Fabio SARGENTINI- Il mestiere del regista. Onda di sangue
Il mestiere del regista
ONDA DI SANGUE
Atto unico fulmineo di Elsa Agalbato, Fabio Sargentini
Sino al 18 dicembre 2015. Pittura: Mario Nalli Video: Letizia Caudullo, David Barittoni Voce: Francesco Biscione Suoni: Paolo Guaccero Luci: Giuseppe Tancorre Scenotecnica: Paolo Nunzi, Sonia Andresano L’Attico via del Paradiso 41 Roma
www.fabiosargentini.it
Un atto unico fulmineo, rappresentazione tra pittura e teatro, due minuti e mezzo, il tempo tra un’apertura e una chiusura di sipario. Il tempo, anche, in cui il mare può risucchiare una vita. Tanto dura lo spettacolo «Onda di sangue» che Fabio Sargentini ed Elsa Agalbato dedicano alle vittime delle tragedie in mare. La ormai storica Galleria d’arte è uno spazio aperto nel 1972 in via del Paradiso in cui vengono progettate e prodotte forme inedite di arte e rappresentazione scenica, che unisce pittura e teatro.
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Onda di sangue
Di fronte ai tragici eventi di questi giorni si prova un certo imbarazzo a guardare molta arte contemporanea. Alcune mostre ed opere appaiono così distanti dalla realtà, come un gioco a se stante, ridicolo, osceno. C’è un lavoro all’Attico che ha per titolo Onda di sangue, un titolo che quando lo pensai per la prima volta, un paio di mesi fa, fece paura a me stesso che lo concepivo. Spaventati erano i miei collaboratori. Nonostante tutto lo abbiamo mantenuto. Ed ora si è abbattuta sulla Francia e sull’Europa un’onda di sangue reale e non fittizia. Vengono i brividi.
Erano i primi giorni di luglio quando ho proposto a Mario Nalli di dipingere un’onda gigantesca. Ignoravo il perché lo facessi. Ma la visione di quest’onda fluttuava insistente nella mia scatola cranica. È stato soltanto ai primi di settembre, sotto l’incalzare della cronaca – immagini strazianti sui media, corpi umani annegati, galleggianti in mezzo al mare o come dormienti rannicchiati a riva – che l’onda da me evocata mediaticamente anzitempo ha trovato il suo aggancio concreto. D’un tratto ci sono stati chiari contenuti e modi della rappresentazione: un atto unico fulmineo di circa sessanta secondi dove l’onda dipinta si prolunga in un’onda virtuale che si frange sul palcoscenico. Il mare risucchia così su di sé l’intera tragedia. Nel frattempo i bozzetti del pittore effettuati con la tecnica in bianco e nero della grafite non erano ancora soddisfacenti.
Ci vuole la tecnica ad olio, ci vuole il colore, abbiamo ragionato con Elsa. Il pittore, d’accordo con noi, ha optato per il rosso violaceo che gli è congeniale. A quel punto il cambio di tecnica ha comportato una riflessione sul titolo: non più Mediterraneo 2015, bensì Onda di sangue. Un titolo potente, che abbiamo sposato assecondando senza cavalcarla la sua valenza espressionista. E difatti il passo successivo è stato estendere il colore al filmato del video, assicurando una continuità all’immagine che si trasferisce dalla tela dipinta allo schermo proiettivo. E’ il passaggio cruciale che dà alla pittura, statica per definizione, la mobilità del teatro. Il dinamismo e la sintesi futurista restano all’origine dell’idea e la ancorano al linguaggio dell’arte, che assolutizza il dramma, non ci sguazza fino a sterilizzarlo, come fa la cronaca.
L’onda gigantesca rimane l’unico attore, assenti del tutto le figure, corpi affogati, scialuppe rovesciate, sfruttate fino al cinismo dai media. Il corpo fisico dell’attore, accantonato, ritorna in primo piano col suo strumento principe: la nuda voce. I versi di Dante suggellano il compimento della tragedia suscitando un sentimento di pietà universale.