioniso in tacchi e zeppe di Manuela Ventura, travestito da straniero, fino alla sconvolgente distruzione.

Il femminile dionisiaco nella tragedia euripidea travolge il maschile apollineo spargendolo, seme della terra, a rigenerarsi nell’eterna lotta tra due impulsi essenziali, in un dualismo insanabile, in un eterno alternarsi senza soluzione di continuità. Qui il finale punta decisamente sull’orgiastica, vitale danza delle tre Baccanti, assurte a simbolo dell’egemonia femminile sul potere maschile, nudo e vinto, esposto in una teca, su cui si erge l’inesorabile Dioniso dall’insospettabile, impietosa violenza.

Il pregio della lettura di queste “Baccanti” sta nell’impianto futuribile di una messa in scena in cui si addensano le grandi energie di un cast dove trovano degna collocazione i parossismi delle Baccanti di Egle Doria, Lydia Giordano, Silvia Napoletano, laddove la tensione caotica dei corpi in movimento e dei volti enigmatici assume i toni ambigui di un incisivo rifiuto delle convenzioni, della fissità dei ruoli, dei vincoli di uno scenario dai confini incerti, offrendo altresì una direzione distruttiva che rilascia tuttavia quel vago sapore potenzialmente rigenerante del fertile sangue di Penteo.

Laura Sicignano

Nelle opere di Euripide lo spirito apollineo emerge chiaramente, contrariamente ai tragediografi che lo avevano preceduto, anche se nelle Baccanti lo spirito dionisiaco sembra prevalere. In realtà l’opera, di difficile interpretazione, nella sua palese ambiguità tende a mostrare cosa accadrebbe se Dioniso si imponesse con la sua carica erotica e travolgente. Le Baccanti è anche l’ultima creazione del grande tragediografo che di lì a poco muore; una sorta di testamento dove emergono sostanzialmente i rischi di una religione orgiastica dove Dioniso, dio della gioia e della spensieratezza si trasforma in un despota feroce che mette impietosamente in ridicolo l’eroe sapiente, ma non troppo, il re di Tebe, inducendolo a travestimenti muliebri, colpevole di non averlo riconosciuto e onorato come natura divina, rivendicata a gran voce nel suggestivo incipit dell’opera.

Dalla prima rappresentazione postuma ad Atene nel 403 a.C. all’ultima complessa rappresentazione in forma di teatro totale della compagnia catalana La Fura del Baus con la regia di Carlus Padrissa nel Luglio 2021 al Teatro Greco di Siracusa, questa tragedia senza tempo continua ad affascinare e travolgere suscitando raccapriccio e riflessioni. In sostanza il mondo classico euripideo ci propone con la sua forza drammaturgica l’annosa questione del conflitto tra istinto vitale e ragione, alias sapienza. La questione femminile è solo una parte della profonda dialogica tra spirito apollineo e spirito dionisiaco. Comprensibile proporne l’inquietante risvolto in un momento storico in cui sono gli uomini a straziare e uccidere le donne, ma è importante sottolineare che la diatriba euripidea non oppone semplicemente il maschile al femminile, ma si pone pietra miliare di uno sguardo profetico al nuovo millennio che, allontanandosi dalla saggezza, rischia di sprofondare nel Caos e nella follia degenerativa.

BACCANTI

di Euripide
traduzione e adattamento Laura Sicignano e Alessandra Vannucci
regia Laura Sicignano
con Aldo Ottobrino, Manuela Ventura, Egle Doria, Lydia Giordano, Silvia Napoletano, Alessandra Fazzino, Franco Mirabella, Silvio Laviano
regista assistente Nicola Alberto Orofino
musiche originali eseguite dal vivo Edmondo Romano
scene e costumi Guido Fiorato
movimenti di scena Ilenia Romano
luci Gaetano La Mela
video e suono Luca Serra

aiuto costumisti Francesca Marsella, Vincenzo La Mendola – direttore di scena Alessandro Mangano – attrezzista Silvestro Ruggeri – capo macchinista costruttore Santo Floresta – primo macchinista Sebastiano Grigoli – aiuto macchinista Salvatore Melarosa – collaboratore alla costruzione Vincenzo Auteri – capo elettricista Salvo Orlando – elettricisti Salvo Costa, Gaetano La Mela – capo fonico Giuseppe Alì – fonico Luigi Leone – sarte Claudia Mollica, Carmela Fichera – realizzazione costumi Riccardo Cappello – scenografo realizzatore Elio Di Franco
scene e costumi realizzati dal laboratorio di scenografia del Teatro Stabile di Catania

direttore tecnico e degli allestimenti Carmelo Marchese
comunicazione e ufficio stampa Matteo Durante
ufficio stampa nazionale Nicola Conticello
foto di scena Antonio Parrinello

produzione Teatro Stabile di Catania

allestimento anno 2020

 

Al teatro Giovanni Verga di Catania dall’11 al 23 Gennaio

Author: Anna Di Mauro

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