Glorie del passato e follia: ‘Che fine ha fatto la piccola Stella?’ di Simona Almerini al Teatro di Cestello di Firenze

Glorie del passato e follia: ‘Che fine ha fatto la piccola Stella?’ di Simona Almerini al Teatro di Cestello di Firenze

@ Marco D’Alessio (25-11-2019)

Firenze – Stella e Ginevra, due sorelle, hanno entrambe svolto la carriera di cantante. La prima si trova a rimuginare sulle glorie di un successo risalente all’infanzia che non ha avuto seguito, a causa del talento della seconda che l’ha a poco a poco messa in ombra. Ginevra invece è reclusa in casa per via di un incidente che l’ha resa invalida costringendola a ritirarsi dalle scene, ma nonostante siano trascorsi venti anni la sua fama non si è spenta e gode ancora dell’affetto del pubblico. Le due donne conducono la loro esistenza nella più totale solitudine in un microcosmo simile a una gabbia; Ginevra imprigionata nella sua stanza su una sedia a rotelle, Stella nel salotto dove sono esposti i premi ottenuti nel periodo di maggiore successo, tra questi figura la bambola/sosia vestita come lei durante le esibizioni. L’unica persona che può accedere a questo spazio chiuso è Rita, la cameriera fortemente legata a Ginevra e consapevole della follia di Stella, che cerca di impedire alla sorella ogni contatto esterno, isolandola ancora di più e controllando telefonate, lettere e visite. Il precario equilibrio di interdipendenza tra le due viene meno con la decisione di Ginevra di vendere la casa e chiudere la sorella in manicomio. Ciò porta a uno stadio ancor più avanzato la follia di Stella, che arriva a sostituirsi alla sorella al telefono, e a torturare fisicamente e psicologicamente. Nel momento in cui Ginevra tenta di opporsi all’isolamento impostole, le viene sottratto anche il conforto della presenza di Rita, che Stella licenzia. Nel momento in cui la cameriera sta per scoprire il diabolico piano di Stella, quest’ultima giunge a un punto di non ritorno, uccidendola. Ormai sole, nel mezzo di un dialogo ricco di pathos, durante il quale Stella rimane china a terra come se giocasse con la sabbia, Ginevra rivela le sue colpe nei confronti della sorella.

L’oppressione dell’ambiente ricco di oggetti – tra cui spiccano i cimeli dell’enfant prodige Stella oppure le mura fatte di fili verticali che rendono l’ambiente simile a una gabbia e i gradini che accentuano ancor più l’isolamento fisico di Ginevra – diventa il riflesso della stasi psichica che affligge le due donne, l’una piena di rancore per la carriera mai decollata, l’altra per la paralisi che ne ha arrestato il volo.

La malattia stessa è un punto focale dello spettacolo in quanto si insedia nel rapporto tra le due sorelle, rappresenta il germe da cui si sviluppano i disturbi psichici e i problemi fisici delle due protagoniste.

Il tempo della narrazione è un eterno passato entro il quale si è pietrificata l’esistenza delle due donne. Quella di Ginevra si è fermata la sera dell’incidente d’auto e da allora la ex-cantante si limita a ricordare i floridi anni di carriera ormai trascorsi, Stella è imprigionata nella rievocazione grottesca e patetica dei suoi successi infantili e nell’odio per la sorella che a un certo punto l’ha relegata in un angolo, in modo crudele. Intriganti e suggestive le interpretazioni delle due attrici protagoniste, che hanno reso in pieno le complesse condizioni psico-fisiche di Stella e Ginevra attraverso un uso sorprendente del corpo. Suggestiva e avvincente l’interpretazione di Rita da parte di Bettina Bracciali, per come ricalca a tratti, nella sua ricerca della verità, gesti e atteggiamenti del detective da romanzo giallo classico.

La pièce, liberamente ispirata al romanzo What Ever Happened to Baby Jane? di Henry Farrell (1960), affascina lo spettatore come un thriller, lasciandolo col desiderio di conoscere le successive vicissitudini delle due protagoniste.

 

CHE FINE HA FATTO LA PICCOLA STELLA?

di Simona Almerini

con Cristina Bacci, Eleonora Cappelletti, Bettina Bracciali

Costumi Fiamma Mariscotti

Scenografia Lorenzo Scelsi

Tecnico audio/Luci – Sara Manzi

Regia Pietro Venè