Fabrizio TRAINITO – “I fratelli litigiosi” (racconto breve)

 

Io scrivo



I FRATELLI LITIGIOSI


(il disegno è dell’autore)

 

Erano nati dai semi della stessa pigna, entrambi erano sopravvissuti all’assalto degli uccelli affamati e alle intemperie. Avevano germogliato ed erano cresciuti troppo vicini facendosi ombra l’un l’altro a seconda della rotazione del sole. Tutti erano sicuri che uno dei due, il più debole, non ce l’avrebbe fatta. E invece no, dopo sei mesi di difficile convivenza, eccoli ancora là, giovani e prestanti fuscelli pronti a farsi dispetti, frustandosi ogni volta che una folata di vento li muoveva. Erano cresciuti uno rivolto a Nord e l’altro a Sud, ormai quasi abbracciati, intenti come erano a sottrarsi spazio in ogni occasione.

Ormai affondavano i loro vigorosi rami e le possenti radici ognuno nello spazio dell’altro in una continua serie di provocazioni e di punizioni, alimentando quotidianamente rancore e risentimento. Si erano prima infastiditi, poi ostacolati, infine odiati.

Il settentrionale con le sue fronde aveva oscurato il sole al meridionale, che a sua volta aveva risposto piazzandogli un ramo basso proprio addosso al tronco e quando soffiava tramontana gli segava la corteccia. Ormai tutto il bosco parlava di loro e del loro astio, ogni marachella era al centro delle chiacchiere e dei commenti di tutti. I più vecchi provarono a farli ragionare, ma ormai nessuno dava loro retta; d’altronde, per tutti, quello dei due fratelli litigiosi era l’unico modo per distrarsi dalla noia del vivere boschivo.

Quando giunse l’uragano, li colse impreparati, intenti nelle solite ripicche e rappresaglie dell’ennesimo litigio. La tempesta era di una forza mai sperimentata prima e presto capirono che il pericolo era veramente grave. Il primo ad essere strattonato fu il settentrionale che si tenne ben stretto al fratello con tutti i suoi rami, poi toccò anche al meridionale che nonostante il fastidio, istintivamente, si sporse verso il fratello e lo abbracciò.

La polvere alzata dal vento era dappertutto e nulla si poteva vedere intorno. Il bosco era avvolto in una nuvola impetuosa e sembrava essere sul punto di essere trascinato in cielo. Gli urti si moltiplicarono e i due fratelli dovettero stringersi ancor di più, per non finire spazzati via dalla furia della natura.

Quando la tempesta si placò, la polvere si depose e filtrò tra le nubi qualche pallido raggio di sole, si presentò loro uno spettacolo desolante. Dove era passato il tornado gli alberi non rivolgevano più le loro chiome al cielo, ma sembravano tanti storpi o malati, ormai piegati dalle sofferenze e dall’età. Il terreno era disseminato delle carcasse di quelli che erano stati per una vita i loro compagni, chi spezzato dalla furia del vento, chi sradicato, chi ancora abbattuto dal peso della pioggia.

Solo loro si erano salvati e svettavano ancora verso l’alto. Il settentrionale aveva perso tre grossi rami e molte foglie. Il gemello meridionale aveva avuto la peggio, ma era ancora in piedi, anche se un po’ si poggiava sul fratello. Fu così che scoprirono il valore di affrontare insieme le avversità, di sorreggersi reciprocamente e poi anche di consolarsi.

Adesso, quando la tramontana li sferza, quel ramo basso tanto odiato, che sfrega la corteccia, sembra un piacevole massaggio, e quelle fronde che oscurano il sole, un piacevole riparo dalla calura.


Il racconto è stato concepito nell’ottobre 2011, nella selva di Villalba, ad Allerona, in Umbria, durante un incontro di famiglia. È stato suggerito da mio padre mentre osservavamo insieme i due alberi nella foto. (f.t.)


 

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